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 2005  dicembre 07 Mercoledì calendario

L’intreccio Lodi-Bologna. Il Sole 24 Ore 07/12/2005. Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Unipol, sono finora usciti indenni da qualsiasi polemica, mediatica o giudiziaria, sulla natura dei loro rapporti con Gianpiero Fiorani

L’intreccio Lodi-Bologna. Il Sole 24 Ore 07/12/2005. Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Unipol, sono finora usciti indenni da qualsiasi polemica, mediatica o giudiziaria, sulla natura dei loro rapporti con Gianpiero Fiorani. Al Sole-24 Ore risulta però che potrebbero trovarsi presto a dover spiegare alcuni possibili frutti di quell’amicizia. Frugando nei conti della Banca Popolare Italiana, gli ispettori della Banca d’Italia e la Procura di Milano hanno infatti scoperto plusvalenze "meritevoli di approfondimento" su svariati conti aperti presso la banca di Lodi da personaggi legati a Fiorani. Si tratta in alcuni casi di conti nominativi, di cui quindi l’identità degli intestatari è chiara. In altri casi di conti di fiduciarie. In altri ancora di conti nominativi poi trasferiti a fiduciarie. L’operatività inizia nel 2001 e prosegue fino al 2005. Le plusvalenze sono su alcuni conti di cifre ridotte - alcune decine di migliaia di euro - e su altri fino a decine di milioni di euro. Consorte e Sacchetti appartengono a questa seconda categoria. "Questa storia è piena di pasticci, ma tra i tanti pasticci questo è uno dei più significativi", spiega una persona a conoscenza dei fatti, che chiede l’anonimato. Contattato telefonicamente dal Sole-24 Ore, il presidente di Unipol ha invece minimizzato. "Quelle sul mio conto sono operazioni di trading azionario che risalgono al 2001 e 2002. Non hanno nulla a che vedere né con l’AntonVeneta, né con la Bnl, né tantomeno con la Lodi. Noi con la Lodi, sia come azienda che come persone, non abbiamo fatto mai nessuna operazione, neanche una", risponde Consorte, dimenticando forse il prestito personale di quattro milioni di euro concessogli dalla banca di Fiorani a dicembre del 2004. In questo caso comunque non si parla di prestiti. Bensì di operazioni speculative apparentemente a rischio zero. Almeno da un’analisi iniziale, da quelle transazioni non risulta infatti essere mai venuta alcuna perdita. Solo profitti. Possibile che a Lodi fossero rusciti a inventare un nuovo prodotto finanziario, la speculazione no-risk? Quando chiediamo a Consorte come spiega il fatto che quelle sue attività di trading del 2001 e 2002 non abbiano mai registrato alcuna perdita, la sua risposta si limita a un no comment. Consorte ci tiene a chiarire di essere sempre stato lui e non la Lodi a decidere quali investimenti fare. "Le indicazioni sulle operazioni da fare le davo io. Era una gestione amministrata. Non c’è proprio nessun collegamento (con la Lodi), dice. Quando facciamo notare che le stesse operazioni risultano essere state fatte anche da Sacchetti, la risposta è pronta: "Le abbiamo sempre fatte insieme. Operavamo insieme. Ma era tutto regolare". Un’altra apparente anomalia sulla quale chiediamo spiegazioni a Consorte riguarda il suo conto presso la Lodi. Come ha fatto notare ieri Il Sole-24 Ore, quel conto nominativo risulta infatti essere stato chiuso nel luglio del 2003. Eppure nella contabilità della Popolare Italiana ci sono transazioni e plusvalenze accreditate a Consorte che invece risalgono anche a quest’anno. "Il conto è sempre stato il mio. A un certo punto è stato intestato a una fiduciaria. Ma per non apparire, per problemi di riservatezza". Col passaggio dal conto nominativo a quello intestato a una fiduciaria, Consorte cambia anche tipo di operatività. Dopo molti mesi di inattività, nel gennaio del 2005 si butta in un terreno prima mai solcato: quello del trading di derivati. Agli inizi del 2005 risulta infatti incassare circa due milioni di premi dalla vendita di opzioni. "Le disposizioni di vendere quelle opzioni put le ho date io a Boni (il direttore finanziario di Bpi. ndr). Gli ho detto io di vendermi i put", dice. Quando gli chiediamo come mai abbia deciso di avventurarsi improvvisamente in un attività del tutto nuova, Consorte spiega di essersi limitato a seguire le diverse strategie di investimento decise dalla stessa Unipol alla fine del 2004 dopo "analisi molto approfondite". Ma a scegliere quel genere di transazioni sulle opzioni non furono solo lui e Sacchetti. Alcune settimane orsono, mentre analizzavano il sistema contabile della Popolare Italiana, gli ispettori della Banca d’Italia di base a Lodi hanno notato un numero insolitamente alto di operazioni equivalenti su più conti. Gli ispettori hanno ritenuto opportuno informare di queste loro rilevazioni Nicola Stabile, il capo del gruppo ispettivo del Servizio di Vigilanza, il quale si presuppone abbia poi riferito al suo diretto superiore a Roma, Ciro Iorio. Ma ancora più interessata della Banca d’Italia sembra essere la Procura di Milano che, dopo aver accertato l’esistenza di queste transazioni, ha disposto una serie di approfondimenti intesi a spiegarne la natura. Una delle anomalie notate è che i clienti di Lodi incassavano i premi della vendita di opzioni, ma le opzioni non venivano mai esercitate dall’acquirente perché out of the money al momento della scadenza. Un’opzione il cui prezzo di esercizio è meno favorevole rispetto al prezzo di mercato del titolo sottostante è chiamata out of the money, perché il suo esercizio comporterebbe una perdita per il possessore. "Il fatto che le opzioni non vengano esercitate non è in sé anomalo. L’anomalia qui sta nel ricorso costante alla vendita di opzioni con prezzi di esercizio molto distanti da quelli di mercato, e quindi difficilmente esercitabili", spiega una seconda nostra fonte. "E’ un’operazione speculativa come tante altre. Ma non è normale come strategia di investimento prolungata. Invece qui i premi di vendita delle opzioni sono sistematicamente spalmati su più conti. Quelli dei due dirigenti di Unipol ma anche altri". Insomma, di fatto risultano essere speculazioni a successo garantito. Così garantito da far venire il sospetto agli inquirenti che si tratti di trasferimenti di denaro. O vere e proprie regalie. Claudio Gatti