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 2005  dicembre 16 Venerdì calendario

Perché al Corridoio 5 serve la Torino-Lione. Corriere della Sera 16/12/2005. Nel suo editoriale «Reticenze e ambiguità» c’è un passo che non riesco bene a comprendere ed è questo: «Senza Tav lasceremo nelle mani dei nostri concorrenti l’Europa danubiano-balcanica, vale a dire la regione in cui abbiamo realizzato negli scorsi anni, nonostante il cattivo andamento dell’economia, qualche significativo successo»

Perché al Corridoio 5 serve la Torino-Lione. Corriere della Sera 16/12/2005. Nel suo editoriale «Reticenze e ambiguità» c’è un passo che non riesco bene a comprendere ed è questo: «Senza Tav lasceremo nelle mani dei nostri concorrenti l’Europa danubiano-balcanica, vale a dire la regione in cui abbiamo realizzato negli scorsi anni, nonostante il cattivo andamento dell’economia, qualche significativo successo». La Tav di cui lei parla è quella che passerà in Val di Susa. Ora, se guardo la mappa d’Europa da Torino, vedo che il Frejus sta dietro la mia testa e l’Europa danubiano-balcanica è di fronte a me. Attualmente, stiamo già costruendo la Tav verso Milano e prossimamente essa arriverà ai confini con la Slovenia, tutto questo in territorio italiano. Quello che non capisco è come un’opera che sta dietro di noi possa farci perdere questi mercati visto che tra noi ed essi non c’è né la Francia, né il Frejus, ma la pianura padano-veneta e gli Stati della ex-jugoslavia. Sembra di capire che per i nostri scambi commerciali con queste regioni la Tav in Val di Susa non serva a niente, a meno che non diventi un corridoio più veloce per permettere alle merci d’oltreconfine di transitare sul nostro territorio per conquistare, anche da sud, l’Europa danubiano-balcanica. Non sarebbe meglio allora migliorare la nostra Tav verso la Slovenia e non favorire oltremodo i mercati franco-ispano-portoghesi a nostro danno? Alberto Martinazzi alberto196@jumpy.it Caro Martinazzi, prima di rispondere alla sua domanda debbo dare al lettore qualche informazione sui due corridoi transeuropei (il numero 5 e il numero 8) che interessano particolarmente l’Italia e l’Europa danubiano-balcanica. Il primo è il grande asse ferroviario e autostradale che collega Barcellona a Kiev per un tragitto di 1.600 km, senza contare le diramazioni secondarie: una che da Fiume porta a Budapest via Zagabria, l’altra che da Bratislava arriva a Uzgorod, la terza che da Ploce raggiunge la capitale ungherese passando per Sarajevo. Quando sarà completato, il corridoio permetterà di evitare che gli scambi con quella regione vengano dirottati a nord delle Alpi. Il corridoio n. 8 invece corre da ovest a est collegando il porto di Durazzo con Tirana, Skopje e Sofia sino agli scali portuali di Burgos e Varna sul Mar Nero: in tutto, 1300 km di rete ferroviaria e 960 km di strade. Se verranno realizzati l’Italia potrà diventare, purché abbia le ambizioni e le energie necessarie, il maggiore polmone economico della regione. Torno ora al punto centrale della sua lettera. Perché dovremmo costruire una ferrovia ad alta velocità fra Torino e Lione se il corridoio serve all’Italia per promuovere i suoi rapporti economici con l’area danubiano- balcanica? Non credo che sia possibile isolare i traffici dell’Europa meridionale dall’economia di quella parte del continente dove sono alcune fra le sue regioni più avanzate e produttive: Lione, il bacino della Senna, la Ruhr, il grande mercato finanziario di Francoforte, le zone industriali della Boemia, la Baviera. Il ruolo dell’Italia al centro del corridoio n. 5 sarà tanto più decisivo quanto più saremo in grado di offrire collegamenti efficienti con la Mitteleuropa e attrarre verso le nostre regioni le sue imprese, i suoi servizi, i suoi capitali. Fra un corridoio autosufficiente e un corridoio integrato nel grande sistema ferroviario e stradale dell’Europa centro-occidentale, la differenza è considerevole. Ne approfitto per rispondere a un’altra domanda che non è nella sua lettera, ma è stata frequentemente posta in questi ultimi giorni. Non sarebbe sufficiente, per raggiungere questi scopi, potenziare il vecchio tracciato? Posso soltanto ripetere ciò che ha detto a Lorenzo Salvia ( Corriere del 9 dicembre) il ministro dei Lavori Pubblici del governo Amato, allora membro del partito dei Comunisti italiani, che firmò a Torino, il 29 gennaio 2001, l’accordo con la Francia per la ferrovia Torino-Lione. A questa domanda Nerio Nesi ha risposto: «Impossibile: pendenze eccessive, curve troppo strette, ponti con portata insufficiente». Sergio Romano