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 2005  dicembre 05 Lunedì calendario

La filantropia nuova frontiera. La Repubblica Affari & Finanza 05/12/2005. Guadagnare investendo sul non profit

La filantropia nuova frontiera. La Repubblica Affari & Finanza 05/12/2005. Guadagnare investendo sul non profit. Sembra un paradosso, eppure, questo settore si sta affermando come la nuova frontiera degli investimenti cosiddetti alternativi, quelli che si effettuano per bilanciare i portafogli rispetto agli investimenti sul mercato finanziario tradizionale. Finora si è parlato molto di arte, vino e immobili. Ora, dagli Stati Uniti arrivano segnali che indicano questo nuovo campo da esplorare. «I fondi che investono nel non profit in Usa sono molto diffusi», racconta Stefano Caselli, professore associato di Economia degli intermediari finanziari all’ Università Bocconi di Milano, autore, insieme a Stefano Gatti, di Venture Capital, edizioni Springer, un testo in uso presso l’Harvard University. Spiega Caselli: «I motivi, le spinte a investire in questo settore sono principalmente due. Il primo è l’ eccesso di risorse, dovuto alla presenza di grandi fondazioni di natura privata, alla diffusione del family office e all’ esistenza di grandi patrimoni privati che hanno l’ esigenza di trovare nuove asset class, nuove aree su cui indirizzare il denaro, aree poco o non del tutto correlate all’ andamento del mercato. Il secondo motivo è il forte radicamento negli Usa della cultura della filantropia». Fondazione Rockefeller, Fondazione Guggenheim: la lista dei grandi finanziatori di musei, università e altro ancora è lunga. Business Week di qualche settimana fa riportava la classifica dei Big Giver, i grandi donatori: Gordon and Betty Moore, Bill Gates (il padre di Microsoft) e sua moglie Melinda, Warren Buffet e George Soros, due grandi finanzieri, Michael Dell (fondatore della Dell) e la moglie Susan, Kirk Kerkorian, grande investitore. Big della finanza e del business. Persone non certo disposte a buttar via soldi. Molti film americani insegnano che i filantropi sono i primi a controllare che le attività da loro sostenute siano efficienti, e che i soldi siano messi a frutto. Un atteggiamento che ha fatto scuola. Negli Usa molte startup indirizzate alla copertura di iniziative di supporto sociale hanno preso il via grazie alle attività di venture philantropy che ha trasportato di peso le regole del venture capital, ovvero del capitale di investimento, nelle attività non profit. Joshua Lerner, uno dei maggiori esperti di private equity e venture capital, docente alla Harvard University, in un recente studio in cui ha analizzato la valutazione dei rendimenti di fondi chiusi in private equity e venture capital, ha dimostrato due cose: la prima che gli investimenti in attività di filantropia e non profit sono investimenti alternativi poco correlati all’ andamentodi Borsa; e poi che hanno rendimenti assolutamente comparabili a quelli del mercato finanziario americano. «L’ investimento in filantropia non è necessariamente ed esclusivamente beneficienza, per cui si danno soldi a pioggia. Anzi, proprio perché effettuato con in criteri dell’ investimento di mercato, viene effettuato un screening iniziale molto severo, che prelude all’ avvio di attività con un indice di serietà elevato, professionali, con una forte probabilità di successo. Si investe in attività che possono generare ricavi futuri o asset vendibili, che sono day hospital, assistenza a domicilio dei malati, asili nido. Altro aspetto da sottolineare è che se l’ attività sociale viene finanziata da grosso fondo questo porta relazioni che consentano di ampliare l’ attività stessa, facendola crescere». Il network consente di ampliare il business, si direbbe per qualsiasi altra attività. Ma la regola vale anche per il non profit, che ha tutto da guadagnare in termini di efficacia ed efficienza da supporti finanziari che possono fornire anche guida gestionale. Ma se sono non profit non possono produrre utili, allora, come fa un fondo, per esempio un fondo di private equity, ad avere un ritorno? «Una società fondata a fini non di lucro ha comunque un rendimento o un valore patrimoniale che sia riconosciuto; tecnicamente una onlus non può distribuire dividendi, non può guadagnare sui dividendi, ma può guadagnare sui valori di cessioni: se investo per costruire una casa di residenza per anziani, la mando a regime e poi la vendo, il fondo che ha investito in questa onlus vedrà riconoscersi un valore», spiega Caselli. Non solo. «C’ è anche un secondo percorso, che forse si scontra sul livello delle ideologie: le attività sociali possono avere un vestito non profit, ma possono anche essere delle Spa che hanno come obiettivo per esempio la gestione della casa di riposo per anziani», aggiunge Caselli. «Il welfare pubblico è in crisi, non soltanto economica ma anche progettuale e di legittimazione», si legge in un documento stilato da Luciano Balbo, pioniere del venture philantropy in Italy. Già fondatore di B&S Private equity, uno dei principali fondi italiani, e fonatore di Evpa, l’ organizzaione europea del venture philantropy, Balbo ha recentemente dato vita alla Fondazione Oltre, una onlus che si è prefissa l’ obiettivo di sperimentare una filantropia imprenditoriale, professionale ed efficace, creando il primo Fondo di Investimento sociale, indirizzato a investire nell’ area della cosiddetta "fragilità socale", creando un portafoglio con rischio bilanciato tra housing sociale e servizi. La raccolta iniziale è di circa un milione di euro, sostenuta da un ristretto gruppo di investitori molto vicini allo stesso Balbo, che crede tanto in questa scommessa da essersi preso a carico personale tutti i costi operativi dal 2002, anno di nascita della fondazione, sino alla fine di questo anno. Lo Stato si è ritirato e continua a ritirarsi da molte attività, che vengono spesso coperte dal volontariato o, appunto da società onlus. E’ fenomeno in crescita in tutti i paesi evoluti, dove le aeree disagio aumentano, le popolazioni invecchiano; il business del non profit è strutturalmente in crescita. «Al di là che ci sia cultura o meno di filantropia e che ci siano sostegni fiscali adeguati, anche nel nostro paese ci sono grandi patrimoni "addormentati", le Fondazioni bancarie, per esempio, o le compagnie di assicurazioni, più di 7 mila nuclei familiari con elevati patrimoni, per i quali non sono più sufficienti l’ investimento finanziario e immobiliare, ma che sono in cerca di investimenti alternativi. Nel non profit troverebbero uno spazio dal potenziale straordinario», spiega Caselli. Investimenti professionali hanno indubbiamente il pregio di canalizzare le risorse verso iniziative più meritevoli. E sul versante del non profit e del sociale si stanno muovendo iniziative che sicuramente contribuiranno a far crescere questa attenzione alla efficienza sia delle donazioni che degli investimenti. Umana Mente, per esempio, la fondazione creata nel 2001 dalla Ras per supportare attività non profit di rilevante impatto nell’ area della disabilità congenita intellettiva e del disagio minorile. Diverso, ma sempre sullo stesso filone, il caso di Siena Biotech, società per il sostegno della ricerca nel settore delle Biotecnologie a cui ha dato vita la Fondazione Monte dei Paschi di Siena: «Si tratta di una cosiddetta Impresa strumentale, una delle vie con cui le Fondazioni bancarie possono investire nell’ ambito delle attività istituzionali, come l’ educazione, l’ istruzione, il sociale. Ma non si parla certo di rendimenti, di ritorni immediati», precisa Stefano Marchettini, direttore dell’ Acri, associazione delle Casse di Risparmio e delle Fondazioni. Le imprese strumentali sono comunque in aumento, proprio perché hanno dato ottimi risultati. Segno che sta prendendo piede uno scenario di valorizzazione dell’ asset non profit nel suo complesso. Che può diventare, a sua volta, un potenziale di crescita per il private equity stesso. «Come dice lo stesso Balbo, se insisto solo su aziende esistenti il mercato si riduce, perché i competitor aumentano; se invece valorizzo asset che non sono valorizzati, faccio aumentare ricchezza», incalza Caselli. Paola Jadeluca