Corriere della Sera 15/12/2005, pag.5 Maurizio Giannattasio, Gianni Santucci, 15 dicembre 2005
Fiorani: «Imparo a stare qui dentro. Ora ho solo bisogno di pensare». Corriere della Sera 15/12/2005
Fiorani: «Imparo a stare qui dentro. Ora ho solo bisogno di pensare». Corriere della Sera 15/12/2005. Milano. «Sto imparando a muovermi nel carcere, ma sono preoccupato per la mia famiglia. Mi mancano i miei figli. A Natale penserò a loro». Sono le 18 e 30 quando il consigliere regionale dell’Italia dei Valori, Stefano Zamponi, varca l’ingresso di San Vittore. Niente raggi, niente rotonda. L’appuntamento con il banchiere Gianpiero Fiorani è nel centro clinico di San Vittore. Una stanza con la grata, controllata 24 ore su 24, qualche disegno appeso alle pareti, due letti. Uno per Fiorani, l’altro per il suo compagno di sventura, un trentenne meridionale che ha svolto alla perfezione il ruolo di traghettatore: «Mi ha insegnato le prime regole del carcere – ha detto Fiorani a Zamponi ”, mi ha detto quello che si deve e quello che non si deve fare. Sto imparando». Un apprendistato severo, ma fondamentale per chi arriva da mondi lontani mille miglia dai raggi di San Vittore. FRASTORNATO – «Nelle ultime settimane ho passato momenti davvero terribili, ora sono stato arrestato, è passato. Sto cercando di farmene una ragione», sussurra Fiorani. Il consigliere ascolta. «Smarrito, ma tranquillo». E’ questo il ritratto double face che Zamponi fa di Fiorani. Con un unico momento di cedimento: nel colloquio con lo psicologo del carcere Fiorani avrebbe versato qualche lacrima. Un attimo. Nel pomeriggio Fiorani ritrova il suo aplomb. «Sicuramente – dice Zamponi – non è rassegnato». «In questo momento non mi serve nulla – ha detto l’ex numero uno di Bpi ”. Sto cercando di capire, di farmi una ragione di quanto sta succedendo». Con un paradosso che rende ancor più stridente l’epifania del banchiere dietro le mura carcerarie. L’aspetto. Perfetto. Anzi,un po’ blasé. Cardigan beige, camicia azzurra, pantaloni di velluto marroni. I capelli all’indietro, come siamo abituati a vederlo nelle foto che lo ritraggono. Tanto che l’infermiera arrivata per le cure di prammatica ha dovuto chiedere informazioni su chi fosse il detenuto. Perfetto. Come la sera precedente, quando i finanzieri, dopo una perquisizione di tre ore, lo hanno portato in carcere: cappotto blu e sciarpa bianca. Ma la testa ben pettinata di Fiorani è da un’altra parte – spiega Zamponi ”, «come di chi si trova all’improvviso in una realtà straniante, che non crede di essere lì a San Vittore, tra gli altri carcerati». Una notte lunghissima, i colloqui con gli operatori, il trasferimento al centro clinico. Fiorani non sta male. Si tratta di procedure, testate già ai tempi di Calisto Tanzi: evitare contatti con gli altri arrestati per la stessa inchiesta. Ma anche un timore sottaciuto, la paura di gesti inconsulti di fronte al doppio salto mortale della vita. Lì, nel centro clinico, i controlli sono «h24». LA FAMIGLIA – «Non ho bisogno di libri, non ho bisogno di giornali – ha detto Fiorani – adesso devo organizzarmi e ho bisogno di pensare». L’impressione è che i pensieri di Fiorani corrano tutti alla sua famiglia. Alla moglie che ha assistito alla lunga perquisizione e all’arresto, ai due figli portati a casa di parenti prima che arrivasse la guardia di finanza: «L’unica cosa che mi manca è la mia famiglia – ha detto Fiorani al consigliere regionale ”, mi mancano i miei figli, per il resto va bene così». LA PROVVIDENZA – I minuti passano. Nel piccolo corridoio le parole rimbombano. C’è voglia di dare coraggio, di rinfrancare. Si parla di «provvidenza», di fiducia nei piani divini. Il cattolico Fiorani si schermisce: «Bisognerebbe conoscerli questi disegni divini». Si parla di altri imputati eccellenti come Sergio Cusani, entrato a San Vittore come carcerato, adesso aiuto per i detenuti. Fiorani non ha voglia di rispondere. Si limita a un sorriso. Parla invece dell’accoglienza ricevuta a San Vittore. Ringrazia le guardie carcerarie per il trattamento ricevuto, ringrazia gli operatori, ringrazia chi lo è venuto a trovare. Quasi stupito che qualcuno si prenda la briga di varcare il portone di San Vittore per venire a trovarlo. Come se non avesse la consapevolezza del can can mediatico che si è scatenato nelle ultime 24 ore intorno al suo nome. dall’attenzione di giornali e tv che la famiglia si difende. Barricata nella villa del quartiere San Bernardo, periferia di Lodi, la donna che ha seguito suo marito nelle ultime ore prima dell’arresto riceve le visite di qualche amico. Vanno e vengono i familiari, che abitano dietro l’angolo. I ragazzi non sono in casa, non sono andati a scuola. Luci accese. Dietro le finestre si muovono tutti in un clima di prostrazione. Un familiare esce qualche minuto in giardino. Accende un sigaretta. Sussurra soltanto una frase: «Stiamo impazzendo». Maurizio Giannattasio Gianni Santucci