Tom Wolfe, La Bestia Umana, Mondadori 2003, 19 dicembre 2005
La classe operaia Usa in paradiso ci sta già. Nel 2000 il termine «classe operaia» era ormai superato negli Stati Uniti, e «proletariato» era così obsoleto da risultare familiare soltanto a un esiguo numero di vecchi e avviliti accademici marxisti con i peli sulle orecchie
La classe operaia Usa in paradiso ci sta già. Nel 2000 il termine «classe operaia» era ormai superato negli Stati Uniti, e «proletariato» era così obsoleto da risultare familiare soltanto a un esiguo numero di vecchi e avviliti accademici marxisti con i peli sulle orecchie. L’elettricista medio, il tecnico dell’aria condizionata, o quello che ripara i sistemi d’allarme, viveva una vita che avrebbe lasciato senza fiato il Re Sole. Passava le vacanze a Puerto Vallarta, alle Barbados o a St Kitts. Prima di cena sedeva sulla terrazza di un hotel panoramico insieme alla terza moglie, indossando una camicia alla Ricky Martin aperta fino allo sterno, in modo da consentire alle sue catene d’oro di sfavillare tra i peli del torace. Entrambi avevano appena ordinato un bicchiere di acqua minerale Quibel, originaria del West Virginia, perché nel 2000 le acque minerali europee, fino a poco prima le più gettonate, Perrier o San Pellegrino, erano cadute in disgrazia. Le etichette europee non esercitavano più il minimo fascino snobistico se non tra persone note come intellettuali. Il nostro tecnico o commerciante medio dava per scontato che i prodotti europei fossero di qualità inferiore. A parte tre auto di lusso tedesche – Mercedes, Bmw e Audi – considerava le merci fabbricate in Europa mediocri o scadenti. Nel corso dei suoi viaggi all’estero il nostro elettricista, come ogni uomo d’affari americano, si spingeva oltre ogni umano limite pur di non farsi curare negli ospedali europei, che gli apparivano leggermente meno peggio di quelli del terzo mondo. Giudicava l’igiene praticata in Europa tanto primitiva che farsi fare volontariamente un’iniezione in una clinica europea era pura follia. Indirettamente, inconsciamente, forse queste opinioni erano influenzate dal fatto che il suo paese, gli Stati Uniti, era a quel tempo onnipotente come la Macedonia di Alessandro Magno, la Roma di Giulio Cesare, la Mongolia di Gengis Khan, la Turchia di Maometto II o la Gran Bretagna sotto la regina Vittoria. Il suo paese era così potente, che aveva cominciato a invadere o bombardare piccole nazioni europee, africane, asiatiche e caraibiche semplicemente perché governate da leader che opprimevano i propri sudditi. Il nostro tecnico dell’aria condizionata probabilmente non aveva mai sentito parlare di Saint-Simon, ma realizzava il sogno di Saint-Simon e degli altri socialisti utopisti dell’Ottocento, e cioè che un giorno un qualsiasi lavoratore avesse la libertà politica e personale, dando libero sfogo a tutto il suo potenziale. E non soltanto: una persona di qualunque razza o etnia, qualunque, perfino tra i più recenti rifugiati da paesi dell’America Latina, poteva ottenere il governo di una città americana, se veniva votata e possedeva un minimo di organizzazione. Gli americani potevano vantare una libertà e un potere senza paragoni nella storia del mondo. Il nostro tipico riparatore di sistemi d’allarme non mostrava peraltro neppure un pelo di arroganza sciovinista. Era stato paralizzato dai sunnominati intellettuali che avevano dedicato gli ottant’anni precedenti a manifestare indignazione nei confronti della nazione «puritana», «repressiva», «bigotta», «capitalista» e «fascista» che era l’America dietro la facciata democratica. La sola idea lo faceva star male. E poi era troppo occupato con la «rivoluzione sessuale». [...] Tom Wolfe tratto da La Bestia Umana, Mondadori 2003