La Stampa 13/12/2005, pag.29 Lietta Tornabuoni, 13 dicembre 2005
King Kong, i gorilla preferiscono le bionde. La Stampa 13/12/2005. Grande. «King Kong» di Peter Jackson, che uscirà venerdì 16 dicembre ed è costato 207 milioni di dollari (molto, per un rifacimento assai fedele del «King Kong» del 1933) è avventuroso, intraprendente, pauroso, divertente, anche tenero da spezzare il cuore, lungo (tre ore) e fatto a perfezione
King Kong, i gorilla preferiscono le bionde. La Stampa 13/12/2005. Grande. «King Kong» di Peter Jackson, che uscirà venerdì 16 dicembre ed è costato 207 milioni di dollari (molto, per un rifacimento assai fedele del «King Kong» del 1933) è avventuroso, intraprendente, pauroso, divertente, anche tenero da spezzare il cuore, lungo (tre ore) e fatto a perfezione. Presentato ieri alla stampa, il classico del fantastico esaltato dai surrealisti, unica creatura anomala che il cinema non abbia preso in prestito dalla letteratura, racconta come si sa una variante dell’antico tema della Bella e la Bestia. Un regista-produttore con la sua troupe e con un’attrice bionda presa dalla strada all’ultimo momento, viaggiano in mare per realizzare un film esotico, sbarcano su un’isola a ovest di Sumatra, vi scoprono tra altri animali preistorici un gigantesco scimmione detto Kong che prende la bionda e se ne innamora; i compagni di lei cercano di salvarla, catturano Kong stordendolo con il cloroformio, lo portano a New York; la grande scimmia, vinta, umiliata, viene esposta in catene a teatro alla curiosità del pubblico eccitato; si divincola, si libera, ritrova la bionda, s’arrampica con lei sulla cima dell’Empire State Building, viene bersagliato dai biplani militari, stramazza, muore. King Kong appare piuttosto anziano: bisogna calcolare che, se è alto 8 metri, ha alcune centinaia d’anni. Il film dell’eccellente regista neozelandese de «Il Signore degli Anelli» dura il doppio del suo modello grazie alla descrizione del viaggio per mare, dello sbarco sull’isola del Teschio, delle lotte con gli animali preistorici che costituiscono una novità. Non manca nulla: l’imbarcazione pronta a salpare per un viaggio avventuroso, la scimmietta affettuosa (una premonizione?) E i flirt a bordo, il mare in burrasca, la stagione dei monsoni, i pistoni della nave in azione, il fuochista assatanato che alimenta le macchine, la giungla madida, il misterioso linguaggio degli indigeni («Tasko tasko, Bali reri, Dala bala», i tamburi, l’orma gigantesca, la laguna, i sacrifici umani, la zattera (intrecciata in un baleno con liane), il tronco d’albero che fa da ponte, e poi tirannosauri, pterodattili, ragni grossi come botti, maxi-scorpioni, enormi millepiedi, lucertoloni. Draghi. Neppure manca la scena d’amore tra Kong e la bionda, perchè alla fine è innegabile che il sentimento sia reciproco: i due si guardano intensamente con le lacrime agli occhi in un ultimo addio incapaci di separarsi, si toccano con delicatezza nell’esempio più eloquente di passione impossibile. E’ simile al modello pure il sarcasmo verso le smanie degli spettatori della sconfitta di Kong, verso il cinema e la pubblicità, verso la maniera in cui la civiltà (o inciviltà) uccide la Forza della Natura, l’estrema battuta del film: «Non sono stati gli aeroplani a ucciderlo. E’ stata la Bella. Come sempre, la Bella ha ucciso la Bestia». I gorilla preferiscono le bionde, si sa: dopo Faye Wray e Jessica Lange, Naomi Watts, bella e brava, è perfetta accanto a Adrien Brody e Jack Black. Gli indigeni sono come quelli del 1933: orrendi. Produttivamente il film realizzato negli studi neozelandesi di Wellington di proprietà di Peter Jackson è entusiasmante: gli danno un tocco speciale i suoi due livelli, la patina degli Anni Trenta e l’ironia contemporanea. Così si conferma e rinnova il mito (nato da un’idea del giallista Edgar Wallace, dicono, ma non è tanto vero). Del fascino della grande scimmia, più che l’interesse di un animale per una donna, fanno parte il suo carattere onirico, la sproporzione, l’impossibilità amorosa, il simbolismo erotico: la rivista francese «Midi-Minuit Fantastique» ipotizzò persino che Kong fosse una femmina e che lo slancio verso la bionda rappresentasse una ricerca di sè. La Lega americana Amici dei Primati, più concreta, ha invece inviato al regista le sue felicitazioni per non avere usato nel film vere scimmie: è il trionfo dell’artificio. Lietta Tornabuoni