15 dicembre 2005
Lovato Mauro, di anni 20. Alto, castano, non certo una bellezza, era tuttavia dolce, pronto ad ascoltare, incline alla poesia
Lovato Mauro, di anni 20. Alto, castano, non certo una bellezza, era tuttavia dolce, pronto ad ascoltare, incline alla poesia. Il padre assente da decenni, viveva con la madre a Gambellara (Vicenza). Violinista, aveva dovuto lasciare il conservatorio per impiegarsi in una conceria. Nella primavera scorsa, durante una festa, conobbe, s’innamorò e sedusse Cristina, di anni 14. Lei, nata a Damasco, assai bella, occhi scuri, lunghi capelli neri, viveva in una delle villette a schiera sotto il borgo storico di Soave (Verona), insieme con il padre, tecnico in un’azienda di forni per la stagionatura del legno, la madre Amal, siriana, e i fratelli, di 16 e 3 anni. I due presero a vedersi spesso, presto diventarono inseparabili. Nel tardo pomeriggio di martedì sfilarono per le strade del paese, insieme con altri ragazzi, appresso a un carro parrocchiale con sopra una stella cadente di cartapesta (la manifestazione, ”cantare la stella” destinata a raccogliere denaro per i bambini africani). Intorno alle 23 si incontrarono di nascosto nella piazzetta dell’oratorio. Lui aveva con sé il violino. Sedettero a lungo su una panchina. Intorno alle 3 salirono sul tetto adiacente al terrazzo della chiesa. Qui il Lovato aprì la custodia dello strumento e ne estrasse biglietti di scuse. Poi si lanciò nel cortile sottostante. La fidanzata, a seguire. Otto metri più sotto, lui batté la tempia contro uno scalino di marmo. Lei atterrò su di lui. La trovarono alle 6 e 30 che guaiva, ancora abbarbicata e stretta al cadavere del ragazzo. All’alba di mercoledì, nel centro medievale di Soave (Verona).