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 2005  dicembre 12 Lunedì calendario

Pryor Richard

• Nato a Peoria (Stati Uniti) il primo dicembre 1940, morto a Los Angeles (Stati Uniti) il 10 dicembre 2005. Attore. «[...] ”il comico più brillante mai visto in America” secondo il commediografo Neil Simon [...] Attore di straordinario temperamento, a suo agio soprattutto nel repertorio brillante, ottenne enorme successo come spalla di Gene Wilder in Nessuno ci può fermare di Sidney Poitier (erano due guitti finiti in carcere per errore), Non guardarmi non ti sento di Arthur Hiller (lui cieco, Wilder sordo, entrambi testimoni ”olfattivi” di un delitto), Non dirmelo... non ci credo di Maurice Phillips, nel ruolo di un inarrestabile imbroglione. Ma la sua carriera - una quarantina di film, il primo fu Quattordici di guerra nel 1968, l’ultimo Strade perdute di David Lynch, del 1997 - è stata una sequenza impressionante di titoli importanti: Wagons lits con omicidi di Arthur Hiller, California Suite di Herbert Ross, Superman III di Richard Lester, Prognosi riservata di Michael Apted (1987), Chi più spende, più guadagna di Walter Hill, Il tempo dei cani pazzi di Larry Bishop. Sboccato e irriverente nei suoi monologhi sul palcoscenico, dove raccontava un mondo di personaggi ”alcolizzati, prostitute, criminali, drogati, donne, familiari che urlava nella mia testa cercando di farsi sentire”, Pryor fu un genio dell’umorismo sessuale, razziale e oltraggioso, che ha certamente influenzato comici come Eddie Murphy, Robin Williams, David Letterman, Arsenio Hall. Fu anche, all’apice della carriera, uno degli attori più pagati di Hollywood: nel 1983, ad esempio, firmò un contratto di cinque anni con la Major Columbia Pictures per 40 milioni di dollari. Eccentrico sul set come nella vita privata, con reiterati problemi di tossicodipendenza, fu anche protagonista di episodi bizzarri. Nel 1974 venne condannato a dieci anni di carcere per aver rifiutato di compilare il modulo delle tasse, nel 1978 un giudice gli ordinò assistenza psichiatrica dopo che aveva colpito a revolverate l’auto della moglie» (’la Repubblica” 12/12/2005). «Certe persone diventano miti perché hanno il coraggio di mettere il piede dove nessuno si era azzardato di andare prima. Magari tutto dipende da dove partono, tipo Richard Pryor, cresciuto nel bordello della nonna [...] Alla fine i personaggi veri che si era visto intorno da bambino sono saliti con lui sul palco, trasformandolo nel primo comico nero capace di far ridere l’America raccontando la realtà senza filtri. [...] Spiegare l’importanza di Pryor fuori dagli Usa non è facile, perché chi non vive in una società ancora segregata fatica a capire il valore della ribellione, specie quando avviene sotto forma di commedia, attraverso la caricatura del linguaggio ”slang” e del pregiudizio. Basti sapere che Richard era nato [...] a Peoria, in Illinois, nella casa dove la nonna e i genitori gestivano attività imprenditoriali come il gioco d’azzardo, il traffico di sostanze vietate, e la prostituzione. Quando era in terza media lo cacciarono dalla scuola, e quello è il massimo livello di istruzione che ha raggiunto. Come parecchi altri neri senza prospettive, Proyr si era arruolato nell’esercito ed era finito in Germania. Chiunque abbia visto un suo film fatica ad immaginarlo in divisa, come Jimi Hendrix quando era paracadutista, e infatti dopo due anni lo avevano rigettato pure i militari, perché nel corso di una rissa aveva accoltellato un collega. Così, una volta tornato in Illinois e contratto il primo di sei matrimoni, Richard aveva deciso che la sua strada era la commedia, guardando in tv Dick Gregory e Bill Cosby. Siccome il talento non è acqua, ci aveva messo poco a passare dai localini del ghetto all’Ed Sullivan Show, e in pochi anni era diventato una celebrità nazionale. Però continuava a fare l’imitazione di Cosby e non era felice. Perciò un giorno, nel 1967, scappò dal palco a Las Vegas spiegando al pubblico che ”non so cosa ci sto a fare quassù”. Era tornato dietro le quinte, aveva finalmente ascoltato le voci dei ”papponi”, le prostitute e i neri del ghetto con cui era cresciuto, per dare loro la parola. Così Pryor era diventato il mito scomodo [...] Non tutti gradivano sentirlo argomentare sul palco di ”negri”, avventure sessuali e problemi di droga. Non tutti, quando nel 1980 si ustionò sciogliendo cocaina, amavano ascoltare battute tipo ”non c’è nulla che ti renda sobrio più velocemente del fuoco”. Eppure così era, la realtà per molti, e chi aveva il coraggio di ascoltare Pryor rideva riflettendo su se stesso. Al fianco di Gene Wilder o da solo, era diventato il primo nero superpagato di Hollywood, firmando un contratto da 40 milioni di dollari con la Columbia Pictures. Ne erano venuti fuori film come Stir Crazy, Silver Streak, Which Way Is Up?, Richard Pryor Live on the Sunset Strip, e l’autobiografico Jo Jo Dancer, Your Life is Calling. Poi era stato colpito dalla sclerosi multipla ma l’aveva messa al servizio dell’arte, interpretando un malato in Chicago Hope. ”Ho inventato la commedia - diceva - senza battute”. E poi aggiungeva: ”Per essere un nero ignorante in un paese razzista, non me la sono cavata male”» (’La Stampa” 12/12/2005). «[...] La sua fortuna nasce dal jazz, come cantante e pianista di night, lo chiamarono ”il Charlie Parker della commedia”. Ed è legato alla musica, dopo il debutto come comparsa-berretto verde nel film sul Vietnam di John Wayne, il primo successo, che nel ’72 lo candidò all’Oscar: era il pianista di Billie Holliday in La signora del blues con la Ross. Entertainer tv, coevo di Letterman, cabarettista eclettico e di comicità isterica: sapeva far tesoro delle battute ma anche giocare alla comica finale (come in Plaza suite, contro i disservizi in hotel). [...] fu uno degli emergenti della nuova ondata di divi di colore. Arrivò dopo la generazione socialmente impegnata dei Poitier e prima di quella dei men in black come Will Smith, dividendo la torta del pubblico popolare con Eddie Murphy, senza curarsi del bon ton. Pur avendo lavorato con registi capaci come Furie, Pollack, Ross, il successo è legato alla coppia con Gene Wilder con cui nei ’70 interpreta, da un’idea di Arthur Hiller, best seller come Wagon lits con omicidi (il terrorizzato macchinista), Nessuno ci può fermare (il guitto), Non guardarmi non ti sento (il cieco) e Non dirmelo non ci credo. [...] per il pubblico resta l’avversario dell’infallibile Superman III, e se fu un fiasco il remake all black del Mago di Oz, la critica lo ricorda bravo operaio nevrotico in Blue collar di Schrader, forse il suo ruolo più serio e inedito» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 12/12/2005).