13 dicembre 2005
Mendella Donatino, di anni 32. Originario di Varese, vivacchiava col suo lavoro di magazziniere a Melegnano, provincia di Milano
Mendella Donatino, di anni 32. Originario di Varese, vivacchiava col suo lavoro di magazziniere a Melegnano, provincia di Milano. Genitori divorziati, stentava a smaltire l’ingombrante eredità del padre Giorgio, di anni 51, telefinanziario caduto in disgrazia e arrestato nel ’99 dopo un crack di 400 miliardi di vecchie lire. Come se non bastasse da qualche tempo era inquieto per una storia d’amore che dava segni di stanchezza. Una domenica pomeriggio si congedò dagli amici con l’idea di fare un giro in macchina e riflettere in solitudine sui casi suoi. Presa l’austostrada Parma-mare, si bloccò con la sua Fiesta in panne sul viadotto che attraversa il fiume Taro. La polizia lo trovò turbato e senza documenti. Il Mendella raccontò che la sua ragazza l’aveva appena lasciato, poi s’allontanò telefono in mano. Gli agenti ebbero il tempo di sentire un debole «basta non ne posso più» prima di vederlo scavalcare il parapetto. Quaranta metri più avanti tornarono a galla felpa e sciarpa. Tre giorni dopo il corpo, dieci chilometri oltre. Verso le 19 di domenica 22 febbraio, località Fornovo, Parma. Un artigiano, di anni 39. Sposato, due figli, una tormentata convivenza con la malattia che lo affliggeva da mesi. Due sabati fa scese come al solito nel laboratorio sotto casa dove riparava elettrodomestici. Preso da una strana euforia iniziò a costruire una rudimentale sedia elettrica. Quand’ebbe davanti la sua creazione volle provarla. Collegò i fili al torace e inserì la spina. La mattina di sabato 21 febbraio, a Castiglion Fiorentino, Arezzo. Zunino Francesco, di anni 20. Figlio unico, viveva a Ovada (Alessandria) dove lavorava nell’azienda elettrica del padre Guido. Non s’era mai diplomato, ma continuava a frequentare una scuola di recupero per periti elettrotecnici. Passatempo preferito: suonare la chitarra nel gruppo musicale messo su con gli amici. Tre sabati fa, coi fedelissimi Morchio Andrea, Bersi Andrea, Valpondi Emanuele, tutti coetanei, e il Bozzo Mauro, di anni 28, decise di andare a Genova a sentire un concerto. Nessuno aveva un’auto e il Zunino, che due settimane prima aveva messo fuori uso la sua, esitava a chiedere quella del papà. La trattativa fu lunga ma alla fine il ragazzo la spuntò. Sulla via del ritorno, dopo una tranquilla serata di baldoria, il Zunino accartocciò la Lancia Delta rossa del genitore contro il muro della galleria Monacchi. Preso da una crisi isterica, corse fuori dal tunnel deciso a farla finita per non sentire i rimproveri del padre. Il Bersi che lo seguì, lo afferrò per le gambe mentre già quello tentava di saltare il parapetto. Poi la confusione dell’ambulanza, il Morchio che s’era rotto un polso e lussata la spalla, i vigili del fuoco, la polizia e nessuno vide più il Zunino. Fu ritrovato sui rami spezzati degli alberi d’un bosco, trenta metri sotto il viadotto Cabinino. Alle 3 di sabato 14 febbraio sull’A26 Voltri-Sempione.