9 dicembre 2005
Tags : Liu Binyan
LIU BINYAN Nato a Chang Chun (Cina) il 15 gennaio 1925, morto a New Brunswick (Stati Uniti) il 5 dicembre 2005
LIU BINYAN Nato a Chang Chun (Cina) il 15 gennaio 1925, morto a New Brunswick (Stati Uniti) il 5 dicembre 2005. Scrittore. Giornalista. «[...] non aveva scelto deliberatamente di vivere negli Stati Uniti; vi si trovava in visita nel maggio-giugno 1989, e non poté rientrare in patria a motivo delle sue posizioni apertamente critiche nei confronti della direzione politica. [...] Nato nel 1925 a Changchun nel Nordest, figlio di ferroviere, autodidatta dopo i primi nove anni di scuola, nel 1940 entrò giovanissimo e da clandestino nel partito comunista. Dopo la liberazione fu responsabile di partito nel periodico Zhongguo qingnian bao (Giornale della gioventù cinese). Fu espulso dal partito nel 1956, dopo la pubblicazione di due racconti-inchiesta nei quali denunciava il malgoverno e la corruzione nelle strutture dirigenti. Solo negli anni sessanta tornò al lavoro al Zhongguo qingnian bao, ma nel 1969, nuovamente criticato, fu mandato in un campo di lavoro dove rimase fino al 1978. Negli anni successivi lavorò come giornalista al Renmin ribao (Quotidiano del popolo). Pubblicò in quegli anni un racconto di denuncia, Uomini o mostri, che si conquistò largo successo in Cina e all’estero. Nel 1985 fu eletto vice-presidente dell’Unione degli scrittori, ma dopo una serie di articoli in cui si sosteneva la separazione fra partito e stato, e dopo le manifestazioni di studenti del dicembre 1986, fu nuovamente espulso dal partito. A differenza di molti scrittori ”dissidenti”, Liu Binyan è sempre rimasto un comunista, e in nome di principi comunisti si è opposto al potere burocratico che soffoca la democrazia. Dice una giovane donna, personaggio di uno dei suoi primi racconti: ”Alcuni credono che ammettere nostre debolezze ed errori significhi ammettere il fallimento del partito. ... Al contrario. Tenere la bocca chiusa o sorvolare sugli aspetti negativi della nostra società significherebbe ammettere la nostra debolezza. ... Solo i moribondi hanno paura del medico”. Negli anni successivi la sua critica è andata oltre. Ma non è stato mai fra i promotori delle cosiddette ”riforme” (in direzione liberista), e nel corso delle molte discussioni [...] fra gli intellettuali cinesi ha osservato che ci si preoccupa troppo dei problemi degli intellettuali e troppo poco di quelli del popolo. Sue opere di grande successo (purtroppo non tradotte in italiano) sono Una più alta forma di lealtà; Crisi della Cina, speranza della Cina. Nella sua opera attiva di inchiesta e di denuncia, mai interrotta, si è preoccupato assai più delle condizioni in cui le scelte della burocrazia neoliberista hanno ridotto la Cina rurale (la grande maggioranza dei cinesi) che delle minoranze arricchite e dei neo-consumatori nelle città, e non ha confuso, a differenza di molti, l’alto tasso di crescita economica con l’effettivo miglioramento delle condizioni del popolo. Liu Binyan appartiene alla vecchia guardia comunista, per la quale impegno politico, dedizione alla causa popolare e ricerca della democrazia effettiva sono inscindibili. L’integrità politica è tutt’uno con l’integrità morale. Per questo viene onorato da tutti in Cina, dove l’istanza morale è dominante per tradizione, e ancora oggi non è del tutto soffocata in linea di principio. Le menti critiche delle generazioni successive sanno indagare in modo più specifico e con analisi più sottili sulle cause della presente degenerazione, ma Liu Binyan resta per tutti un esempio di rettitudine» (Edoarda Masi, ”il manifesto” 7/12/2005).