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 2005  dicembre 20 Martedì calendario

«Questo è l’epilogo di Tangentopoli». Il Sole 24 Ore 20/12/2005. «Quello che viviamo oggi è l’epilogo di Tangentopoli», esordisce Sergio Cusani

«Questo è l’epilogo di Tangentopoli». Il Sole 24 Ore 20/12/2005. «Quello che viviamo oggi è l’epilogo di Tangentopoli», esordisce Sergio Cusani. «Con l’inchiesta sulle banche s’è toccato il livello più alto del sistema di potere. In questo senso, e lo dico con imbarazzo, sono d’accordo con l’analisi di Antonio di Pietro». C’è tuttavia una differenza sostanziale tra gli anni di Tangentopoli e i fatti di questi mesi, aggiunge l’ex finanziere amico di Raul Gardini: «Nel ’92, per salvare i banchieri le banche, fu sacrificato un pezzo del sistema politico; oggi per salvare la politica vengono scaricate le banche. Assistiamo a un rovesciamento delle parti». Spiega Cusani, impegnato ormai da anni nel sociale attraverso la Banca della Solidarietà: «Temo che la politica, sia quella di destra che quella di sinistra, voglia sacrificare i banchieri per autoassolversi. Da parte mia, colgo le preoccupazioni dei magistrati che temono un provvedimento trasversale, approvato nell’ambito della legge sul risparmio, che conduca al blocco delle indagini. Debbo tuttavia constatare che oggi i magistrati non sono più "manettari", non usano il carcere come strumento per indurre alla confessione, sono molto preparati in campo economico-finanziario e si muovono con cautela basandosi solo sulle indagini». Perché le banche rimasero estranee a Tangentopoli? Furono volutamente tenute fuori dalle inchieste. Si voleva colpire la politica per salvaguardare la struttura economico-finanziaria del Paese, anche perché una parte della magistratura voleva essere cooptata nel sistema di potere. Di Pietro sbaglia quando paragona Fiorani a Gardini, il quale, a differenza del primo, aveva un grande progetto industriale. La Ferruzzi-Montedison aveva asset straordinari. Se le banche nel ’93 avessero concesso alla Ferruzzi un prestito convertendo, come hanno fatto con la Fiat in tempi recenti, avremmo in Italia un colosso mondiale della chimica. Che ruolo ebbe Bankitalia in quella circostanza? Il sistema bancario diede in pasto alla Procura di Milano l’anello debole del sistema, la Ferruzzi, al termine di una riunione che si svolse a Mediobanca con il Gotha dell’imprenditoria, durante la quale fu deciso quale gruppo consegnare alla magistratura per distogliere l’attenzione dalle responsabilità del sistema finanziario. Ricordo che, dopo l’assemblea di Banca d’Italia del ’93, si svolse un incontro a Roma a cui parteciparono tra gli altri Lamberto Dini, Cesare Geronzi ed Enrico Cuccia, in cui fu deciso di colpire la Ferruzzi ordinando il congelamento di tutti i conti del gruppo. Cos’è cambiato da allora? Allora il sistema finanziava le imprese in modo diretto, assu mendo su di sé ogni rischio attraverso la formazione di consorzi di collocamento. Dopo la legge bancaria del ’93, gli istituti di credito hanno scaricato i rischi sulla clientela attraverso i bond, facendo i bilanci più ricchi della loro storia. Come al solito, si raccoglie il risparmio dai piccoli per finanziare i grandi prossimi all’insolvenza. Nel contempo abbiamo assistito a una diffusione di conoscenze del sistema finanziario e a un accumulo di esperienze e di conoscenze da parte dei magistrati e della Guardia di Finanza, che, come dimostra il caso Parmalat, hanno saputo costruire inchieste efficaci in tempi contenuti. Un altro elemento di novità è la gestione diretta da parte delle banche delle attività di credito al consumo. Vale a dire? Faccio un esempio: un noto gruppo bancario eroga un credito di mille euro rimborsabile in rate mensili di 50 euro, inviando per posta al risparmiatore una carta di credito attivabile all’istante con un numero verde. Il tasso annuo effettivo globale è del 18,16%, di pochi centesimi inferiore al tasso di usura. A fronte di questa offerta, la stessa banca offre un tasso attivo sul conto corrente dello 0,01 per cento. Siamo di fronte, insomma, a forme di strozzinaggio di fatto con cui si rischia di consegnare il rispar miatore nelle mani degli usurai. Come Banca della Solidarietà ho comperato un’azione Fiat per partecipare alle assemblee. Ebbene la custodia e gestione di un titolo di 7 euro mi costa oltre 60 euro l’anno. Che ruolo ha avuto la politica nelle Opa bancarie del 2005? Vedo con rammarico il disegno di una parte dei Ds di creare un blocco economico-imprenditorialfinanziario collaterale al loro apparato di potere, che rischia di snaturare aziende come le cooperative, di cui difendo storia e funzioni. Da questo punto di vista, però, la holding Unipol è figlia naturale di Telecom. In che senso? Telecom fu scalata a debito da due illustri sconosciuti, i cosiddetti capitani coraggiosi. Dietro l’Opa di Unipol su Bnl intravedo lo stesso gigantismo finanziario. Nell’un caso e nell’altro vedo all’opera i D’Alema boys: gli Emilio Gnutti e i Giovanni Consorte. I personaggi sono sempre quasi tutti gli stessi. Gnutti, nelle intercettazioni di quest’estate, ha prospettato un piano di spartizione tra destra e sinistra, ossia la totale indifferenza del grande sistema finanziario d’impresa verso chi è al potere. La logica è semplice: sinistra o destra purché si mangi. Rispetto a ieri non è cambiato niente. Tra poli tica, finanza e affari non vedo alcuna separazione. Di cosa si occupa adesso? Insieme alla Practice Audit stiamo sviluppando come Banca della Solidarietà, per conto della Fiom-Cgil, un’analisi critica sulla Fincantieri e in particolare sulla Immsi-Piaggio di Roberto Colaninno. E stiamo cominciando a lavorare sulla pubblicità ingannevole nel credito al consumo a tasso zero. Personalmente ho vissuto con smarrimento gli accadimenti economici e finanziari di questi anni che coinvolgono centinaia di migliaia di risparmiatori, molti dei quali hanno perso i loro averi investendo in obbligazioni Cirio, Parmalat e argentine. Non ne faccio una questione di etica perché, dopo essere stato condannato a cinque anni e sei mesi, sono l’ultimo a poter dare lezioni di morale. Ho chiuso i conti con la giustizia, ma non con la società. E il mio impegno con il sindacato lo considero una forma di risarcimento verso la società, con cui penso di avere ancora un conto da saldare. Giuseppe Oddo