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 2005  dicembre 09 Venerdì calendario

Questione d’oriente Foglio dei fogli 13/10/2003 Cos’è la visione culturalista del problema islamico? L’idea che "fra le caratteristiche delle società musulmane vi sia l’impossibilità di elaborare una riflessione critica, a causa del dominio del religioso sull’intera società

Questione d’oriente Foglio dei fogli 13/10/2003 Cos’è la visione culturalista del problema islamico? L’idea che "fra le caratteristiche delle società musulmane vi sia l’impossibilità di elaborare una riflessione critica, a causa del dominio del religioso sull’intera società. Una tale incapacità di esercitare lo spirito critico verso il proprio mondo dipenderebbe da un divario cronologico fra le società occidentali e l’islam, dovuto all’assenza di una filosofia dei lumi nel mondo musulmano" (Khaled Fouad Allam, ”la Repubblica” 9/10/2003). "Nel mondo musulmano l’intellettuale non è obbligatoriamente un intellettuale organico, perché il fenomeno della dissidenza, della contestazione (dell’ordine stabilito, del controllo sui testi sacri, dell’autorità del clero) è una costante nella storia dell’islam, soprattutto nel mondo sunnita. Quella della dissidenza (zandaqa) nell’islam è una storia tragica, fatta di processi, di condanne a morte, di autodafé. Ogni volta che l’islam ha espresso pulsioni di libertà o tentativi di riforma, si è verificata una reazione conservatrice da parte dei poteri istituiti o della società". Ma "oggi tutto ciò si configura entro un quadro drasticamente diverso da quello dei decenni scorsi, perché l’ordine geopolitico mondiale è sconvolto dal terrorismo e dall’angoscia securitaria" (Khaled Fouad Allam). Islam contro islamismo. Abdelwahab Meddeb, nato a Tunisi 56 anni fa, ora vive a Parigi dove insegna Letteratura Comparata dell’Europa e del mondo musulmano. Ha pubblicato La malattia dell’Islam, libro tradotto in tutto il mondo, soprattutto quello arabo: "Il libro suscita interesse perché nel mondo musulmano è in corso un dibattito molto vivace sulla deriva dell’islam, il quale sempre più spesso viene confuso con l’islamismo" (intervista di Fabio Gambaro, ”la Repubblica” 9/10/2003). Qual è La malattia dell’Islam? " l’integralismo che si fonda su una interpretazione letterale e semplicistica del Corano, un’interpretazione che non ammette discussioni presentandosi come eterna e assoluta. Per gli integralisti il testo deve essere applicato alla lettera, senza essere contestualizzato. In questo modo la religione diventa follia che pratica la jihad, taglia le mani, lapida e impone il velo alle donne" (Abdelwahab Meddeb). Tutta colpa dell’alfabetizzazione di massa. "Nell’islam chiunque può leggere e interpretare il testo. Ciò permette agli integralisti di autorizzarsi come esegeti. In passato, i pochi che si avvicinavano al Corano erano persone colte che sapevano risolvere le questioni tecniche dell’interpretazione. Gli integralisti non hanno assolutamente questa preparazione, sono i figli dell’alfabetizzazione di massa, sono dei semi-letterati incapaci di affrontare i problemi dell’esegesi. La loro è una lettura semplicistica e schematica, che banalizza il testo, forzandone persino il significato. Ciò avviene per la questione della jihad o anche per l’identificazione tra sfera politica e religiosa, che è considerata da tutti come un elemento proprio dell’islam. In realtà, il Corano può dar luogo ad una lettura diversa da quella oggi dominante. Non era quindi inevitabile che l’islam diventasse quello che è diventato, vale a dire una religione guerriera" (Abdelwahab Meddeb). "Nel mondo islamico non esiste un’autorità che dirima tra le infinite correnti ed interpretazioni del Corano. Nella tradizione islamica non esisteva la nozione di eresia. Ma oggi questa ricchezza non esiste più: l’islam si è estremamente impoverito, produce precetti, divieti, mediocrissimi wahabiti, orribili fanatici, ma non una meditazione religiosa creativa. Anche la tradizione cristiana è stata, per molto tempo, la storia di una molteplicità religiosa e intellettuale infinita. Per secoli, il cristianesimo di tradizione paolina s’è opposto (o intrecciato) a quello di tradizione neoplatonica. La cosiddetta Controriforma, che i laici non amano, ha conosciuto una libertà e una immaginazione, di cui ci siamo dimenticati" (Pietro Citati intervistato da Benedetta Craveri, ”la Repubblica” 7/9/2003). Huntington è arrivato dopo. "La modernizzazione dei paesi islamici è stata condotta da despoti che hanno ignorato totalmente la democrazia. La gente ha imparato a leggere e a scrivere senza ottenere alcun diritto politico o sociale. Il populismo ha fatto disastri. Si è formata una classe di semi-letterati frustrati e pieni di risentimento, perché le loro aspirazioni sociali e culturali non sono state soddisfatte. Costoro nutrono di religione la loro voglia di rivolta, sognando nostalgicamente di restaurare gli antichi splendori dell’islam". Nel X secolo "i musulmani erano i padroni del mondo [...] In seguito, da dominatore l’islam è diventato dominato. Questa decadenza è vissuta molto male dai fondamentalisti, i quali, attraverso l’antioccidentalismo, designano un nemico esterno, evitando di riconoscere il proprio fallimento. La guerra delle civiltà non l’ha inventata Huntington, ma gli integralisti islamici nella prima metà del secolo scorso" (Abdelwahab Meddeb). Molto più saggio dell’Occidente cristiano, Maometto non credeva nel Progresso ma nel Regresso della storia. "Maometto pensava che la condizione suprema dell’Islam fosse quella della nascita e delle prime generazioni a cui avrebbe poi fatto seguito una lenta decadenza, fino a quando l’Islam sarebbe uscito esule dalla storia. Non vi era traccia in lui dei sogni trionfali di una parte dei musulmani di oggi. Maometto era un mistico e un politico: ma fu sempre un uomo di grande moderazione" (Pietro Citati). Serve una lotta di lunga durata. "Si deve ingaggiare una vera e propria battaglia dei testi, per contrapporsi alle letture semplicistiche e folli degli integralisti. Nei prossimi anni, l’islam sarà teatro di una terribile guerra intestina, e uno dei fronti di questa guerra sarà quello dell’interpretazione del Corano". Bisognerebbe poi "riformare l’insegnamento scolastico che ha prodotto l’islamismo diffuso oggi dominante, quell’islamismo che, quando passa all’azione, dà luogo al terrorismo. Naturalmente si tratta di un programma enorme, che necessita di una vera e propria rivoluzione culturale di lungo periodo. Alla lunga, l’integralismo è destinato alla sconfitta, ma ci vorranno ancora dieci o vent’anni prima che il suo ciclo storico si esaurisca. E saranno anni dolorosi" (Abdelwahab Meddeb). "A differenza di ciò che crediamo, viviamo in un mondo che è tutto fuorché globale. Il fanatico Medioevo lo era molto di più; al tempo delle terribili Crociate le religioni monoteiste comunicavano tra di loro e si influenzavano a vicenda. Quando è accaduto l’attentato dell’11 settembre, noi occidentali non sapevamo e continuiamo a non sapere niente della storia e della religione islamica, così come l’islam non sa nulla di noi. Questa ignoranza non è solo un segno di idiozia, comporta delle conseguenze politiche. Gli americani, e gli europei con loro, hanno creduto che gli emiri dell’Arabia Saudita che erano di tendenza wahabita fossero dei rigidi conservatori, devoti alla tradizione islamica, mentre erano soltanto degli iconoclasti che non più di ottant’anni fa volevano distruggere la tomba di Maometto dopo aver raso al suolo quelle dei suoi compagni e delle sue mogli, figure immensamente care alla sensibilità islamica. Non capire chi fossero i Wahabiti è stato un errore politico enorme, ed oggi sappiamo che tutto nasce di lì: Osama bin Laden, i complici sauditi, l’11 settembre 2001, gli atti terroristici che sono seguiti e seguiranno" (Pietro Citati). Esiste un’angosciosa necessità di schedare gli ”altri” secondo una nozione inequivocabilemente differenziata. "Ciò non accadeva in Egitto durante la mia infanzia e giovinezza negli anni Cinquanta e Sessanta segnati dal regime laico di Nasser. Né ricordo che appena arrivato in Italia, negli anni ’70, qualcuno mi abbia rivolto la pressante domanda inquisitoria: ”Sei musulmano?”. Si tratta di uno sviluppo che accompagna l’evoluzione dell’Italia plurale sul piano confessionale, etnico e culturale. C’è il convincimento che l’islam sia una religione integralista, monolitica e immutabile. Che i suoi adepti farebbero naturalmente parte di una sub-specie: l’homo islamicus" (Magdi Allam, ”Corriere della Sera” 1/10/2003). Siamo nani sulle spalle di nani. Il poeta siro-libanese Adonis: "L’abisso mi ha insegnato che non possiamo capire un problema se non per il tramite di un altro problema, e attraverso esso, come se l’uomo non avanzasse muovendosi dall’oscuro alla luce, come si crede, bensì dirigendosi verso un’altra forma di oscurità, meno fitta. La differenza tra due oscurità la chiamiamo luce" (Khaled Fouad Allam).