Varie, 14 dicembre 2005
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Teller Janne
• Copenaghen (Danimarca) 8 aprile 1964. Scrittrice. tra le più apprezzate scrittrici danesi. A decretarne il successo, L’Isola di Odino”, il romanzo d’esordio pubblicato nel 1999 in Danimarca e tradotto in numerosi altri Paesi europei. Tra i suoi libri per ragazzi, Nothing, che ha ricevuto il Premio del Ministero della Cultura danese come miglior libro del 2001. del 2004 un altro romanzo, The Trampling Cat, ambientato in Bosnia durante il recente genocidio. Ha anche scritto saggi e storie brevi, tra cui Pourquoi? pubblicato da Le Monde de l’Education in Francia • «[...] si è laureata in Economia, ha lavorato sette anni per le Nazioni Unite spostandosi fra Bruxelles, New York, l’Africa. Poi ha mollato tutto, si è chiusa nel suo studio a Copenaghen e ha cominciato a scrivere. Ottima scelta visti i successi. ”Per me scrivere è la cosa più importante della vita. Ho perfino deciso di non avere figli per dedicarmi completamente a questo” [...] Il suo romanzo più famoso e premiato è L’isola di Odino [...] pubblicato da Iperborea con un’entusiasta postfazione di Björn Larson. ”Una moderna saga nordica”, come lo definisce l’autrice. Fra il fantasy e la satira, in una sorta di realismo magico del Nord, narra di un vecchio con una lunga barba e un occhio solo, il dio Odino, che alla vigilia di un gelido Natale arriva in un’isola senza nome. messaggero di oscuri presagi, ma ha perso memoria di quali siano e a chi consegnarli. Gli abitanti lo accolgono stupiti perché da secoli non vedono stranieri e non hanno più provato a raggiungere ”il Continente”, al di là dello Stretto. Ci riuscirà Odino e si ritroverà coinvolto in situazioni paradossali: rinchiuso in manicomio, al centro di conflitti politici e religiosi, mentre il popolo di Internet costruisce bizzarre storie su di lui. Intanto i tre regni del Continente (ironiche rappresentazioni degli stati scandinavi) arrivano quasi alla guerra per il controllo dell’isola misteriosa. Lei ha lavorato a contatto con una realtà spesso anche brutale e drammatica, invece ha immerso il suo romanzo in un’atmosfera mitica e fantastica. ”Una delle cose fondamentali imparate in Africa è che noi tutti viviamo nel regno dell’immaginazione, che ne siamo consapevoli o no. La realtà è ciò che percepiamo delle cose, ma solo attraversando gli spazi della fantasia possiamo comprendere l’esistenza. E proprio la letteratura ci rende capaci di farlo [...] Odino è la divinità più importante del pantheon nordico. Dio della saggezza, della morte, dei poeti e degli artisti. All’inizio del romanzo ha perso i suoi due corvi, simboli del Pensiero e della Memoria, non sa più quale sia la sua missione, ma continua a dire cose molto sagge nella società confusa nella quale è capitato”. Nel suo universo immaginario ci sono tante assurdità e ossessioni del nostro mondo concreto. [...] la fantasia deve nutrirsi di realtà per interpretarla. ”Certo, e permettere l’identificazione del lettore, farlo riflettere. La maggior parte dei personaggi non riconosce Odino, allora ognuno vede in lui quello che vuole, che gli fa più comodo, che conferma certezze che nascondono pregiudizi. Solo chi si sforza di capirlo riesce a scoprire i lati più profondi e umani del proprio essere”. L’arrivo del dio scatena conflitti e isterie fra Devoti, Cristiano Riformati, Musulmani Modernisti, Ebrei Rinati. Chiara satira del fanatismo religioso. ”La fede provoca troppo spesso fanatismo. Se si ricordasse che noi una volta credevamo in Odino e Thor - come altri popoli in altre divinità - apparirebbe ridicolo lottare per la supremazia del Dio Cristiano o Ebraico o di Allah. Naturalmente non voglio dire che dovremmo credere ancora nei nostri antichi dei, però i loro principi erano più tolleranti. Non c’era un confine netto fra Bene e Male, anche loro sbagliavano. In più avevano una concezione gioiosa della vita. Mi piace molto la leggenda mitologica della creazione: l’uomo nasce da un frassino, la donna da un olmo. Penso che anche da questa derivi l’emancipazione femminile nordica. Donne uguali agli uomini, indipendenti, che non vengono da una costola di Adamo. Vorrei che il romanzo fosse visto come una celebrazione del dubbio, considerandolo non solo un requisito per cambiare e imparare, ma soprattutto per coesistere in pace [...] Durante i miei viaggi, conoscendo credenze e miti di altre società, ho cominciato a interessarmi più a fondo alla mitologia che mi appartiene, quella nordica, oggi ignorata o dimenticata in Scandinavia. Eppure rappresenta la base della nostra storia e cultura. Sono convinta che ci aiuti a rammentare chi siamo, a capire il senso di quello che facciamo” [...]» (Annabella D’Avino, ”Il Messaggero” 14/12/2005).