20 dicembre 2005
G.A., di anni 18. Originario di San Miniato, in provincia di Pisa, vivace, estroverso, viveva con la famiglia e frequentava la terza classe di un istituto tecnico industriale nella vicina Pontedera
G.A., di anni 18. Originario di San Miniato, in provincia di Pisa, vivace, estroverso, viveva con la famiglia e frequentava la terza classe di un istituto tecnico industriale nella vicina Pontedera. Una passione per il pallone, era sempre pronto a giocare a calcetto assieme agli amici, ma negli studi s’impegnava poco. Ormai vicino alla fine dell’anno scolastico, s’era reso conto che pure questa volta non ce l’avrebbe fatta e si tormentava per la delusione che avrebbe dato ai genitori. Mercoledì scorso andò a scuola per controllare l’esito degli scrutini ed ebbe la conferma d’esser stato bocciato per la seconda volta di seguito. Corse a casa e senza dire una parola si fece saltare la testa col fucile del padre. Intorno alle 13 di mercoledì 16 giugno, a San Miniato, Pisa. Un adolescente, di anni 13. Originario di Matino, in provincia di Lecce, sensibile, intelligente, pieno d’entusiasmi, aveva superato a pieni voti la seconda media nella scuola del paese dove viveva in una villetta col papà camionista, la mamma casalinga e due sorelle: una di anni 11, l’altra di pochi mesi. Il chiodo fisso per i cavalli, ogni pomeriggio finiva i compiti e scappava via al maneggio per correre al galoppo nelle campagne del Salento. Mercoledì pomeriggio invece decise di raggiungere gli amici in centro e assilò il padre per farsi prestare il motorino che giaceva inutilizzato. Ma quello non ne volle sapere: «Non hai l’età e poi è pericoloso». Il ragazzò protestò, s’imbronciò, uscì minacciando che si sarebbe ucciso. Mentre continuava a frignare in garage, d’un tratto raccolse una corda trovata là in giro, agganciò un’estremità alla trave in acciaio del soffito, l’altra se l’avvolse stretta intorno al collo e si lasciò penzolare saltando da una sedia. Mercoledì 16 giugno a Matino, tredicimila anime a 50 chilometri da Lecce. Casualità Brando Hanimsha, di mesi sedici. Kosovara, mite e pacioccona, abitava coi genitori in un appartamento di via Sant’Antonio, a Trento. Due lunedì fa, un sonno beato al ritmo di una culla a dondolo tipica del suo paese d’origine, ebbe qualche movimento scomposto e si ritrovò il lenzuolino intorno al collo sempre più stretto fino a toglierle il respiro. Martinelli Angelo, di anni 40. Milanese, operaio, sposato e padre di due figli. Giovedì scorso decise di passare una giornata con famiglia e amici in riva all’Adda. Tutto contento s’adoperò per cuocere la carne sulla griglia mentre il suo ragazzo tredicenne giocava lungo la riva con la sorellina di anni 7. Quando s’accorse che i due erano arrivati al centro del fiume inseguendo un paio di ciabattine cadute in acqua, si tuffò e sparì all’istante risucchiato da un vortice di 5 metri. Giovedì 17 giugno, sotto il ponte di Spino, al confine fra Cremasco e Lodigiano, Cremona.