15 dicembre 2005
Amoin Koussi Epiphanie, di anni 24. Originaria della Costa D’Avorio, corpo morbido e imponente, una cascata di treccine intorno al volto, labbra grandi e sguardo triste, vivacchiava col suo lavoro di sarta a Vigevano, dove abitava col marito Bamba Moussa, di anni 33, saldatore, immigrato regolare, irascibile e attaccabrighe
Amoin Koussi Epiphanie, di anni 24. Originaria della Costa D’Avorio, corpo morbido e imponente, una cascata di treccine intorno al volto, labbra grandi e sguardo triste, vivacchiava col suo lavoro di sarta a Vigevano, dove abitava col marito Bamba Moussa, di anni 33, saldatore, immigrato regolare, irascibile e attaccabrighe. Un’abitudine alle discussioni animate, spesso strillavano tanto che arrivava la polizia a separarli. Lunedì pomeriggio, seduta sul divano del soggiorno a guardare la televisione, se lo vide arrivare pronto per l’ennesimo litigio chissà poi perché. Come al solito tentò di rispondere a insulti e lamentele, ma quello s’esaperò e decise di chiuderle la bocca trapassandole il collo con uno dei tre coltelli presi in cucina. Lei ancora rantolante sul pavimento, il Moussa andò verso il bagno per impiccarsi con un filo elettrico all’inferiata della finestra. Nel pomeriggio di lunedì 19 aprile in via Valle San Martino, vicino al centro storico di Vigevano, Pavia. Biondi Stefano, di anni 28. Originario di Cervia, capelli a spazzola, guance paffute e sorriso dolce, faceva il poliziotto nella Polstrada di Modena da circa sei anni. Ultimamente era tutto contento per aver ottenuto il trasferimento nella sua città, dove vivevano il padre Luciano, agricoltore, la madre Loredana, la sorella Marzia e la fidanzata. Mite e generoso, era innamorato della divisa e passava il suo tempo libero dedicandosi al volontariato. Martedì pomeriggio, finito il turno di lavoro, prese la segnalazione di un’emergenza e volle tornare in servizio. Assieme a un collega si lanciò all’inseguimento di una Porsche nera, sgraffignata col trucco del tamponamento a Lodi da due bolognesi, Montagnino Fabio, di anni 28, noto alla polizia per spaccio di droga, e D’Ambrosio Michele, di anni 31, diversi precedenti penali, una condanna all’ergastolo per l’omicidio di un gioielliere cancellata in appello. Bloccata la strada ai due banditi dopo un centinaio di chilometri sull’autostrada A1 da Parma a Reggio Emilia, il Biondi si precitò fuori dall’Alfa 156 della stradale pistola in pugno. Appena il tempo di sparare un colpo e stramazzò sul cofano dell’auto trascinato per decine di metri. A bordo due chili di cocaina per un valore di 80 mila euro, passamontagna, documenti falsi e la valigia di una donna. Cinque minuti prima delle 19 di martedì 20 aprile sullo svincolo che porta al casello d’uscita per il centro di Reggio Emilia. Meggiorin Adriano, di anni 47. Padovano, stempiato, labbra sottili e sguardo freddo, faceva il rapinatore professionista nell’area del Brenta, nome di battaglia ”Bovoli”. S’era guadagnato una certa notorietà nell’ambiente come ex autista della banda di Felice Maniero e da tempo lavorava coi colleghi padovani Pozzi Achille, di anni 45, Vasti Andrea di anni 34, e il veronese Castelli Massimo, di anni 33, tutti con precedenti per rapine. Lunedì notte s’erano dati appuntamento in un parcheggio appena fuori Vicenza, non si sa se per svaligiare una banca o un furgone blindato. Accerchiato da dodici agenti della polizia prima ancora di scendere dal suo furgoncino bianco Renault Kangoo, ne fu così indispettito che schiacciò l’acceleratore finendo contro il recinto di una casa, il corpo bucherellato da colpi di pistola. All’interno del furgone un kalashnikov, una calibro 9 e due 38 cariche, parrucche, tute da lavoro, guanti, passamontagna, una mazza da scasso. Alle 6.30 di lunedì 19 aprile, nel parcheggio della scuola elementare Zanella di Torri di Quartesolo, alle porte di Vicenza. Oboh Lovina, di anni 24. Nigeriana, collaboratrice domestica, promessa sposa a un Mussi Gilberto, di anni 45, elettricista, col quale viveva in un appartamento di tre stanze non lontano dal centro di Vigevano. Per amore suo aveva deciso di lasciare la prostituzione, l’unico lavoro ch’era riuscita a trovare in Italia. Lunedì pomeriggio, la casa ancora in disordine, aprì la porta forse a una sua vecchia conoscenza e se la portò in cucina per offrirgli un caffè. Qui il Mussi, tornato dal lavoro, disse alla polizia di averla trovata seduta al tavolo con la gola tagliata e un fazzoletto in bocca. Nel tardo pomeriggio di lunedì 19 aprile in una palazzina di via Buonarroti, strada chiusa accanto al Naviglio, a poche decine di metri dall’ospedale di Vigevano, Pavia.