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 2005  dicembre 13 Martedì calendario

Fernanda Ricciardi, di anni 87. Pugliese, vedova, due figli, capelli tinti, labbra sottili e sguardo sorridente, alquanto arzilla, viveva sola in un appartamento a Brindisi

Fernanda Ricciardi, di anni 87. Pugliese, vedova, due figli, capelli tinti, labbra sottili e sguardo sorridente, alquanto arzilla, viveva sola in un appartamento a Brindisi. Tra i cinque nipoti prediligeva un Antonelli Davide di anni 21, faccia d’angelo, carattere mite, studente modello alla Bocconi. Costui, lo scorso 23 gennaio, le fece un’improvvisata di prima mattina, lei, tutta contenta, l’abbracciò, lo baciò, lo trascinò in cucina per offrirgli i dolcetti preferiti. Lui, chissà perché, afferrò il primo coltello a portato di mano e infilzò la nonna, su tutto il corpo, per 94 volte. Subito dopo, la vecchia in terra a grondar sangue, l’Antonelli uscì di casa, prese l’aereo per Milano e come nulla fosse tornò alla sua vita d’universitario (fu arrestato solo due sabati fa). Mattinata del 23 gennaio, in un appartamento di via Tirolo, rione Commenda, Brindisi. Gerri Ettore, di anni 57. Originario della provincia di Brescia, imprenditore, ex muratore, capelli corti impomatati, fisico prestante e ben curato, separato dalla moglie che gli aveva dato i figli Tania, di anni 32, e Matteo, di anni 27, viveva a Milano nel suo lussoso appartamento di via Sottocorno. Una passione per le macchine di grossa cilindrata, i locali alla moda e le belle donne, girava in doppiopetto col fazzoletto nel taschino e il portafoglio pieno di contanti. Deciso a spassarsela senza più lavorare, di recente aveva ceduto al figlio le sue quote dell’impresa edile Maxim. Lunedì scorso cenò con una fascinosa signora e alcuni amici in un ristorante di viale Romagna, a fine serata parcheggiò in garage la sua Mercedes 500 da 90 mila euro e s’avviò verso casa. Mentre camminava qualcuno gli sparò due proiettili alla schiena, quindi s’accostò al corpo accasciato a terra e puntò la pistola alla testa trapassando l’occhio sinistro. Intorno alle 11.30 di lunedì 15 marzo, davanti a un garage di via Fiamma, nel centro di Milano. Narducci Nadia, di anni 51. Commessa in un alimentari, bella, gentile e sorridente, mai un capello fuori posto. Due figli grandi, era sposata a un Fellone Luciano di anni 58, ex carrozziere disoccupato che guadagnava qualche soldo con lavoretti occasionali da idraulico o elettricista. Pratiche di divorzio avviate da mesi, i due abitavano ancora insieme ma da qualche tempo lui assillava la consorte con continue scenate di gelosia. Due domeniche fa, il sugo a bollire sui fornelli, le verdure cotte già in tavola, la Narducci sentì il marito arrivare in cucina. Fece per girarsi ma lui con una roncola le squarciò la gola, quindi s’accanì sul cadavere con altri cinque colpi tra il torace e l’addome. Subito dopo corse sul terrazzo, si sfilò le scarpe e il maglione e volò per dieci metri atterrando sul pianerottolo del portoncino d’ingresso. Poco prima delle 13 di domenica 14 marzo, al secondo piano di una casetta a schiera, in via Trecate 42, Casalotti, Roma. Petters John Thomas, di anni 22. Studente americano del Minnesota, mite, mingherlino, educato, figlio del miliardario Thomas, industriale con l’hobby della filantropia. Un amore per le belle arti, in vacanza a Firenze, giorni fa volle divertirsi in discoteca con l’ex compagna di scuola Anne. Verso le tre di notte i due presero a girovagare per la città, a un certo punto videro un’auto che entrava nel giardino di una villetta e storditi dall’alcol la seguirono. La ragazza alla guida, una Raugei Beatrice di anni 27, si spaventò, tentò invano di cacciarli, chiese aiuto al padre Alfio, di anni 54. Costui l’afferrò per un braccio trascinandola verso casa, il Petters, non capendo una parola, immaginò un’aggressione e saltò al collo del Raugei. I due si rotolarono nell’erba finché l’uomo estrasse un coltello dalla tasca e lo affondò più volte nel corpo del ragazzo. Poco dopo le 4, nella notte fra domenica 14 e lunedì 15 marzo, in una villetta stile liberty con parco, in viale dei Poggi, a Firenze. Zennaro Angelo, di anni 69. Lombardo, pensionato, una moglie domestica a ore, due figli: Emanuele, di anni 27, cameriere in una pizzeria, e Ferdinando, di anni 41, invalido civile dopo un’operazione al cuore, disoccupato. Petulante e brontolone di natura, ogni giorno Zennaro tormentava Ferdinando dandogli del fannullone, e quello ogni giorno gli urlava che un lavoro proprio non lo trovava. Lunedì scorso il vecchio uscì per incassare la pensione, al rientro il figlio gli chiese qualche soldo, lui disse di no, ”che a ciondolare in casa non si guadagna nulla”. L’altro, stufo delle solite chiacchiere, lo trascinò a spintoni in bagno e gli strinse la gola finché non smise di respirare. Verso le 9 di lunedì 15 marzo, al secondo piano di una dignitosa palazzina in via Cattaneo, centro storico di Pavia.