Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  dicembre 06 Martedì calendario

Ho ucciso John Lennon. La Repubblica 06/12/2005. Roma. «Ho sentito qualcuno nella mia testa che diceva: "Fallo, fallo, fallo"», mormora la voce inquietante di Mark Chapman, che l´8 dicembre 1980 ha ucciso John Lennon, trasmessa per la prima volta da un network televisivo nel documentario «The man who killed John Lennon», che la Nbc ha mandato in onda per ricordare i 25 anni dalla scomparsa dell´ex Beatle

Ho ucciso John Lennon. La Repubblica 06/12/2005. Roma. «Ho sentito qualcuno nella mia testa che diceva: "Fallo, fallo, fallo"», mormora la voce inquietante di Mark Chapman, che l´8 dicembre 1980 ha ucciso John Lennon, trasmessa per la prima volta da un network televisivo nel documentario «The man who killed John Lennon», che la Nbc ha mandato in onda per ricordare i 25 anni dalla scomparsa dell´ex Beatle. «Volevo essere importante, volevo essere qualcuno», dice l´assassino, che all´epoca aveva 25 anni, in una delle prime battute dei nastri registrati dal giornalista Jack Jones (100 ore di conversazione raccolte nel libro Let me take you down - Inside the mind of Mark David Chapman, the man who killed John Lennon. Ed. Villard, 300 pagg.). «Ho pensato che fosse una missione. Che Dio mi perdoni per questo. Ricordo quando aprii la copertina dell´album Sergeant Pepper dei Beatles, e lì c´era Lennon con i suoi occhiali e la sua barbetta a punta: fu allora che pensai che lo avrei ucciso. Volevo ucciderlo. Lo volevo a tutti i costi. Facevo riti per evocare l´aiuto del demonio, digrignavo i denti e imploravo: dammi l´opportunità di uccidere John Lennon. Mi sentivo come un treno in corsa. Ed ecco, dall´altra parte di Central Park West, vedo una limousine che si ferma al semaforo, e so che è lui. E la voce nella mia testa mi dice: "Fallo, fallo, fallo. mio, lo voglio"». Da quel giorno, milioni di persone si sono chieste: perché lo ha fatto? «Non mi rendevo conto di fare qualcosa di male», spiega Chapman. «Pensavo fosse un´opera di bene, il gesto di un cavaliere bianco, una crociata. Ero convinto che quel gesto mi avrebbe aiutato a trovare una mia identità». Il dottor Richard Bloom, lo psicologo che lo ha avuto in cura, lo ha dichiarato paranoico schizofrenico. In effetti Chapman incominciò giovanissimo a identificarsi con il Lennon dei Beatles. Entrambi avevano avuto un´infanzia difficile. Abbandonato dal padre, John aveva perso da ragazzo sua madre Julia ed era stato dato in affidamento alla zia Mimi. Chapman, invece, aveva maturato un odio incontenibile per un padre violento di cui lui e sua madre erano le vittime preferite; per rendere più sopportabile la vita tra le mura domestiche si rifugiava in un mondo immaginario popolato da quella che lui chiamava «little people», la piccola gente visibile solo ai suoi occhi. «Mi davano degli ordini, mi responsabilizzavano. Ma l´ironia è che non erano reali». La piccola gente, insieme alla musica dei Beatles e al Giovane Holden, il romanzo generazionale di Salinger, diventano in fasi diverse dell´esistenza la sua unica consolazione. E la sua ossessione. «Ascoltavo l´album Meet The Beatles sdraiato sul divano, quando i miei genitori uscivano. Poi prendevo dei soldatini di plastica e ritagliavo delle chitarre che mettevo al posto dei loro fucili. Insomma, facevo un piccolo concerto per quella "piccola gente". Conoscevo le parole delle canzoni a memoria, li adoravo. A un certo punto il loro percorso cominciò a coincidere con il mio: Lsd, cultura psichedelica, meditazione hindu, capelli lunghi e barba». Ma il sogno lisergico non riuscì a dare a Chapman un´identità, e il ragazzo di Decatur, Georgia, a 15 anni sprofondò di nuovo nella depressione e nel suo delirante mondo immaginario. «Ricordo che stavo disteso sul sofà, non ero niente, nessuno, una cosa senza senso, inutile, autostima sotto zero, sepolta sotto una colata di cemento. Alzai le braccia al cielo e gridai: Gesù, vieni ad aiutarmi. E nel momento stesso in cui lo chiamavo, lui era lì con me, e immediatamente capii che stavo cambiando dentro. Compresi di aver trovato qualcosa. E poi arriva Lennon, e incomincia a dire di non credere in Dio, di credere solo in se stesso e in Yoko, e io diventai furioso. Di più: diceva anche di non credere nei Beatles». In quel periodo Lennon abbandona la mente di Chapman e lascia il posto a una nuova identità. Il ragazzo elegge a nuovo idolo Holden Caulfield, il teenager che lotta contro il falso mondo degli adulti. Il Giovane Holden di Salinger diventa la sua nuova bibbia. John diventa l´eroe caduto da eliminare: ricco, famoso, blasfemo, un uomo che il giovane Holden avrebbe profondamente disprezzato. Studente fallito, un rapporto sentimentale con una ragazza, Jessica Blankenship, che va a rotoli, nel 1977 il 22enne Chapman ritira i suoi risparmi e scappa alle Hawaii con propositi suicidi. «Ero arrabbiato col mondo, così tornai a parlare con la piccola gente della mia infanzia. Ricordo il momento esatto in cui pensai di uccidere il signor Lennon. La mia mente navigava nell´inchiostro del Giovane Holden. Riaprii la copertina di Sergeant Pepper e guardai di nuovo quella fotografia gialla. E immediatamente mi fu chiara la falsità del Lennon newyorkese rispetto al Lennon che io avevo adorato come Beatle. La giustapposizione delle immagini del vecchio e nuovo Lennon riportò alla mia mente la domanda: E se lo uccidessi?». Il giorno si avvicina. Mancano sei settimane all´8 dicembre. Chapman chiede un prestito ai genitori e vola da Honolulu a New York. Cerca di comprare una pistola, ma il negoziante lo ammonisce che senza porto d´armi l´acquisto è impossibile. Il 5 novembre rientra in Georgia per procurarsi un´arma, il 9 sbarca a Manhattan con pistola e munizioni. Il 12 novembre decide di rimandare l´omicidio e di tornare alle Hawaii. «Ma un certo punto il pensiero di uccidere Lennon diventò ossessivo, incontrollabile. Il bambino dentro di me era diventato l´eroe - con una missione, uno scopo, una causa». Il 6 dicembre Chapman torna per l´ultima volta a New York, prende una stanza all´Ymca, dieci blocchi dal Dakota, e progetta meticolosamente il folle gesto. L´8 dicembre il proposito di uccidere Lennon diventa irrinunciabile e improcrastinabile: «Nessun avrebbe più potuto fermarmi, neanche la mia volontà, neanche il demonio. L´adulto, tremante e pauroso, mi diceva di tornare a casa. Il bambino, invece: "No, voglio ucciderlo. mio, lo voglio"». Con Double fantasy, l´album di Lennon appena pubblicato, sotto il braccio, Chapman si dirige verso Central Park West: «Era come se uscissi da una porta gigantesca per abbandonare il mio passato e andare incontro a un incerto futuro. Con addosso i sentimenti di Holden Caulfield». Alle cinque del pomeriggio la vittima e il suo killer si trovano faccia a faccia: Lennon si ferma a salutare i fan che lo aspettano davanti al Dakota. L´assassino gli blocca la strada, ma invece di estrarre l´arma gli porge la penna. «Gli dissi: John mi autografi il disco? Fu molto, molto gentile. Scrisse il suo nome e la data, 1980». Mancano sei ore al delitto. Alle dieci di sera, quando John e Yoko rientrano, non sanno che Chapman sta aspettando lì da tutto il giorno. «Appena mi passò davanti, mi voltai, mirai alle spalle e premetti il grilletto cinque volte». Quattro proiettili colpiscono Lennon, uno va a vuoto. Sette mesi dopo, Mark David Chapman si dichiarò colpevole dell´omicidio di secondo grado. La pena da scontare fu fissata da 20 anni all´ergastolo. Quando il fotografo Harry Benson lo incontrò nel penitenziario di Attica per un servizio, dodici anni dopo, il prigioniero si scusò per il suo gesto, ma in realtà, racconta Benson, nel suo comportamento non era visibile nessun segno di rimorso. Da quando nel 2000 ha finito di scontare il 20esimo anno di carcere, a Chapman è stata già negata per tre volte la libertà sulla parola. La famiglia di Lennon, la moglie Yoko e i figli Sean e Julian, gli amici e i fan credono che il killer non meriti pietà né una seconda chance. Sull´omicidio di John Lennon è in preparazione un film diretto da Jarrett Schaefer intitolato Chapter 27, in cui il ruolo di Chapman è impersonato da Jared Leto, l´attore di American Psycho. Giuseppe Videtti