?, 16 dicembre 2005
Di Foggia Giovanni, di anni 76. Originario di Aversa (Caserta), ex finanziere, sposato a una Dozzo Teodolinda dalla quale aveva avuto tre figlie, abitava da trent’anni a Musile di Piave, un paesino di campagna fra Treviso e Venezia
Di Foggia Giovanni, di anni 76. Originario di Aversa (Caserta), ex finanziere, sposato a una Dozzo Teodolinda dalla quale aveva avuto tre figlie, abitava da trent’anni a Musile di Piave, un paesino di campagna fra Treviso e Venezia. Due sabati fa uscì per andare a ritirare la pensione, 1.500 euro in tutto compresa una piccola invalidità di servizio. Tornò a casa per il pranzo passeggiando senza fretta, si fermò per strada con un amico, quindi fu affiancato da una Mercedes bianca con tre uomini a bordo che chiedevano informazioni. Il tempo di aggrapparsi al finestrino e quelli, pistola alla mano, avevano già afferrato il denaro che il maresciallo teneva in tasca. Se lo trascinarono dietro per 30 metri prima di schiacciargli la testa sotto le ruote. Intorno le banconote sparpagliate sull’asfalto. A mezzogiorno di sabato 15 maggio, in via dei Martiri della Libertà, periferia di Musile di Piave, Venezia. Lotito Vincenzo, di anni 16. Napoletano, ”il rosso” come lo chiamavano tutti dal colore dei capelli, viveva con la madre Antonietta, impiegata in un’impresa di pulizie, da quando il padre Antonio, parrucchiere, s’era trasferito al nord per fare il commerciante. Lui aveva abbandonato gli studi dopo la terza media e s’arrangiava vendendo magliette per strada. Mercoledì scorso, deciso a racimolare qualche soldo in più, s’organizzò con tre amici per sgraffignare il motorino a un diciottenne. Tolto il tappo di plastica rossa dalla sua pistola giocattolo, la puntò contro il ragazzo per farsi consegnarli lo scooter, ma quello rispose piantandogli un bossolo calibro nove in pieno petto che lo lasciò stramazzato a terra. Nella notte di mercoledì 19 maggio, in via Nuova Poggioreale, a pochi centinaia di metri dal carcere, in una zona periferica di Napoli. Visone Vincenza, di anni 17. Campana, bella, alta, una cascata di riccioli scuri, occhi neri e labbra carnose, sempre sorridente, abitava con la famiglia in una palazzina di via Machiavelli a Sant’Antimo, provincia di Napoli. Due anni fa aveva conosciuto un Buonanno Raffaele, di anni 22, elettrauto nell’officina del padre, e se n’era subito innamorata. Rimasta incinta volle tenersi il bambino a tutti i costi. I due vissero pure insieme qualche settimana, ma la storia non funzionò e la Visone se ne tornò dai genitori. Lui non s’era rassegnato a perderla, e più volte aveva tentato una riconciliazione. Lei non voleva più saperne, aveva ripreso a frequentare gli amici di sempre, pensava al diploma e sognava di fare il medico. Nonostante gli impegni della maternità, tutti i giorni andava a Marcianise (Caserta) per frequentare la quarta magistrale. La mattina di due venerdì fa chiese alla mamma Rosa di accompagnarla in auto perché aveva perso la corriera. Salita a bordo della Y 10 si ritrovò al fianco il Buonanno in motorino che, senza dire una parola, sparò cinque colpi a caso lasciandola riversa sul sedile col cuore squarciato da un proiettile. Accanto due orsacchiotti di peluche e lo zainetto coi quaderni. Verso le 8 di venerdì 14 maggio, all’incrocio fra via Aldo Moro e Corso Italia, Sant’Antimo, a 30 chilometri da Napoli.