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 2005  dicembre 22 Giovedì calendario

Ufficialmente i piccioni viaggiatori stanno andando in pensione, ma in realtà molti se ne servono ancora

Ufficialmente i piccioni viaggiatori stanno andando in pensione, ma in realtà molti se ne servono ancora. Nella guerra irachena, anche se spesso ci rimette le penne, la p-mail (posta-piccione) funziona a pieno ritmo. Non solo i reparti anglo-americani, ma anche le controparti hanno dozzine di postini volanti e li adoperano come ”sensori”. Fanno parte delle unità che usano strumenti di rilevamento e di analisi scientifica degli agenti tossici: benché non sostituiscano del tutto i dispositivi tecnologici, li integrano benissimo. Purtroppo quando sono coinvolti nelle nostre guerre diventano le prime vittime, perché è proprio la loro morte che, in caso di diffusione di gas venefici, consente ai militari di prendere misure di protezione in tempo. I piccioni sono tenuti in gabbie protette dal sole, ai margini degli accampamenti, e alla fine diventano le mascotte dei soldati che se ne occupano. Dan Fallace, responsabile di una squadra dei Marines, ha detto: «I piccioni hanno una marcia in più. E pensare che noi lavoriamo con sensori elettronici che costano 12 mila dollari, mentre un piccione ne costa 60 e non si rompe come accade invece agli strumenti. Non solo, ma non fornisce mai letture errate. Ogni piccione ci segue con la sua gabbia e la sua scorta di cibo». Da principio nessuno sapeva bene come utilizzarli, poi durante la desert storm venne l’idea di metterli sul tetto dei veicoli e in testa alle colonne: in questo modo i soldati si sarebbero accorti in tempo degli attacchi con antrace o gas nervini. Ecco la testimonianza del generale Fowler, capo del dipartimento comunicazioni dell’esercito britannico: «Se la situazione si fa caotica, meglio affidarci ai piccioni, e quando i soldati si perdono o rimangono accerchiati dal nemico in località sconosciute possiamo contare soltanto su loro che, lo voglio proprio dire, non ci hanno mai tradito». chiaro, dunque, che in pensione i colombi non ci andranno mai! Ma come mai i piccioni si recano proprio dove vogliamo noi? In realtà le cose vanno diversamente, e chi ha confuso le idee a tutti è stato Noè. Secondo la Bibbia, infatti, avrebbe mandato un piccione fuori dall’Arca per sapere come andava la faccenda del diluvio, e quello, tornando con un rametto d’ulivo nel becco, gli avrebbe dato la prova che la terra era riemersa. Da allora, la maggior parte delle persone si è messa in testa che i piccioni possano essere inviati in qualche posto anche remoto, e che tornino poi indietro con i messaggi. Tutto sbagliato. I piccioni non vanno in nessun luogo, né vicino né lontano: bisogna portarceli. Sanno solo tornare a casa, ossia lavorano a senso unico. L’uomo, da migliaia di anni, sfrutta la loro straordinaria capacità di ritrovare la strada, che la scienza chiama homing. Usano tutti i sensi, ma prima di tutto l’olfatto, poi la vista e le bussole interne, cioè i cristalli di magnetite che portano nei loro cervellini (fatti di cellule eccezionalmente miniaturizzate) e che permettono loro di avvertire anche il campo magnetico terrestre. Si ritiene che il ruolo primario sia proprio quello dell’odorato: infatti i colombi allevati in una piccionaia chiusa, dove gli odori non entrano, hanno molta difficoltà a seguire l’esile filo del profumo di casa e quindi a ritrovarla. Il colombo viaggiatore (di solito si utilizza la Columba livia, ma tutti potrebbero essere addestrati) all’origine non era nemmeno un migratore, ma quasi due secoli fa, in Belgio, è stato selezionato grazie a molti incroci e, se è bene addestrato, torna anche da 1.500 km di distanza. La velocità è di 60 km all’ora. Vive una quindicina di anni ed è l’unico animale domestico che non scappa mai. Nelle case di campagna, all’ultimo piano, c’è ancora la colombaia, quasi sempre abitata. I proprietari dicono che guardarli vivere è bellissimo e infatti passano lassù ore e ore. Tutti i piccioni devono essere registrati con un anello di riconoscimento messo al 7° giorno di vita, e devono essere denunciati ai carabinieri i quali, in caso di emergenza, sanno dove trovarli. Insomma, non sono proprio in pensione: non pesano più sul bilancio dello Stato, ma sono sempre reperibili, come ufficialetti di complemento!