9 dicembre 2005
Questione d’oriente Foglio dei fogli 15/12/2003 Una legge è indispensabile per proibire il velo islamico e tutti i simboli religiosi nelle scuole
Questione d’oriente Foglio dei fogli 15/12/2003 Una legge è indispensabile per proibire il velo islamico e tutti i simboli religiosi nelle scuole. La pensa così la commissione di 20 saggi insediata da Jacques Chirac. Con tutta probabilità, dopodomani "il presidente farà sua questa conclusione e annuncerà solennemente il varo di un provvedimento legislativo. Ma per evitare che questa scelta appaia come una penalizzazione delle religioni minoritarie, la commissione ha invitato il governo a dichiarare giorno festivo nelle scuole le principali feste ebraica (Yom Kippur) e musulmana (Aid-el-Kebir), una vera e propria novità per i paesi occidentali" (Giampiero Martinotti, ”la Repubblica” 12/12/2003). "La ”neutralità” del servizio pubblico - ad esempio negli ospedali - dovrà essere garantita, ma verrà lasciata discrezionalità nei regolamenti dei luoghi di lavoro, per quanto riguarda l’abbigliamento. Un segnale di apertura quindi, non di proibizionismo. Una proposta di legge che riafferma le basi laiche della società francese, ma tiene conto che questa società è cambiata e che vi devono trovare posto e rispetto altre culture, religioni, identità. Potrà sembrare un artificio verbale, un compromesso nel segno dell’ipocrisia o della prudenza, un’enunciazione di principi che non esclude eccezioni, ma il responso dei saggi francesi sulle laceranti questioni della laicità, dei simboli religiosi e della tolleranza è davvero lo specchio del possibile, l’unica strada per evitare rimedi peggiori della malattia. Ed è anche una reazione di buon senso, a tanto scandalismo e clamore" (Massimo Nava, ”Corriere della Sera” 12/12/2003). Stati giacobini. "L’intenzione iniziale di Chirac era evidente: trovare il modo, nel quadro democratico, di disciplinare le spinte islamiche, tendenti al fondamentalismo, senza urtare la comunità musulmana che oscilla tra i quattro e i cinque milioni. Ed è la più numerosa dopo quella cattolica. [...] Una comunità non facile da integrare, perché in larga parte socialmente emarginata, oggetto di pregiudizi razzisti ed economicamente fragile. Una componente della nazione che frena, ostacola il tradizionale assimilazionismo francese, e spinge verso quel comunitarismo anglosassone che lo Stato giacobino paventa e combatte. Un comunitarismo che già sprigiona veleni: in particolare un antisemitismo, in superficie ispirato dal conflitto israelo-palestinese, da parte degli arabi provenienti dal NordAfrica nei confronti degli ebrei, spesso arrivati dagli stessi paesi" (Bernardo Valli, ”la Repubblica” 12/12/2003). Laicité de combat. "Per Chirac e per il Parlamento (che si è pronunciato con la ”missione” Debré in favore di una legge del genere) la vera sfida è l’atteggiamento dei diretti interessati. Con una lettera al Capo dello Stato (9 dicembre) le Chiese cristiane hanno riaffermato la loro opposizione a una legge che vieti i simboli religiosi nelle scuole: le difficoltà non si risolvono legiferando, e il dibattito politico in corso induce a pensare che si sia tornati all’antica laicité de combat. Anche il presidente del Consiglio islamico, il Gran Rabbino di Francia e il presidente del Consiglio ebraico si sono pronunciati nello stesso senso. Il rischio che riprendano le tensioni tra la Francia religiosa e la Francia laica non è da sottovalutare. Portare in Parlamento una legge, integrabile e modificabile da parte delle forze politiche, potrebbe non solo mettere in crisi gli equilibri realmente raggiunti dalla Commissione presidenziale, ma aprire il vaso di Pandora della generale condizione giuridica dei culti in Francia" (Francesco Margiotta Broglio, ”Corriere della Sera” 12/12/2003). Liberté, égalité, laicité? Lo storico francese Max Gallo: "Al di là della questione della laicità, il tema fondamentale, a cui la Commissione guidata da Bernard Stasi dà una risposta importante, è se vogliamo oppure no una eguaglianza tra donne e uomini, vogliamo o no che una persona possa scegliere liberamente la sua vita anche per ciò che concerne il rapporto con la religione. Sbaglia chi interpreta questa proposta come un attacco alla libertà religiosa. vero l’esatto opposto: ciò che si vuol determinare è proprio la libertà della persona di potersi formare una coscienza civica e religiosa" (Umberto de Giovannangeli, ”l’Unità” 12/12/2003). Il Belgio ha deciso di non scegliere. Il governo, richiamandosi anch’esso alla laicità dello Stato, procede con prudenza seguendo la legislazione nazionale: l’uso del velo a scuola non è vietato e si lascia ciascuno libero di scegliere. La situazione è congelata al 2002, quando il Consiglio di stato si dichiarò incompetente in materia di uso del velo a scuola e il Centro per l’uguaglianza delle opportunità affermò "l’impossibilità giuridica di prendere una decisione in materia" (’Ansa” 12/12/2003). In Germania qualcosa si muove. A novembre il Baden-Wuerttemberg e la Baviera, entrambi guidati da governi conservatori, sono stati i primi Laender tedeschi a preparare leggi sul divieto per le insegnanti musulmane di portare il velo islamico a scuola. L’annuncio è giunto sulla base di quanto deciso il 24 settembre dalla Corte costituzionale che - in una disputa aperta da una insegnante islamica residente proprio nel Baden-Wuerttemberg a cui era stato impedito di indossare il velo in classe - aveva decretato per la donna una vittoria a metà. L’Alta Corte aveva stabilito che recarsi a scuola e fare lezione in classe col chador è possibile, ma che spetta ai singoli Laender decidere se vietarlo o meno con apposite nuove leggi (’Ansa” 11/11/2003). "Il problema, per noi, non esiste", dicono al ministero della Pubblica istruzione italiano. "Crocifisso, velo islamico e kippah ebraica: nessun provvedimento allo studio, non un caso che abbia attirato l’attenzione degli esperti, se si esclude, ovviamente, ciò che accadde nella scuola media di Ofena, in Abruzzo" (Fabrizio Roncone, ”Corriere della Sera” 12/12/2003). Il dibattito europeo si arricchisce in Spagna. "’Le donne? Vanno picchiate, come indicano il Corano ed il suo profeta Maometto da 14 secoli, in modo islamicamente corretto”. Parole di Mohamed Kamal Mostafa, 43 anni, imam di Fuengirola (Malaga) dal ’92, riportate nel suo libro La mujer en el Islam [è sotto processo a Barcellona per istigazione alla violenza]. Il testo, che risale al ’97, è inquietante. Un intero capitolo è dedicato alle percosse alle donne. Una specie di decalogo introdotto da un consiglio: ”Far soffrire psicologicamente, non umiliare né maltrattare fisicamente”. Anche se poi lo strumento da utilizzare è da tortura: un bastone sottile e leggero, utile per colpire anche da lontano. Dove? Solo nelle mani e nei piedi, le uniche parti oltre al volto che le donne credenti in Allah lasciano trasparire dai loro ”chador”. Il vademecum del supplizio continua spiegando che non bisogna mai colpire alla cieca, troppo forte, o con ”furia esagerata” per evitare di provocare ”traumi pericolosi”. E neppure si devono lasciare cicatrici e ematomi" (Gian Antonio Orighi, ”La Stampa” 12/12/2003). In realtà il problema dell’islam è Berlusconi. "Arrivo in redazione, via fax, del decalogo dell’imam di Fuengirola (Malaga) su come picchiare le donne. Lettura collettiva. Domanda di giornalista entrata in ritardo: ”Cos’è, una nuova legge della Casa delle Libertà dopo la fecondazione assistita?”. Risposta di collega presente dall’inizio: ”No, per islamizzare l’Occidente decadente ora gli imam si propongono come icone sadomaso”. Commenti, parolacce, interventi politicamente corretti; qualcuna dissente, dice che è roba sexy. Replica, non insensata: ”Può essere sexy per te, tu puoi scegliere o no di farti menare da un imam o da chi ti pare. il bello delle società democratiche avanzate, baby”. Segue polemica su se l’Italia sia avanzata e/o democratica" (Maria Laura Rodotà, ”La Stampa” 12/12/2003). La modernizzazione dell’ultima risorsa. Kamal, grande e grosso, ama vestire in modo elegante all’occidentale e si definisce "femministicamente corretto". "Difende il suo libro sottolineando che ”le sue frustate scritte” sono tratte rigorosamente dalla Sunna, la dottrina che interpreta il Corano a partire dalle 19 ”Fonti”, ossia Maometto, gli antichi savi e i loro discendenti. ”Io in realtà sono un difensore della uguaglianza tra uomo e donna, il mio è solo un testo scientifico che cerca di modernizzare l’Islam. Ma non posso non riportare ciò che contempla il Corano, perché sarebbe un’eresia”". Riceve sostegno dall’imam di Valencia, Abdul Majid Rejab. E anche il leader spirituale della Moschea di Barcellona, Abdelaziz Hasan, spiega: "In caso di cattivo comportamento delle femmine, prima bisogna usare le buone. Picchiare è l’ultima risorsa. Lo dicono i testi coranici" (Gian Antonio Orighi).