MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO-FEBBRAIO 2006, 22 dicembre 2005
Paolo Caruso, scrittore, è autore di un libro dal titolo eloquente: La morale è una favola (Marsilio editore)
Paolo Caruso, scrittore, è autore di un libro dal titolo eloquente: La morale è una favola (Marsilio editore). Perché la morale è una favola? Siamo stati creati a prescindere dalla nostra libera volontà. Non abbiamo scelto i nostri genitori, né il secolo in cui viviamo, l’ambiente, l’educazione. Se riusciamo a dire ”no” è solo a causa di un insieme di condizionamenti. Quindi il libero arbitrio è un’illusione e tutte le morali sono basate su un presupposto campato in aria. Certo, si vive meglio con l’illusione di essere liberi, ma non si può fare finta. Si vive meglio pensando che Dio esiste perché tutto è più facile, non c’è il senso di fine, di annullamento totale. Ma come si fonda una società sulla totale mancanza di libero arbitrio? Ogni morale sociale (umana e animale) tende a mettere nell’impossibilità di nuocere chi è deviante, chi contrasta il bene della specie. E quindi per l’autoconservazione della società c’è chi tende a non sprofondare nell’autoannullamento. Ma questo non ha niente a vedere con il libero arbitrio. Negando il libero arbitrio nega anche l’esistenza della religione? Io sono agnostico, il che vuol dire non avere dogmatismi ma essere aperti alla conoscenza e avere convinzioni, sia pur provvisorie. Non esistono verità innegabili e questo cozza contro le religioni ma anche contro il dogmatismo di tipo scientifico, contro qualsiasi pensiero. In base a che cosa nega il libero arbitrio? Lo nego senza una dimostrazione, ma è lampante per la mia esperienza quotidiana soggettiva: bisogna arrendersi all’evidenza dei fatti, per quanto si facciano piroette di tipo dialettico, non possiamo essere noi stessi il punto di partenza delle cose che pensiamo e sentiamo. Ma secondo lei non esistono cose in cui credere? L’immaginazione dell’uomo ne ha elaborate tante: sono i miti con cui noi, sensatamente, cerchiamo di vivere meglio possibile. Ma per me non hanno fondamento. Mi rendo conto che le mie affermazioni sono perentorie, non da agnostico: devo fare un’eccezione e credere in quello che dico io?... Ma essere agnostici al 100 per cento non è possibile: bisognerebbe dubitare di esserlo! Se non possiamo scegliere, che cosa ci rende diversi l’uno dall’altro? Ciascuno di noi è diverso perché matura in modo diverso, ma io non credo che, in senso generale, queste diversità siano così importanti. Si tratta di fattori incidentali.