Varie, 12 dicembre 2005
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Mauri Luciano
• Marina di Massa 1929, Milano 9 dicembre 2005. «[...] laureato in Giurisprudenza [...] era un uomo curioso che, oltre ai libri, amava la musica leggera, il jazz, gli scacchi e la vela. Dal giugno 2005 ricopriva la carica di Presidente onorario di Messaggerie Italiane. Dopo una prima esperienza lavorativa in varie aziende di distribuzione editoriale in Europa, tra le quali la grande Hachette, nel 1963 succede al padre avvocato Umberto a capo delle Messaggerie Italiane di giornali riviste e libri S.p.A che aveva poco più di trent’anni. Nel 1977 acquista la Longanesi, casa editrice di grande prestigio ai tempi in declino, che fa rinascere affidandola alla giuda di Mario Spagnol due anni dopo, e trasformandola in breve tempo il terzo gruppo editoriale italiano (nel 1986 acquista la Guanda, nel 1987 la Salani). Nel 1983 Mauri decide di fondare, in nome del padre Umberto e della figlia Elisabetta scomparsa prematuramente, la Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri, unica nel suo genere in Europa dopo quella di Francoforte, per ammodernare il commercio dei libri in Italia. [...]» (’la Repubblica” 12/12/2005). «Benché il nonno sia stato un grande impresario teatrale, Luciano Mauri non amava la scena. Schivo, elegantissimo, appassionato di chitarra jazz, di musica leggera, di scacchi, giochi di prestigio, vela e botanica, fra i grandi editori dell’Italia moderna è stato certamente quello di cui si meno è parlato nei media. Eppure, con l’amico Mario Spagnol, ha costruito pazientemente, negli anni, il terzo gigante nazionale nel campo dei libri, quel gruppo Longanesi [...] nel ’77 [...] insieme alla Curcio, acquistò la gloriosa casa fondata da Leo Longanesi e ormai sull’orlo del collasso, la affidò a Mario Spagnol e cominciò con lui la grande avventura editoriale. Si conoscevano da tempo, erano fatti per andare insieme: Spagnol con alle spalle un ricchissimo bagaglio di esperienze editoriali, alla Mondadori e alla Rizzoli, che lo aveva visto fra li inventori degli Oscar, i tascabili che cambiarono il volto alla nostra editoria. E Luciano Mauri, già alla guida delle Messaggerie, la più importante organizzazione italiana nel campo della distribuzione libraria, che aveva ereditato dal padre scomparso nel ’63, trovandosi piuttosto giovane, nel ruolo non facile di capofamiglia. I Mauri erano già una dinastia. Dopo la morte di Achille, che a Roma aveva costruito l’Eliseo e a Milano il Trianon, grande amico di Petrolini al punto di ospitarne la salma nella tomba di famiglia, si erano trasferiti a Milano dove Umberto, il figlio, aveva sposato la sorella di Valentino Bompiani e si era messo a lavorare per Arnoldo Mondadori. Si occupava di distribuzione, e dopo la guerra acquistò per sé la società di cui era amministratore, cioè le Messaggerie. Ma fu Luciano a fare il grande passo: applicando la strategia già impiegata con successo nella società di famiglia, puntò sulla moltiplicazione delle società, e cioè su tanti marchi editoriali dotati di una buona autonomia. [...] Ma il nome di Luciano Mauri è legato anche a un’altra realizzazione, questa senza aspetti commerciali, di notevole importanza nel mondo del libro: la ”Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri”, fondata nell’83, il cui scopo è appunto quello di formare librai d’eccellenza, mettendo a contatto tutte le tecnologie e le idee nuove legate al commercio dei libri, alla gestione delle librerie, alla distribuzione. Ogni anno a gennaio i seminari che si tengono a Venezia sono diventati non solo un luogo di studio ed elaborazione di idee ma anche un appuntamento culturale di respiro internazionale, che hanno visto passare alla Fondazione Cini tutti i protagonisti della cultura e dell’editoria» (Mario Baudino, ”La Stampa” 12/12/2005). «[...] Nella primavera del 1980, la casa editrice Longanesi, da poco diretta da Mario Spagnol, stava per lanciare un autore destinato a diventare in brevissimo tempo uno dei suoi cavalli di battaglia. Era Wilbur Smith, scrittore di avventure già pubblicato in Italia da Garzanti e da Mondadori, ma senza nessun risultato apprezzabile. Il romanzo Come il mare, portato in casa editrice da Elena Spagnol, andò in libreria senza nessuna delle tradizionali promozioni pubblicitarie (nemmeno le copie omaggio inviate ai critici, ricorda Mario Biondi, primo lettore del libro e suo entusiasta sostenitore: all’epoca, dice, in Longanesi non giravano troppi soldi). L’unica cosa approntata fu un grande gadget da vetrina, un cartonato con le onde del mare in movimento e su cui, dondolando, si appoggiava il volume. L’idea era di Luciano Mauri, patron delle Messaggerie Italiane e dal 1977 azionista di maggioranza della Longanesi: una semplice trovata che assicurò, grazie anche alla disponibilità dei librai, il decollo del libro e l’inizio dei successi commerciali della rinnovata casa editrice. Nell’80 Luciano Mauri aveva 51 anni. Dal ’63 era succeduto al padre Umberto nel governo della più importante impresa di distribuzione libraria indipendente in Italia.Conla Longanesi (prestissimoavviata a diventare un gruppo insieme con Guanda, Corbaccio, TEA, Salani, Ponte alle Grazie e, dallo scorso ottobre, con la recente acquisizione di Garzanti, costituitasi come GEMS, il terzo polo editoriale italiano dopo Mondadori e Rizzoli), Mauri diventava anche editore, concretizzando così l’intensa passione per i libri di tutta una vita. Nipote di Bompiani (la madre era una sorella del grande Valentino), sempre presente nella villa di Lerici dove si davano appuntamento i migliori scrittori e intellettuali italiani e stranieri, Mauri conosce proprio su quel mare Mario Spagnol, che ha un anno meno di lui. Lo zio Bompiani s’interessa subito a quel ragazzo che studia filosofia e parla di Heidegger: lo vuole con sé. Da lì, Spagnol sarebbe passato alla Feltrinelli, alla Mondadori e alla Rizzoli. Naturale che Mauri, amico di tante estati e grande protagonista del commercio dei libri, chiamasse proprio Spagnol a risollevare la casa editrice fondata da Leo Longanesi ma ormai in gravi condizioni economiche. Insieme, per vent’anni,Mauri e Spagnol producono una serie impressionante di bestseller: oltre a Smith, ci sono Il profumo di Patrick Suskind e La storia infinita di Michael Ende. Intanto Guanda, grazie a Luigi Brioschi, si rinnova con le storie audaci di Aline Reyes (Il macellaio) e Almudena Grandes (Le età di Lulù), prima di imboccare i due fortunatissimi filoni dei nuovi sudamericani (Sepulveda) e dei giovani narratori anglo-irlandesi (Hornby, Doyle, Welsh). Anche le altre case del gruppo sfornano successi a ripetizione, Corbaccio con il Celestino new age di James Redfield, Salani con il longseller Roald Dahl e finalmente con Harry Potter, mentre Longanesi diviene la casa editrice di Tiziano Terzani. Questa politica del mantenimento delle identità diverse dei vari marchi editoriali risale proprio alla collaborazione stretta fra Mauri e Spagnol (si sarebbe interrotta solo nel ’99, con la morte di Spagnol). Ciascuno dei due convinto che un gruppo è forte solo se i singoli componenti conservano e sviluppano le proprie potenzialità, invece di annegare in una gestione centralizzata e omogeneizzante. Grande conoscitore delle librerie, Mauri sapeva bene l’importanza per il lettore del fattore fedeltà, ovvero la fedeltà a un marchio editoriale riconoscibile e affidabile. Sapeva, è vero, anche che il mondo dei libri non può sottrarsi alla sfida delle innovazioni, tecnologiche e dimarketing, ma sempre raccomandava un assennato equilibrio fra produzione e promozione, fra qualità e quantità. Scena per i suoi interventi, ed espressione compiuta delle sue idee, è stata la Scuola per librai che Luciano Mauri fonda nel 1983, intitolandola al padre Umberto e alla figlia Elisabetta (sua collaboratrice, grazie a lei la Sellerio entra nel numero delle case editrici distribuite dalle Messaggerie) scomparsa due anni prima in un incidente d’auto. [...] Luciano Mauri è sempre stato un grande ottimista. Anche quando le librerie accusavano momenti di crisi e di recessione. Episodi da cui, diceva, si dovevano prendere insegnamenti: per esempio a non basare tutto sulla politica del bestseller a ogni costo (che poi lascia dietro di sé terra bruciata), o a cedere alla tentazione di ripetere la formula di successo fino alla saturazione. [...]» (Ranieri Polese, ”Corriere della Sera” 12/12/2005).