9 dicembre 2005
Deni Giuseppe, di anni 32. Calabrese, sposato, due figli, qualche precedente per droga, viveva da tempo a Milano
Deni Giuseppe, di anni 32. Calabrese, sposato, due figli, qualche precedente per droga, viveva da tempo a Milano. Passò l’intero pomeriggio di sabato 17 a gozzovigliare con tre compaesani in una villetta di Lazzate, Monza. Quando si fece l’ora di tornare a casa salutò tutti e cominciò ad attraversare a falcate il giardino, verso l’auto. Era a metà del tragitto quando fu centrato da un paio di proiettili. Krahenbul Patricia Gabriela, di anni 33. Svizzera, bella donna biondo cenere, dolce di carattere, cinque anni fa aveva deciso di metter su famiglia e vivere a Francavilla sul Sinni, Potenza. Sposata al pressoché disoccupato Ciancia Giovanni, due figli, aveva un impiego come cameriera nell’agriturismo Agrifoglio, in contrada Bruscata, novecento metri d’altezza sulla sponda destra del fiume Sinni. Nel pomeriggio di sabato 17 si recò in furgoncino a consegnare alla polizia le schede dei venti ospiti della pensione, poi al centro commerciale, per fare rifornimento d’acqua minerale e bevande. L’aiutò a caricare le casse un Sarubbi Carmine, di anni 26, macellaio. Costui, da tempo spasimante dichiarato, tentò ancora di accalappiarla. La Krahenbul gli ripetè d’aver marito, figli e nessun desiderio d’esser sedotta. Aggiunse pure che il suo cellulare sarebbe stato sordo a eventuali chiamate. Poi s’allontanò. Il Sarubbi tornò precipitosamente a casa. Cacciatore provetto, scelse uno dei suoi quattro fucili e prese due cartucce. Indi si recò all’agriturismo e, nonostante la pioggia copiosa, s’appostò in un angolo del giardino e attese, l’arma puntata verso la porta. Quando infine la Krahenbul fece per aprirla, le sparò alla nuca: il colpo però andò a vuoto. Si fece allora ancora più vicino e provò ancora, stavolta con successo. Langè Giuseppina, di anni 72. Vedova, viveva vicino a Milano insieme con la figlia, Facheris Maria, di anni 40, operaia in un maglificio, il genero, Squartecchia Daniele, di anni 45, ex guardia giurata con presente da autista occasionale, e la nipote di anni 17. Sana e autosufficiente, cercava di non pesare sui familiari e anzi talvolta dava una mano in casa. Alle 8 di lunedì scorso lo Squartecchia uscì per accompagnare a scuola la ragazza. Rimasta sola, la Facheris puntò una pistola contro la madre e le sparò per due volte alla schiena, senza preavviso. Poi si strinse la pistola al cuore e s’ammazzò. In una villetta bianca alla periferia di Robecchetto con Induno, Milano. Mari Massimo, di anni 49. Infermiere al nuovo Regina Margherita di Roma, detto Pantani dai colleghi per la sua passione per la bicicletta, sposato, una figlia di anni 18. Specialista in chirurgia laparoscopica, computer e macchinari, assai richiesto dai medici, da mesi frequentava una collega, Vanzolini Isabella, di anni 36, infermiera strumentista. Costei aveva da tempo rotto col marito, Valente Ettore Cesare, di anni 39, guardia giurata, ma continuava a divider la casa con lui, forse per non dispiacere alle figlie di 6 e 10 anni. Il Valente, pur rassegnato a non avere più controllo sulla vita della moglie, all’apparire del Mari s’era tuttavia irrigidito. Con l’intensificarsi delle uscite, il dispetto s’era tramutato in gelosia. Ritenendo ormai che lui l’avesse sedotta, nella serata di sabato s’appostò sotto casa propria ad attender la fedifraga, il rivale e le due figlie di ritorno da una cena. Li vide arrivare a bordo di una Punto: attese che scaricassero la spesa, poi si palesò, impugnando una pistola. Il Mari, appesantito dalle buste, cominciò una frase e fu zittito da tre proiettili, che lo colpirono alle gambe e al cuore. La Vanzolini tentò di rianimarlo con un massaggio cardiaco. Medico Anna, di anni 68. Pugliese, un marito finanziere sepolto da un decennio, aveva trovato consolazione in Fedele Pietro, di anni 53. Vivevano insieme a Monopoli, coi soldi che lui ricavava da terreni e un’azienda turistica in località L’Assunta. Non avendo l’obbligo del guadagno, quasi ogni giorno si recavano nella casa di campagna ad accudire gli amati cani e spesso restavano lì a mangiare pesce arrostito. Avevano passato il capodanno a Cuba e già parlavano di andare a sciare. Ciononostante lunedì scorso il Fedele puntò contro la Medico dormiente uno dei suoi cinque fucili e le sparò, per uccidersi poco dopo. In una palazzina al secondo piano del civico 7 di via tenente colonnello Camicia, Monopoli, Bari. Spatafora Vincenzo, di anni 46. Catanese, sposato, due figli, aveva l’abitudine di parcheggiare davanti alla casa del suo vicino, Di Pietro Filadelfo, di anni 88, ex custode del cimitero. Nella mattina di giovedì 15 costui s’affacciò alla finestra, constatò che lo Spatafora aveva ripetuto l’affronto e decise d’averne abbastanza. Scese dunque in strada, l’insultò e gli sparò per tre volte col fucile.