9 dicembre 2005
Caracciolo Carmela, di anni 81. Sposata con Liparulo Francesco, di anni 82, ex commerciante, due anni fa si era ripresa in casa il figlio Liparulo Luciano, di anni 56, insegnante in pensione, due figlie, appena separato dalla moglie
Caracciolo Carmela, di anni 81. Sposata con Liparulo Francesco, di anni 82, ex commerciante, due anni fa si era ripresa in casa il figlio Liparulo Luciano, di anni 56, insegnante in pensione, due figlie, appena separato dalla moglie. L’altra sera costui, forse per questioni di denaro, piombò a piè pari sul suo letto brandendo un fucile. Lei, dormiente, fece appena a tempo a svegliarsi quando fu freddata da un colpo al torace. Il marito fu più veloce: destinatario del secondo proiettile, fece uno scatto e fu ferito alla spalla. Il figlio si drizzò di nuovo sul letto, si puntò la canna al petto e sparò, riuscendo solo a entrare in coma. Poco dopo le 22 di lunedì scorso, in una palazzina sul corso di Alvignano, piccolo centro agricolo in provincia di Caserta. Crippa Enrica, di anni 51. Ex operaia, faceva la commessa in una merceria di Viganò Brianza, paesino di 1800 anime e moderato benessere in provincia di Lecco. Negli ultimi tempi, senza trascurare la quotidiana visita in chiesa, aveva vigilato sulla dieta di suo marito, Zoia Fausto, di anni 56, ragioniere commercialista, donatore di sangue, suonatore di basso tuba nella banda, volontario della Croce bianca e guardia ecologica. Costui, detto in paese Faustino in onore ai suoi 120 chili di media, ne aveva dovuti perdere 35 per via del diabete che in pochi mesi l’aveva costretto ad abbandonare le passeggiate col bastardino Black in favore del bastone con cui strascicava una gamba candidata all’amputazione. Di leggendario umorismo, non aveva perso il gusto alla battuta e quando il medico gli aveva consigliato movimento, si era comprato un motorino. Era tuttavia un po’ più stretto nelle spalle e meno allegro. Alle 7 e 37 di domenica 11, forse dopo una notte insonne, prese la propria pistola e s’avviò verso l’ingresso di casa. Entrò nella prima camera sulla sinistra, dove dormiva suo figlio Zoia Enrico Maria, di anni 19, studente in ragioneria, reduce da una serata a ballare al ”Daytona” di Olgiata Molgora. Lo ammirò un attimo che dormiva e gli sparò alla tempia. Uscì per infilarsi nella stanza appresso, dov’era l’altro figlio, Zoia Filippo Maria, di anni 26, il secondo nome in onore alla Madonna come suo fratello, da tre giorni laureato in ingegneria con una cravatta piuttosto vistosa e la madre in pelliccia, in procinto di partire verso il suo primo lavoro, a Catania. Costui, immerso nel sonno dopo aver passato la serata in parrocchia a recitare ne La casa del buon riposo, in dialetto brianzolo, ebbe un proiettile in testa prima di potersi infilare le pantofole. Il ragionier Zoia uscì di nuovo in corridoio. Fu sfiorato dal corpo della moglie che fuggiva in pigiama verso la porta. Le sparò per due volte. Una andò a segno. Si sedette infine sul divano del salotto, si premette la pistola contro la tempia e lasciò andare il grilletto. In un appartamento in affitto, tre camere, sala e angolo cottura, ricavato da una cascina color ocra ristrutturata e divisa in quattro, facciata caratterizzata da un’immagine della Madonna con la scritta ”Madre di Dio, dacci la pace”. Minì Caterina, di anni 36. Lunghi capelli spesso tirati sulle tempie e stretti in una coda alta, sopracciglia regolari divise dalla larga base del naso, labbra carnose e truccate. Figlia di una nobildonna e di un preside, era medico chirurgo con contratti a termine al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria degli Ungheresi di Polistena, Reggio Calabria. Assidua nel coro della chiesa, fiera di carattere, brigava assai per portare avanti il suo matrimonio. Da sette anni era sposata con un suo ex compagno d’università, Cupiraggi Raffaele, di anni 39, odontotecnico. Una relazione puntellata di liti, vicina alla fine secondo i parenti, culminata in una denuncia per maltrattamenti che la Minì aveva poi ritirato. Nel tardo pomeriggio di lunedì scorso, finito il turno, tornava a casa a piedi quando s’imbatté nel marito che usciva da una sala giochi. Lei lo rimproverò per quella costosa abitudine. Ne nacque una discussione cui partecipò tutto il vicinato. Le urla proseguirono anche a cena, poi la Minì proclamò che andava a dormire e si port:ò appresso il figlio, Flavio, di anni 5. Dopo qualche minuto il Cupiraggi si presentò nella camera, brandendo una pistola. Lei spaventata telefonò alla madre. Mentre le sorelle correvano in suo aiuto, il marito l’uccise con un colpo al cuore. Poi s’avvicinò al letto dove dormiva il pargolo e fece fuori pure lui. Infine si puntò la pistola alla testa e s’ammazzò. In un appartamento al secondo di tre piani d’una palazzina senza pretese nel centro di Polistena, nella piana di Gioia Tauro.