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 2005  dicembre 23 Venerdì calendario

Dibitonto Giuseppina, di anni 33. Foggiana, casalinga, sposata a un Rizzo Luigi, di anni 37, originario di Eboli, idraulico, dal quale aveva avuto due bambini: Martina di anni 4 e Mario di un anno e mezzo

Dibitonto Giuseppina, di anni 33. Foggiana, casalinga, sposata a un Rizzo Luigi, di anni 37, originario di Eboli, idraulico, dal quale aveva avuto due bambini: Martina di anni 4 e Mario di un anno e mezzo. Da circa un lustro s’erano trasferiti a Vieste, dove abitavano al numero 23 di contrada Defensola, due chilometri a nord della città, sulla litoranea per Peschici. Taciturna, una propensione alla depressione, non aveva mai fatto amicizia coi nuovi vicini e conduceva una vita riservata chiusa fra le pareti domestiche. Sempre più spesso sola con la prole, s’abbandonava a violente sfuriate sfogando con i figli la rabbia che covava verso il consorte. Negli ultimi mesi lui s’era fatto un’amante bulgara, lei lo aveva scoperto e insultato per riceverne pugni, minacce, un pentimento e la promessa ”non lo faccio più”. Martedì scorso telefonò al fratello quarantenne Antonio, operatore Rai, per sfogarsi un po’. Quando mise giù la cornetta, il ferro rovente sulla tavola da stiro, la tv accesa, la porta chiusa col chiavistello dall’interno, d’un tratto prese un rotolo di nastro adesivo e staccò due pezzi: uno l’attorcigliò intorno al collo del piccolo Mario, l’altro glielo mise sulla bocca. Stessa sorte riservò alla sorellina, non prima di averle legato i polsi per impedirle di reagire. Poi, sistemati i due sul divano, ripetè l’operazione su se medesima per stramazzare soffocata sul pavimento della cucina. Dopo le 19 di martedì 6 luglio, a Vieste, in provincia di Foggia. Joan Luca, di anni 27. Romeno, clandestino, vivacchiava di piccoli furti a Milano, dove passava le notti in uno stabile abbandonato assieme ad altri immigrati. Un’abitudine all’alcol, si ritrovava spesso a tirar pugni scatenando risse senza perché. Con l’ultima s’era guadagnato un’espulsione che aveva poi bellamente ignorato per rimanere in città a far la vita di sempre. Due domeniche fa, arrivato ubriaco al dormitorio, cominciò a schiamazzare reclamando un giaciglio anche per sé. Ma i suoi coinquilini, stufi di starlo a sentire, lo misero a tacere con una spranga di ferro che lo lasciò stramazzato a terra, gambe e braccia fratturate. Nella notte di domenica 4 luglio, in via Mazzucotelli, stradina di periferia vicino al viale che porta a Linate. Junod Edy, di anni 50. Galantuomo, ex vicesindaco, da un decennio unico dipendente dell’ufficio postale di Saint Nicolas, piccolo centro a venti chilometri da Aosta. Casa e lavoro sulla stessa strada, abitava in una bella villetta di pietre e legno, fiori alle finestre e balconi affacciati sulle montagne, assieme alla moglie Paola, impiegata dell’unità sanitaria locale, i figli Joelle di anni 18 e Jean Paul di 16. Lunedì scorso, tornato al suo sportello dopo un periodo di vacanza, s’accorse di non sentirsi troppo bene e chiese una sostituzione. Nell’attesa aprì le porte automatiche a un Fasulo Omar, di anni 34, ex assicuratore, il quale tentò di risolvere i suoi problemi finanziari chiedendogli, pistola alla mano, di aprire la cassaforte. Mentre quello prelevava 6.000 euro lasciandone intonsi altrettanti, il Junod forse tentò di reagire e s’accapigliò col suo aggressore fino a che un proiettile calibro 9 gli trapassò il torace. Pancia in su, occhi spalancati, testa appoggiata al muro e una macchia di sangue sulla camicia, fu trovato dalla figlia dietro la scrivania nel retro dell’ufficio. Prima delle 9 di lunedì 5 luglio, a Saint Nicolas, 313 anime, due alberghetti e un bar, a 1.200 metri di altezza. Rizzo Elena, di anni 32. Ligure, bella, studentessa fuori corso, cantava nei piano bar di Genova, dove abitava in un appartamento nel cuore della città vecchia, vista sulla salita dell’Arcivescovado, a un passo da Palazzo Ducale. Un anno fa aveva conosciuto un Berta Franco, 47 anni, separato, un club nel centro storico, precedenti e una condanna a due anni per tentata violenza carnale mai scontata grazie a un’amnistia. Lei se n’era innamorata e l’aveva preso a vivere con sé. Svanito l’idillio, stanca di continui litigi, s’era decisa a lasciarlo dopo l’ultima sfuriata finita a schiaffi per la quale aveva pure denunciato il Berta alla polizia. Lui però non era affatto d’accordo. Due venerdì fa se lo ritrovò sul pianerottolo di casa nel cuore della notte, che voleva tentare ancora una volta la riconciliazione. Lei sperò che fosse l’ultimo chiarimento e lo lasciò entrare portandoselo dritto in cucina per prendere qualcosa da bere e smorzare una discussione urla e minacce. Ma il Berta, che aveva già agguantato un coltello, la sorprese di spalle per squarciarle la gola. Quindi trascinò il corpo in camera, lo pulì del sangue, lo lasciò sul letto in mutande, confessò per telefonò l’accaduto all’ex moglie e scappò via. La polizia l’acciuffò il giorno dopo sul treno Torino-Savona, altezza San Giuseppe di Cairo. Verso le 3 di venerdì 2 luglio, nel centro storico di Genova.