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 2005  dicembre 19 Lunedì calendario

C. Jessica, di anni 14. Lombarda, carattere sensibile e incline alla solitudine, viveva coi genitori e il fratello maggiore a Chiuro, provincia di Sondrio

C. Jessica, di anni 14. Lombarda, carattere sensibile e incline alla solitudine, viveva coi genitori e il fratello maggiore a Chiuro, provincia di Sondrio. Studentessa di terza media nella vicina Teglio, con gli studi ultimamente non andava troppo d’accordo. Una serie di brutti voti presi ormai alla fine dell’anno, l’avevano convinta che non ce l’avrebbe fatta. L’idea d’esser bocciata l’angosciava e annotava qua e là sul diario ch’era stufa e non voleva fare la figura dell’asinella. Mercoledì scorso uscì con la sua mountain bike per fare una passeggiata, raggiunse il ponte di Castionetto sulla valle tra le montagne dei ciechi e la gola in cui s’infila il torrente Fontana, sistemò per bene la sua bici accanto al muro di cemento, lasciò a terra lo zainetto e s’arrampicò sulla ringhiera per saltare centro metri di strapiombo lasciando a terra una delle sue scarpe Nike bianche. L’ultimo sms all’amica del cuore (’ti voglio bene. Sto facendo una grandissima cazzata, saluta tutti gli amici”), una lettera solo per la mamma (’vi mancherò, ma poi dopo un po’ tutto tornerà normale”) e ancora due per le amiche. Nel pomeriggio di mercoledì 2 giugno, su un ponte di Castionetto, frazione di Chiuro, Sondrio. casualità Stefanelli Fabio, di anni 28. Pugliese, s’era dedicato per un po’ di tempo all’attività di famiglia aiutando il papà, allevatore di struzzi e gestore di un centro sportivo. Poi, deciso a cambiar vita, era partito per andare a lavorare come autista in un’impresa di trasporti a Bologna. Due giovedì fa tornò a casa per passare qualche giorno coi genitori. Contento di rivedere i vecchi amici, s’organizzò il sabato sera in un pub di Cursi, paese vicino. Qualche ora piacevole fra chiacchiere e boccali di birra, tornarono in auto a notte inoltrata. Ma sotto casa lo Stefanelli si fermò per mostrare loro un curioso gingillo avuto chissà da chi. Una penna pistola calibro 22, con un solo colpo, quello che lo raggiunse all’improvviso in piena testa. Tre giorni dopo di lui restavano vivi soltanto cuore, reni, fegato e cornee. Intorno alle due di notte di sabato 29 maggio, a Spongano, in provincia di Lecce. Rusu Mihael, di anni 31. Immigrato romeno, senza tetto, dormiva in un cassonetto per la carta a Firenze. Martedì scorso si svegliò nel compattatore della nettezza urbana, dov’era stato scaricato dagli addetti alla raccolta che non s’erano accorti di lui. L’autista fermo a prendere il caffè, lo sentì urlare e picchiare forte. Fu trovato con le gambe spezzate fra i cartoni e un’emorragia interna che gli impedì di arrivare in ospedale. Prima delle 7 di martedì 1 giugno, in via Toselli, vicino al parco delle Cascine, a Firenze. giapponesi Miratai Satomi, di anni 12. Studentessa, frequentava il sesto e ultimo anno della scuola elementare a Sasebo, base navale giapponese e americana nella prefettura di Nagasaki, isola meridionale di Kyushu. Martedì scorso seguì un’amica undicenne in un’aula dedicata alle esercitazoni mentre tutti raggiungevano la mensa per il pranzo. Neanche il tempo di capire perché, e si ritrovò faccia a terra col collo affettato da un taglierino. Un’attesa di 25 minuti per controllare che fosse morta, poi l’undicenne tornò in classe insanguinata dicendo: ”Non vi preoccupate, non è mio”.