18 dicembre 2005
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Sparwasser Jurgen
• Nato Halberstadt (Germania) il 4 giugno 1948. Giocatore. Decimo nella classifica del Pallone d’Oro 1974. «[...] 22 giugno 1974 [...] al 77’ di una partita che oggi non esisterebbe ha segnato il gol che ha sconvolto la Germania. Ovest contro Est e l’Est stava fuori casa, ad Amburgo davanti a 61 mila persone e a un Paese turbato. Sparwasser era appena stato ammonito, nervi tesi per una gara inutile perché sia Est che Ovest erano già qualificate al secondo turno. Ha incrociato un assist di Erich Hamann e ha fregato Sepp Meier. Silenzio. La Germania Est aveva battuto la Germania Ovest. Quei 3 punti che non valevano niente sono diventati il centro del mondo e Franz Beckenbauer fu costretto a riunire la squadra per elaborare il lutto e ad andare in tv a giurare che da lì in poi la Germania avrebbe sempre vinto per scrollare l’Occidente dallo shock. La Germania vinse i Mondiali e Jurgen Sparwasser la celebrità a vita. Nel 1988 scappò, giusto un anno prima della riunificazione si trasferì dall’altra parte del muro. [...]» (Giulia Zonca, ”La Stampa” 18/12/2005). «Lui mirò lì: al cuore del capitalismo. Un gran destro in diagonale, che il portiere Maier non aspettava. Un gol rosso, comunista, operaio. Ci sono tiri che fanno venire giù lo stadio, il suo fece crollare il muro [...] Un po’ prima del previsto. Era il 77° minuto. Nello stadio di Amburgo 58.900 tedeschi (dell´ovest) ammutolirono davanti al successo della Ddr, come si chiamava allora. 1-0 e il mito dell’efficienza tedesca andava a pezzi. Nel primo e ultimo derby tra le due Germanie, mondiali 1974. La misera Trabant sorpassava la potente Mercedes. E al volante c’era lui: Juergen Sparwasser, 26 anni, giocatore del Magdeburgo, che prese la palla a centrocampò, fregò Kaiser Franz, e bucò per sempre la rete della Germania. Ci sono spine che non se ne vanno. Per venti minuti Beckenbauer continuò a urlare ”Non è successo niente”, ma si sbagliava. Quel gol è l’onta dell´ovest, il segno di una superiorità in frantumi. Allora Sparwasser è contento? ”Bè di quel gol sì. di marmo. Se lo ricordano tutti. Anche se ne ho segnato di più belli e nel 74 ho vinto una Coppa Uefa battendo 1-0 il Milan a Rotterdam. In più sul Volksparkstadion c’era il pericolo del gruppo terrorista rosso Baader-Meinhof. Minacciarono di imbottirlo di tritolo e di farlo saltare proprio durante quella partita. Due anni prima c’era stata la strage di Monaco”. Perfino Günter Grass ha scritto su di lui. ”Non casco dalle nuvole. So di essere l’eroe di un’epoca che non tornerà. Quel giorno al Volksparkstadion gli 8.500 tedeschi arrivati ad Amburgo con i treni dall’est e con un visto turistico che durava giusto il tempo della partita, alzarono le braccia. Per il gol sì, ma anche per tutto quello che significava. Quella rete diventò per un anno la sigla di molti programmi sportivi. E dopo la caduta del muro, per ricostruire un’identità sportiva collettiva, tutti chiedevano all’altro: dov’eri quando Sparwasser segnò? [...] la mia era una famiglia operaia, con mia madre che badava ai figli. Anche da noi le partite venivano trasmesse in tv, tanto che a quell’ora le strade erano deserte. La Ddr era sicura. La vigilia fu deprimente [...] La Ddr si aspettava una disfatta. Quanti ne becchiamo?, di questo si parlava. Noi contavamo sul catenaccio, non avevamo tattica, arrivavamo al calcio come scarti di altre discipline, spesso dall’atletica. Loro erano star internazionali. Avevano la reggia prussiana di Beckenbauer, mentre noi eravamo solo degli onesti somari. Non so perché, forse presi dal panico, cominciarono a buttare tutti palloni alti. Muller era piccolino, noi più grossi. E poi Beckenbauer disse quel nome: Waterloo [...] Avevamo pattuito un premio di 2.500 marchi a giocatore se la nazionale avesse raggiunto la seconda fase. Regali che andavano oltre, erano impensabili nella Ddr” [...] vero che alla fine di quella partita nessuno volle la sua maglia? ”Diavolo, puzzava in maniera terrificante. Ma le cose sono andate diversamente, lasciai il campo per ultimo, perché i giornalisti mi trattennero. Nel tunnel che conduceva agli spogliatoi mi aspettavano Paul Breitner e Wolfgang Overath. Scambiai la maglietta con il primo. Quando ci fu nel 2002 la grande alluvione in Germania, Breitner decise di metterla all’asta, il ricavato andava alle vittime della catastrofe. Mio nipote vide la trasmissione e mi convinse a donare la maglietta. La persona che ha acquistato la maglia mia e di Breitner ha pagato 35.000 euro e l’ha poi donata alla Casa della Storia di Bonn [...] Ho segnato all’ovest calciando il pallone dall’est, e poi nell’88 sono scappato al di là del muro. Chiaro che i funzionari non hanno preso bene la mia fuga: ’No, Sparwasser, lui proprio no’ [...]”» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 8/6/2006).