MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO-FEBBRAIO 2006, 21 dicembre 2005
Molte grandi battaglie sono state risolte grazie anche ad eventi casuali. La vittoria di Alesia nel 52 a
Molte grandi battaglie sono state risolte grazie anche ad eventi casuali. La vittoria di Alesia nel 52 a.c., che consentì ai romani di spostarsi dal Mediterraneo al Nordeuropa, riuscì nonostante una proporzione di uno a otto, quando Cesare ordinò ai soldati di muovere contro una parte delle truppe comandate da Vercingetorige: i Galli che videro i commilitoni in fuga si spaventarono a tal punto che la ritirata travolse l’intero esercito. Nel 1815 Wellington vinse la battaglia di Waterloo, che segnò la fine di Napoleone, grazie ad alcuni banali errori: i francesi scambiarono un gruppo di disertori per l’esercito prussiano di von Blucher, attaccarono inutilmente la fattoria fortificata di Hougoumount andando incontro a una inutile ecatombe e il maresciallo francese Ney interpretò il trasporto di alcuni feriti inglesi come una ritirata. E probabilmente Montgomery non avrebbe conseguito la vittoria ad El Alamein se Rommel non fosse stato colto da un attacco di rinite, lasciando il comando all’assai meno brillante generale Stumme. Tutta la storia delle scoperte geografiche e del colonialismo è in parte casuale. Colombo cercava solo una via più breve per raggiungere le Indie e se il duca d’Angiò o il re del Portogallo l’avessero finanziato gran parte dei vantaggi derivanti dalla scoperta sarebbero andati ad altri. Inoltre, durante il Medio Evo, la Cina aveva una flotta colossale che giunse fino all’Africa ma non doppiò il Capo di Buona Speranza a causa di una faida di potere che bloccò sette grandi spedizioni. Più in generale le grandi potenze orientali spesso non hanno sfruttato il loro immenso potenziale. La Cina è stata a lungo la prima potenza tecnologica al mondo ma alla fine del XV secolo aveva bandito inspiegabilmente gran parte delle sue scoperte. Paradossalmente il vantaggio per l’Europa fu la sua frammentazione politica: ogni innovazione di un Paese veniva adottata dagli altri per ragioni di concorrenza. Il Giappone nel 1600 aveva le migliori armi da fuoco al mondo, ma i samurai che controllavano il potere, e che ritenevano sacra la battaglia all’arma bianca, ne ostacolarono la diffusione fino a metà del XIX secolo. Nel ’900, poi, la rivoluzione culturale cinese determinò la sostanziale chiusura delle scuole per cinque anni compromettendo la possibile leadership tecnologica di Pechino e facendo la fortuna dei suoi concorrenti orientali, che si arricchirono con la produzione hi-tech a basso costo. Ci sono infinite valutazioni possibili di questo tipo. La tastiera Qwerty, adottata sulle macchine da scrivere e poi sui computer di tutto il mondo, si diffuse dopo una competizione di dattilografia tenutasi negli Usa nonostante l’esistenza di una concorrente molto più efficiente, la Dvorak, e contribuì allo strapotere Usa nell’informatica e nella comunicazione. E se Fermi non avesse lasciato l’Italia per l’America o Einstein, in un momento di debolezza, non avesse avvertito il presidente degli Stati Uniti che i tedeschi erano prossimi ad ottenere la bomba atomica? Impostare in tal modo lo studio storico è divertente, ma un tale metodo non va bene ai fini della filosofia della storia che, figlia della concezione ebraico-cristiana, considera il divenire lineare e l’uomo artefice del suo destino. Forse che l’uomo sceglie casualmente, quasi fosse un organismo cellulare senza tradizioni, affetti, e ragionamenti? Altro è dire che negli eventi esiste sempre un aspetto imponderabile che si può chiamare fortuna o, per chi ha fede, Provvidenza. di Roberto De Mattei Vice-presidente del Cnr, professore associato di Storia moderna all’Università di Cassino, docente di Storia moderna e Coordinatore del corso di laurea in Scienze storiche all’Università europea di Roma.