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 2005  dicembre 23 Venerdì calendario

Da sempre l’uomo crea macchine per svolgere i lavori più faticosi, pericolosi o difficili. Pensiamo ora a una macchina non soltanto da pilotare, ma da ”indossare”

Da sempre l’uomo crea macchine per svolgere i lavori più faticosi, pericolosi o difficili. Pensiamo ora a una macchina non soltanto da pilotare, ma da ”indossare”. Una macchina che ci faccia sollevare con facilità carichi sovrumani o che ci protegga dalle fiamme mentre apriamo un varco con le sue (pardon, con le nostre) possenti braccia meccaniche. Questa macchina si chiama ”esoscheletro cibernetico”. Biologicamente parlando, un ”esoscheletro” è la corazza esterna di un insetto o di un crostaceo, a cui fornisce sostegno e protezione. E proprio questi sono i compiti che l’esoscheletro cibernetico dovrebbe assolvere. Sostenere l’uomo, permettergli di correre con facilità e senza alcuno sforzo per lunghe distanze, trasformare in armi micidiali le sue braccia. Insomma, fare di un uomo un ”superman”, una specie di uforobot dei cartoni animati giapponesi. Ma allora perché non vediamo già super soldati high-tech sfrecciare con le loro gambe bioniche? La risposta è semplice: mancanza di tecnologia. Attuatori troppo voluminosi e poco potenti, materiali troppo pesanti, computer incapaci di elaborare i complessi calcoli necessari e mancanza di generatori di potenza adatti. Tutto questo ha limitato le possibilità dei progettisti. Almeno finora. Un multimilionario progetto sponsorizzato dalla Darpa americana (Defense Advanced Research Projects Agency) ha portato alla seconda generazione di esoscheletro della californiana università di Berkeley: il BLEEX-2. L’idea era creare un esoscheletro che permettesse a un soldato di trasportare per molti chilometri un carico di 50 chili senza alcuno sforzo. Il successo del primo prototipo ha condotto a un affinamento del disegno, alleggerito fino a pesare 14 chili, e del sistema di controllo, vero cuore tecnologico del progetto. Basandosi su sofisticati algoritmi logico-matematici, il computer di bordo analizza l’attuale stato dell’esoscheletro e i dati provenienti dai circa 50 sensori, sparsi per il meccanismo. In seguito, anticipa le intenzioni di chi lo indossa elaborando la migliore strategia per ridurre al minimo il peso avvertito e, al contempo, provvedere all’avanzamento. Con questo gioiellino è possibile correre a circa 8 km l’ora con 50 chili sulle spalle, salire le scale, accovacciarsi, muoversi con agilità. Certo, il motore a combustione interna necessario per l’alimentazione elettrica e per il fluido in pressione è un pò rumoroso, ma le successive evoluzioni tecnologiche porranno rimedio anche a questi difetti. Ma se pensate che questa tecnologia sia creata esclusivamente per i militari, se non credete che presto in mezzo a noi vedremo sfilare eleganti completini cibernetici, allora vi state sbagliando. Con il suo HAL-5, Yoshiyuki Sankai sta per invadere il mercato. Hal sta per ”Hybrid Assistive Limb” (arto ibrido di sostegno), mentre 5 ricorda che questa è la quinta generazione dell’idea del professore dell’Università di Tsukuba. Costruito con la stessa lega di alluminio delle ali del famoso ”Zero”, il mitico caccia giapponese della seconda guerra mondiale, e arricchito con avveniristiche coperture in plastica colorata, questo esoscheletro cibernetico s’indossa come una tuta e sostiene il corpo con i suoi motori elettrici nelle giunture. L’evoluzione rispetto ai suoi predecessori consiste nel sostenere anche la parte superiore del corpo, cosa che permette a un uomo di sollevare 80 kg senza sforzo. «Un uomo si affatica velocemente» fa notare il professor Sankai, «con HAL-5 può tenere il peso sollevato per 5-10 minuti». L’HAL-5 è alimentato da un misto di batterie al litio ed al nikel-metal idrato, ha un’autonomia di circa tre ore e, a dispetto del peso (21 kg), chi lo indossa non se ne accorge, dato che l’esoscheletro sostiene se stesso. Se indossassimo HAL-5 ci muoveremmo normalmente, solo che ci ritroveremmo forniti di muscoli erculei. Il cuore pulsante della macchina risiede ancora nel suo computer. Il team giapponese ha sviluppato due sistemi di controllo paralleli che lavorano su due livelli diversi del movimento umano: la volontà di muoversi e l’affinamento del movimento con l’esperienza. Il primo livello si basa sull’elettromiogramma, ossia sui segnali elettrici che comandano ai muscoli di muoversi. Sfruttando i naturali comandi cerebrali, il sistema comincia a muoversi come nell’idea di chi lo indossa. Il secondo livello fa in modo che i movimenti risultino naturali e necessita di una lunga e precisa calibrazione. Questo secondo sistema può lavorare anche da solo su persone che, per motivi vari, hanno un elettromiogramma poco marcato o inesistente. Nel caso una persona abbia subito lesioni alla spina dorsale, gli impulsi di movimento non raggiungono i muscoli delle gambe: in questo caso il secondo livello s’attiva non appena avverte un movimento e lo interpreta come volontà di camminare o quant’altro, secondo le esigenze di chi lo indossa. Ecco perché su soggetti così complessi è necessaria una calibrazione di circa due mesi. Gli enormi benefici di HAL-5 hanno fatto piovere le prime richieste, e già per la fine di quest’anno i primi 12 esemplari saranno consegnati a ospedali e centri di riabilitazione. Il prezzo? Circa 13 mila euro. Che aiutino a fare a meno del cric o permettano agli invalidi di camminare, questi gioiellini tecnologici presto faranno parte della nostra vita.