Note: [1] Morya Longo, Giovanni Negri, Il Sole-24 Ore 15/12; [2] Il Messaggero 14/12; [3] Francesco Verderami, Sette n. 26/2001; [4] Roberto Bianchin, la Repubblica 16/12; [5] Mario Gerevini, Paolo Biondani, Corriere della Sera 17/12; [6] Gigi Padovani, L, 17 dicembre 2005
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 19 DICEMBRE 2005
Gianfranco Boni è nato a Lodi nel 1958. Direttore finanziario della Banca Popolare Italiana, era di fatto il braccio destro di Fiorani, quello che curava i clienti privilegiati e creava le strutture off-shore. [1] Dopo il rinnovo dei vertici, il nuovo cda Bpi ha presentato un’azione legale contro di lui per aver commesso «fatti ai danni della banca». Il 17 ottobre è stato interrogato negli uffici della procura di Milano. Martedì è finito in prigione. [2]
Aldo Brancher è nato a Trichiana il 30 maggio 1943. Deputato di Forza Italia, sottosegretario alle Riforme istituzionali, è l’artefice della pacificazione tra Berlusconi e Bossi: raccontano che il premier gli avesse assegnato il compito di marcare il Senatùr, tanto che lo chiamavano «il Claudio Gentile forzista». [3] Interviste rarissime, sempre pacato, suadente, è capace di conciliare gli interessi più diversi e siglare le alleanze più difficili. Esperto di pubblicità, cominciò la carriera a ”Famiglia Cristiana”, quando era prete paolino. Abbandonato il sacerdozio, divenne manager di Publitalia, carriera che sembrò interrompersi nel 1993 quando fu arrestato da Antonio Di Pietro per tangenti: 300 milioni al ministro della sanità Francesco De Lorenzo per la pubblicità contro l’Aids assegnata alle reti del Cavaliere. Condannato in primo e secondo grado a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e violazione della legge sul finanziamento ai partiti, si salvò in Cassazione. [4] Aperto un conto alla filiale 46 di Lodi, a giugno 2002 aveva un fido da 340.000 euro utilizzato fino a -366.000, sforamento coperto con un ampliamento del prestito fino a 450.000. A marzo-aprile di quest’anno fu aperto un conto a lui intestato con un fido da un milione di euro mai utilizzato fino alla chiusura di ottobre. Nel frattempo (coincidenza?) è comparso un saldo positivo da un milione di euro sul conto della moglie. [5]
Roberto Calderoli è nato a Bergamo il 18 aprile 1956. Senatore della Lega, ministro delle Riforme istituzionali, è laureato in medicina. Parlamentare dal ’92, poi vicepresidente del Senato, il 20 luglio 2004 prese il posto di Umberto Bossi (colpito da ictus). I Calderoli, quattro dentisti su otto fratelli, hanno tolto i denti a tutta la bergamasca, tanto che da quelle parti si dice «se il tuo dente g’a il caroel devi andar da Caldaroel». Abbronzatura perenne, viso gioviale a fronte delle battute cattive («bisogna sparare sugli scafisti, usando cannoni o colubrine, poco importa»), [6] è un grande appassionato di rally: dicono che ai suoi tempi «vinceva anche se lo mettevi su una 112». [7] Nel 2000 gli venne concesso da Bpl un fido da 350 milioni di lire, mai utilizzato, scadenza l’anno successivo. Oggi sul conto c’è un fido di 13.000 euro, anche in questo caso non utilizzato. [5]
Fabio Massimo Conti, italo-svizzero, è uno dei gestori del fondo Victoria&Eagle. In prigione c’è finito con l’accusa di riciclaggio. [8] Il ruolo di Victoria è oscuro: non è chiaro, per dirne una, se il fondo abbia sottoscritto l’aumento di capitale da 1,5 miliardi varato da Bpi nell’ambito del tentativo di scalata ad Antonveneta. [9]
Antonio Fazio è nato ad Alvito l’11 ottobre 1936. Governatore della Banca d’Italia dal 1993, a favorirlo è stato all’inizio lo sfaldarsi politico della Prima Repubblica. Geminello Alvi: «La politica monetaria e quella economica si spoliticizzarono e Fazio, come Ciampi prima, si ritrovò con prerogative d’autonomia impensabili ai tempi, per esempio, di Baffi. La Banca d’Italia fu la sola istituzione della Prima Repubblica che rinforzò i suoi poteri». [10] Giuseppe Turani: «Se Fiorani ha l’animo del grande conquistatore di banche, Fazio ha quello del monarca assoluto. E quindi gli va bene questa specie di colonnello che si incarica di terremotare la geografia bancaria del Nord. Al Governatore i grandi banchieri di Milano e di Torino stanno francamente sulle scatole. Sono bravi, girano il mondo e hanno l’aria di essere un po’ troppo indipendenti. E, soprattutto, pensano. Una volta sono arrivati addirittura al progetto di fare un’Opa sulla Comit e sulla Banca di Roma. Lui li ha fermati, grazie ai suoi super- poteri, ma da quel giorno non si è più fidato. Da lì l’idea di trovare qualcuno che prendesse le misure ai Signori del Nord. Insomma, Fiorani». [11]
Gianpiero Fiorani è nato a Codogno il 12 settembre 1959. «Beltomo di provincia, colonia e brillantina» [12], ex amministratore delegato della Banca Popolare Italiana, da martedì sta a San Vittore con l’accusa di aver diretto «una stabile, radicata e articolata organizzazione in Italia e all’estero dedita alla spoliazione di Bpl e di Bpi e all’occultamento dei proventi del riciclaggio». Insomma: un’associazione a delinquere. [13]
Inizi da giornalista col ”Cittadino” e poi ad ”Avvenire”, intorno al 1980 approdò come giovanissimo direttore della Bancapopolare di Lodi alla filiale di Melegnano. Paolo Stefanato: «Ebbe un’idea astuta. Offrì la sua collaborazione alla locale associazione commercianti e prese a insegnare tecnica bancaria ai corsi organizzati per chi voleva iscriversi al registro della Camera di commercio. La sua cattedra diventò un modo per conoscere negozianti e imprenditori della zona, cominciò a visitare botteghe, a stringere mani, a salutare tutti per nome, sempre la parola giusta per ognuno. Proponeva prestiti superiori a quelli delle altre banche, ingessate allo sportello; con il prestito dava fiducia e reciprocamente ne otteneva. Sbaragliò la concorrenza, tutti dissero: quel ragazzo ne farà di strada». A 25 anni era funzionario, a 28 direttore centrale, a 33 condirettore generale, a 40 amministratore delegato. [14] Poi, «con la banchetta periclitante dei ”Furmagiàtt”, ha messo a ferro e fuoco quel che restava del tisico capitalismo italiano» (Alberto Statera). Le tappe che hanno scandito l’espansione: l’acquisto della Mercantile da Fondiaria, poi la Banca del Sud, la Adamas a Lugano, l’Iccri, l’Efibanca, le Casse del Tirreno, quella di Imola, la Popolare di Crema. Stefanato: «L’idea più astuta fu quella di individuare come prede le Fondazioni bancarie costrette dalla legge a cedere le casse di risparmio. L’ingegneria era semplice: comprare carta contro carta, senza sborsare quattrini, incorporando la banca nel gruppo e accogliendo la fondazione
nell’azionariato. Se occorreva del denaro, a sottoscrivere l’aumento correvano tutti i soci: Fiorani sapeva fare anche un miracolo, quello di piazzare gli aumenti anche quando le azioni in Borsa valevano meno del prezzo della nuova emissione. Era la misura della fedeltà degli azionisti e del loro credere in un progetto. In questa campagna acquisti frenetica, talvolta qualcuno gli attribuiva una nuova preda. Fiorani spesso rispondeva: ”Troppo cara”. E proprio questa sua attenzione al prezzo
d’acquisto e il suo contadino buon senso fecero apparire subito strana la scalata all’Antonveneta: troppo grande e troppo cara per i suoi standard». [14] Stava per diventare uno dei banchieri più potenti d’Italia, aveva in mano il controllo dell’Antonveneta, ma all’inizio di agosto è finito sotto inchiesta da parte della magistratura e spinto alle dimissioni da tutte le cariche. [11] Gli ultimi otto anni di storia della banca lodigiana sono «un clamoroso caso di schizofrenia finanziaria. Con una storia ufficiale – quella raccontata ai mercati – fatta di gloriose acquisizioni benedette dalla Banca d’Italia, dietro cui cui però si sarebbe mossa una specie di Bpi-bis clandestina. Gestita da Fiorani & C. ”occultando i guadagni attraverso attività di riciclaggio su conti di società estere”. Alle spalle dei correntisti della Lodi e dei conti della banca. Un copione andato in scena su quasi tutte le maggiori operazioni dell’istituto» (Livini&Mensurati). [16] A pagare i danni era la massa dei risparmiatori: clienti onesti della banca che subivano tanti piccoli ammanchi, spese e commissioni inventate per coprire le perdite in Borsa, ripianate in via provvisoria perfino con prelievi abusivi dal caveau, con casi limite di furti dall’eredità dei clienti morti. [17] Turani: «In Italia Fiorani non è il primo raider che conclude la sua carriera in modo drammatico, ma è certamente quello che è durato meno». [11]
Luigi Grillo è nato a Carrara il 18 aprile 1943. Ex capo del servizio fidi della Cassa di risparmio della Spezia, assessore regionale, parlamentare democristiano (all’ombra di Goria), poi Popolare, sottosegretario nei governi Amato e Ciampi, nel maggio 1994 passò a Forza Italia e fu nominato sottosegretario alla presidenza del primo governo Berlusconi. [18] Nell’interrogatorio del 31 agosto Fiorani ha detto ai giudici che aveva un ruolo di «lobbysmo puro» per conto della Popolare e della sua scalata ad Antonveneta. [16] Mattia Feltri: «Aveva l’ansia di correggere o smentire le critiche e le accuse rivolte dal mondo intero al governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Per buona parte dell’estate, nella redazioni si è attesa quotidianamente, e con spirito goliardico, la nota di Grillo. Una cosa ai limiti della stravaganza, poiché Grillo è presidente della commissione Lavori pubblici a Palazzo Madama, e certe questioni non sembravano di sua stretta competenza». [19] Nei giorni scorsi ha ammesso di avere un fido di 250.000 euro presso la filiale 46 della Bpi, ovvero sotto l’ex ufficio di Fiorani, nella sede centrale di Lodi. Sul conto c’è stata una vivace movimentazione di titoli e, tra maggio e luglio 2005, un’altrettanto vivace movimentazione di assegni (per un totale di 132.000 euro). [5]
Paolo Marmont, altro italo-svizzero, gestiva insieme a Conti il fondo delle Cayman Victoria&Eagle. Accusato di riciclaggio, è riuscito a sfuggire all’arresto scappando a Lugano. [8]
Egidio Menclossi, nato a Pandino nel 1955, è il supertestimone che ha messo nei guai Fiorani & C. elencando alla Procura di Milano una serie di operazioni realizzate presso la filiale svizzera per finanziare la scalata ad Antonveneta. Carattere schivo, era vicedirettore generale di Bpl Suisse fin quando, nel marzo 2003, fu licenziato in tronco «per giustificato motivo». Il 12 novembre del 2004 una sentenza del giudice del lavoro ne rigettò tutte le istanze, compresa la richiesta di risarcimento danni. Non la prese bene, già il 7 gennaio 2004 aveva presentato alla procura di Lugano un esposto per insider trading, archiviato il 28 aprile successivo per incompetenza territoriale. Poi, con un memoriale più corposo, era andato da Guido Rossi, ex presidente della Consob e attuale consulente degli olandesi di Abn-Amro, per aiutarlo a fermare la scalata ad Antonveneta. Infine, nel maggio scorso, la deposizione ai giudici milanesi che ha contribuito a far scattare gli arresti. Divo Gronchi, nuovo direttore generale di Bpi, ha fatto sapere alla Procura che Menclossi dispone di un conto corrente presso la Popolare sul quale sono stati effettuati due versamenti sospetti per un totale di 750mila euro. [20]
Donato Patrini, Regional Manager per la Toscana di Bpi, è la ”gola profonda” che ha fatto scattare gli arresti: il 7 ottobre ha rivelato di aver avuto da Fiorani&C. «’incarichi fiduciari” sino all’aprile 2004, consistenti anche nel finanziamento, tramite operazioni strategiche, di uomini politici di livello nazionale». [21]
Paolo Romani è nato a Milano il 18 settembre 1947. Deputato di Forza Italia, sottosegretario alle Comunicazioni, ha «un buon barbiere, un bravo sarto, niente pieghe fuori posto». Il pubblico ministero di Monza Walter Mapelli ha chiesto il suo rinvio a giudizio per bancarotta preferenziale nel crac di Lombardia 7 tv, l’emittente fallita nel 1999 di cui fu fino al 1996 presidente e maggiore azionista. Già coordinatore di Forza Italia in Lombardia, resistette due anni a Roberto Formigoni e al sindaco di Milano Gabriele Albertini che chiedevano a Berlusconi di toglierlo di lì (con tanto di richieste scritte). [22] Il suo conto Bpi è in rosso di 261.000 euro, 61.000 euro più un vecchio fido. Sembra un conto dormiente. Probabilmente dai 200.000 si è arrivati a 261.000 esclusivamente perché nel frattempo sono stati addebitati trimestralmente gli interessi, come se si fosse «dimenticato» di quel prestito. Sembra che non si trovino alcune carte contrattuali su cui si fonda il rapporto, né le garanzie alla base del fido. [5]
Ambrogio Sfondrini è un ex dirigente della Bpl. Nell’aprile del 2000 fu sul punto di diventare il candidato sindaco di Lodi della Casa della Libertà. Dopo l’uscita di scena dell’amministratore delegato Angelo Mazza, per un certo periodo condivise con Fiorani la direzione generale della banca, ma ben presto il giovane e rampante Gianpiero riuscì ad emarginarlo, costringendolo nel ’99 alla pensione. Quando una lista civica di centrodestra lo candidò per la carica di sindaco, un ruolo fondamentale per la possibilità di controllare il piano regolatore della città (cosa non di poco conto visti i numerosi affari immobiliari portati avanti dalla cricca), Fiorani, che lo sapeva acerrimo nemico, fece di tutto per fermarlo. Ci riuscì, si dice adesso, grazie all’aiuto di Brancher. [23]
Silvano Spinelli, ex consulente della Bpl, era «l’uomo di fiducia» di Fiorani che lavorava sui conti esteri da utilizzare per il riciclaggio. [1] Adesso agli arresti domiciliari, è stato iscritto nel registro degli indagati per aggiotaggio, insider trading e ostacolo all’attività degli organi di vigilanza. [2] Quando gli hanno chiesto se era vero che gestiva le posizioni di alcuni clienti Bpi per farsi dare parte dei guadagni derivanti da speculazioni ha risposto: «Sì è vero, con alcuni clienti mi ero accordato perché questi mi retrocedessero in contanti parte dei guadagni che Boni faceva conseguire investendo in titoli. In particolare tali clienti mi retrocedevano almeno il 40 per cento del guadagno, consegnandomi il denaro contante che spartivo con Fiorani e Boni. I clienti prelevavano il denaro contante e me lo consegnavano in ufficio. Era stato Fiorani a suggerire di sondare questi clienti per verificare se fossero disposti a dividere gli eventuali guadagni che noi potevamo fare avere loro. Posso dire solo che quello che noi abbiamo guadagnato era utilizzato per arricchimenti personali». [24]
Ivo Tarolli è nato a Castel Condino il 28 ottobre 1950. Senatore dell’Udc, è considerato il politico più vicino a Fazio. Un giorno, erano i tempi del crac Parmalat, il suo collega di partito Gianluigi Magri arrivò a definirlo un «ostaggio della sua amicizia personale con il governatore». [25] Maestro elementare, assurse a una certa notorietà tra le sue montagne trentine quando, trombato alle ”regionali” ma subentrato due anni dopo a Bruno Kessler (uno dei padri dell’autonomia morto nella primavera 1991) presentò un progettino per riconoscere la pensione anche a chi non aveva fatto una intera legislatura ma solo metà (lui). Trombato alle politiche come candidato al Senato, entrò tra i recuperi. Trombato anche alle successive, fu di nuovo recuperato. Col risultato, ha scritto Gian Antonio Stella, «che dalle sue parti si è fatto la fama di essere l’unico al mondo a finire sempre eletto dopo essere stato sempre trombato». [26]. Un mese fa la Diocesi di Trento ha rinunciato ai cinque milioni di euro che Tarolli le aveva fatto destinare dalla finanziaria: «L’iniziativa personale del senatore Ivo Tarolli – diceva un editoriale non firmato sul settimanale diocesano ”Vita trentina” - oltre a destare sconcerto ed imbarazzo nei credenti, getta benzina sul fuoco di un anticlericalismo che giudica la Chiesa con la lente dei privilegi». [27] Cliente Bpi presso l’agenzia Roma 1, ottenne un fido di 300.000 euro per un’eventuale operazione immobiliare nonostante una singolare annotazione della banca sul dossier: «Inoltriamo la presente delibera... pur consci che non si tratta di forma tecnica adeguata per un’operazione immobiliare». [28]