MACCHINA DEL TEMPO GENNAIO-FEBBRAIO 2006, 21 dicembre 2005
Riesci a ridere degli altri e di te stessa, sei sempre pronta a prendere e a prenderti in giro. Da piccola eri già così? Oppure soffrivi di qualche insicurezza? «Da bimba non avevo grandi complessi
Riesci a ridere degli altri e di te stessa, sei sempre pronta a prendere e a prenderti in giro. Da piccola eri già così? Oppure soffrivi di qualche insicurezza? «Da bimba non avevo grandi complessi. Ero piccola di statura ma mia nonna - piccola anche lei - mi raccontava sempre che sua nonna la chiamavano ”cita”, che in torinese vuol dire piccola, eppure aveva sposato un nonno altissimo con dei baffoni giganti. Questo mi tranquillizzava. Unico problema: alle elementari le mie compagne mi prendevano sempre in braccio per giocare alla mamma e io dovevo fare, ovviamente, la bambina. Essendo piccola ma non magrissima finiva che cadevamo tutte a terra rovinosamente e io mi arrabbiavo moltissimo!». Un altro complesso che ti porti dietro? «Sono sempre stata un po’ ipocondriaca. In particolare ricordo quando la maestra portò in classe un busto di corpo umano: da una parte aveva la pelle e la faccia e dall’altra i muscoli, le ossa, gli organi a vista, fra l’altro assomigliava molto al mio bidello e mi sognavo di notte questo mostro! Anche ora, se guardo Elisir di Mirabella mi sento la prostata!». Sei soddisfatta di te oggi? «Sono piccola e minuta (peso 44 kg). Quando incontro qualcuno per la strada che mi trova dimagrita corro subito a pesarmi pensando a malattie incurabili... L’unica parte di me dove userei la chirurgia estetica sono i piedi: 33 e mezzo col tacco e 34 per le scarpe basse. Sono felice solo quando faccio le trasmissioni e le scarpe me le fanno su misura. Sennò sono condannata alla maledetta soletta».