9 dicembre 2005
Questione d’oriente Foglio dei fogli 10/11/2003 Che tempo fa? Il 3 novembre la Commissione europea pubblica un sondaggio di Eurobarometro su Iraq e pace nel mondo
Questione d’oriente Foglio dei fogli 10/11/2003 Che tempo fa? Il 3 novembre la Commissione europea pubblica un sondaggio di Eurobarometro su Iraq e pace nel mondo. Secondo il 59 per cento dei 7.515 europei interpellati, Israele è la maggior minaccia alla pace nel mondo. Seguono Iran, Corea del Nord e Usa. Il ministro della Diaspora israeliano, Nathan Chtcharansky: "La Ue dovrebbe cessare il lavaggio del cervello con cui demonizza Israele" (’Internazionale” 7/11/2003). Richler. "Il mondo va alla rovescia, diciamocelo. Se bevi come una spugna cosa sei? Un malato. Prendi un fucile e fai saltare le cervella ai tuoi genitori, come quei due ragazzi in California, e di cosa hai bisogno? Di comprensione. Sgozzi tua moglie e ti assolvono perché sei nero, scusa, volevo dire afroamericano. Sei omosessuale e trovi ovvio essere sposato dal rabbino, anzi lo pretendi. Una volta quello era l’amore che non osava dire il proprio nome, ma oggi c’è qualcos’altro che non osa mostrare il suo volto, e indovina cos’è? L’antisemitismo" (Mordecai Richler, La versione di Barney, Adelphi). Abitudini. "Sono diversi secoli che in Europa (e dintorni: dalla Russia all’America), quando le cose si mettono male, non si capisce più dove buttano, cosa sta succedendo, si tende a dar la colpa agli ebrei (o comunque all’altro, al diverso, allo straniero, all’immigrato). Succede nei momenti di maggior confusione, cambiamento e ansia per il futuro" (Siegmund Ginzberg, ”l’Unità” 4/11/2003). Transfert. "L’idea fondamentale dell’antisemitismo, oggi come sempre, è che gli ebrei abbiano un animo perverso che li rende diversi e inadatti, in quanto popolo moralmente inferiore, a diventare membri regolari della famiglia umana. Ora questa ideologia dell’Untermensch si è estesa a Israele in quanto Stato ebraico: un’entità straniera, separata, diversa, fondamentalmente malvagia, la cui esistenza nazionale viene lentamente ma inesorabilmente svuotata di significato e privata di giustificazione. Israele, proprio come il classico ebreo cattivo, non ha, secondo l’antisemitismo contemporaneo, diritto di nascita, ma è macchiato da un peccato ”originale” commesso contro i palestinesi [...] La caricatura dell’ebreo malvagio si è trasformata nella caricatura dello Stato malvagio. E ora il tradizionale ebreo col naso aquilino imbraccia un’arma e si diverte a uccidere i bambini arabi" (Fiamma Nirenstein, ”Liberal” ott/nov 2003). L’antisemitismo nel mondo musulmano è la normalità. Secondo l’esperto di Islam, Bernard Lewis, l’antisemitismo è "una parte essenziale della vita intellettuale araba ai nostri giorni". Secondo la testimonianza di James Woolsey, direttore della Cia dal ’93 al ’95, l’argomento principale dei sermoni delle moschee saudite erano: "Tutti gli ebrei sono porci e scimmie" e "ogni musulmano ha il dovere di uccidere cristiani ed ebrei" (Paolo Mieli, ”Corriere della Sera” 27/10/2003). "My father is a Jew, my mother is a Jew, I am a Jew..." (mio padre è ebreo, mia madre è ebrea, io sono ebreo...) Sono le ultime parole di Daniel Pearl, giornalista americano ucciso in Pakistan il 31 gennaio 2002, così come le ha immortalate il video girato dai rapitori (un commando guidato da un dirigente di Al Qaida, Omar Sheikh, che ora è nelle mani degli americani) (Bernard Henry-Lévy, Chi ha ucciso Daniel Pearl, Rizzoli). Cos’ha in comune la tigre della Malaysia col pacifista dell’Eliseo? C’è l’ex premier malese Mahathir, il quale, qualche settimana fa, dal palco del vertice musulmano di Putrajaya lamentava che gli ebrei, "nonostante gli europei ne abbiano ucciso sei milioni su 12... guidano il mondo per procura" e incitava un miliardo e trecento milioni di musulmani a non farsi "sconfiggere da pochi milioni di ebrei". Applausi dei delegati. L’iraniano Mohammad Khatami: "Un intervento nel suo insieme brillante, molto logico"; l’egiziano Ahmed Maher: "Una definizione molto accurata e profonda della situazione". La Ue vorrebbe reagire, ha pronto un documento che definisce "inaccettabili" quelle parole, ma Chirac rifiuta di inserire la condanna nel suo discorso conclusivo di un summit europeo (Paolo Mieli). Chirac non è solo/1. "Un solo esempio: Gretta Duisenber, moglie di Wim l’ex governatore della Bce". Sostenitrice di Arafat (e fin qui tutto bene) ha fatto parlare di sé per aver detto che all’origine delle condizioni miserevoli in cui si trovano i palestinesi ci sono i ”ricchi ebrei” e per aver affermato che a condannare il comportamento di Sharon nei Territori non avrebbe faticato a trovare ”sei milioni di firme”" (Paolo Mieli). Chirac non è solo/2. Discorso del deputato della Cdu tedesca, Martin Hohmann: "Non dobbiamo definirci come un popolo di carnefici, come coloro che hanno perpetrato Auschwitz". Motivi: i protagonisti della Rivoluzione russa furono in gran parte "bolscevichi ebrei" e un grande numero di loro fu "parte attiva nei plotoni di esecuzione". Quindi: "Seguendo la stessa logica applicata ai tedeschi, si potrebbe, con qualche ragione, descrivere anche gli ebrei come un popolo di carnefici". Conclusione: "Né gli ebrei, né i tedeschi sono da considerare popoli di carnefici". "Un discorso eccellente, di quelli che nel nostro Paese si sentono raramente e parlano con coraggio e verità", gli ha scritto il generale Reinhard Günzel. Il militare è stato rimosso, Hohmann forse sarà espulso dal partito (Paolo Valentino, ”Corriere della Sera” 5/11/2003). Chirac non è solo/3. André Glucksmann: "Ci troviamo di fronte a un dilemma di fondo della sinistra europea. In nome della difesa degli oppressi, della lotta contro il grande capitale e l’imperialismo (americano), e dei diritti calpestati dei palestinesi, i suoi discorsi evocano schemi e ossessioni in cui confluiscono l’antisemitismo delle vecchie destre chauviniste e l’anti-cosmopolitismo degli stalinisti repressi. C’è qualcosa di marcio nel regno dei no-global. Assumere a bandiera uno come José Bové, che vede lo zampino del Mossad negli attentati alle sinagoghe in Francia (salvo poi scusarsene più tardi, quasi si trattasse di un’inavvertenza senza strascichi) è soltanto una piccola spia di una deriva inquietante" (André Glucksmann, ”L’espresso” 13/11/2003).