MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO-FEBBRAIO 2006, 22 dicembre 2005
La natura ha fatto le cose per bene: praticamente non esistono due diamanti uguali. Ogni gemma è unica, irripetibile e (si dice) eterna, tanto da essere diventata simbolo di fedeltà, specie se montata su un bell’anello da regalare alla donna della vita
La natura ha fatto le cose per bene: praticamente non esistono due diamanti uguali. Ogni gemma è unica, irripetibile e (si dice) eterna, tanto da essere diventata simbolo di fedeltà, specie se montata su un bell’anello da regalare alla donna della vita. Ma se è vero che i diamanti sono i migliori amici delle ragazze, come cantava Marilyn Monroe, è anche vero che per diventare un diamante degno di questo nome è necessario superare l’esame delle 4C, cioè le quattro caratteristiche che consentono di ”misurare” la qualità e il valore della pietra. La prima C è il taglio (Cut) di un diamante (da molti confuso con la sua forma), eseguito in modo tale da permettere alla gemma di sprigionare la massima quantità di luce. La seconda C è il colore (Colour): più un diamante si avvicina alla totale assenza di colore, più è raro e prezioso. La terza C riguarda la purezza (Clarity): ogni diamante, assolutamente unico, possiede una sua identità dovuta alla presenza di piccole tracce di carbonio, chiamate inclusioni, rimaste imprigionate durante il processo di cristallizzazione. Praticamente delle impronte digitali. La quarta C è quella del peso in carati (Carat Weight) e serve a indicare la dimensione della pietra. Il carato è un’unità di misura decimale che corrisponde a 1/5 di grammo, e ogni carato è diviso in 100 punti. Il termine deriva dai semi di carrubo, caratterizzati da un peso omogeneo, usati per secoli come unità di peso delle pietre preziose.