7 dicembre 2005
Curti Claudio, di anni 63. Triestino, appassionato di satanismo e armi, noto come persona irascibile e aggressiva
Curti Claudio, di anni 63. Triestino, appassionato di satanismo e armi, noto come persona irascibile e aggressiva. Sospettato di usura, condannato due volte, a distanza di vent’anni, per aver ucciso in incidenti stradali prima uno sconosciuto, poi sua moglie, P. G. Affezionato alla bottiglia, ultimo lavoro la gestione di un bar a Trieste, nel rione di San Giacomo (presto chiuso per fallimento). Viveva ad Aurisina insieme con tre pistole, spade, balestre e Hajdinjak Marija, detta Marisa, di anni 50, alcolista, slovena d’origine ma con doppia cittadinanza, due ex mariti residenti in provincia di Udine e tre figli, di 18, 24 e 26 anni. Martedì 18 costei gli sparò con una delle tre pistole conservate regolarmente in casa, poi s’uccise. D’Aniello Rosaria, di anni 46, piacente signora bruna, snella, abbronzata, labbra disegnate con la matita, orecchini pendenti. Originaria di Salerno, fratelli e sorelle luminari dell’oculistica e della chiriurgia plastica, zii parlamentari e sindaci, un cugino magistrato, lavorava nell’ufficio relazioni col pubblico nella Banca Toscana. Viveva a Firenze col marito, Botteri Paolo, di anni 48, proprietario di una delle più antiche farmacie della città, e le due figlie di 12 e 16 anni. Tempo fa s’accorse di lei una Cecchin Daniela, di anni 47, pallida e silenziosa impiegata nell’ufficio igiene pubblica del Comune. Costei, tornata a Firenze dopo 10 anni trascorsi a Vicenza, aveva incontrato per caso il Botteri, ch’era stato una sua cotta ai tempi dell’università: appreso ch’era sposato, si era convinta che D’Aniello le avesse rubato l’uomo destinato a lei. Da allora, pur non avendola mai conosciuta, s’era messa a osservarla. Talvolta cercava una cabina per telefonare in casa sua, poi attaccava senza dir niente. Chiamò l’ultima volta sabato 25 ottobre, alle 9. Due settimane dopo, alle 8 e 30 di sabato 8 novembre, il Botteri uscì di casa perché la sua farmacia era di turno. Con lui le due figlie, dirette a scuola. Mentre il farmacista era nel solito bar vicino al negozio a sorseggiare un cappuccino, suonò alla porta di casa sua la Cecchin. Alla D’Aniello, sola e ancora in pigiama, disse che doveva consegnare un pacco per conto dell’Associazione titolari di farmacie. Fu creduta. Salì i 40 gradini di pietra scura e attese. Non appena vide aprirsi la porta, si precipitò dentro levando il coltello a lama spessa che portava in borsa. La D’Aniello tentò di difendersi, ma lei la costrinse in ginocchio. La bloccò da dietro stringendola col braccio sinistro. Poi le tranciò la carotide con due colpi di lama, quasi a staccarle la testa. Indi l’afferrò per i piedi e la trascinò per i 4 metri di corridoio, fino alla camera. La lasciò in terra, bocconi, lo sguardo rivolto verso l’armadio. Si tamponò le ferite con carta igienica, asciugamani e vecchie camicie. Sfilò i guanti di lana, i pantaloni di fustagno marrone e la giacca, troppo insanguinati. Uscendo, ripose il coltello nella borsa e se lo portò in giro per sei giorni. Dopodiché fu arrestata. Guerrini Emilia detta Lia, di anni 49. Impiegata alla Case New Holland, ditta che produce pezzi di trattori e altre macchine agricole. Nella sera di venerdì 7 era nella sua villetta di Mordano, tra Faenza e Imola, quando ricevette l’inattesa visita del cognato e collega di lavoro, Gasparri Jader, di anni 51, sposato, un figlio, residente nella casa accanto alla sua. Costui la seguì fin nel seminterrato, l’aggredì e poi l’accoltellò con un machete. Il figlio della Guerrini sentì le urla e si precipitò di sotto, ma scappò subito, dopo aver schivato un colpo lama. Era da poco passata la mezzanotte. Il Gasparri montò sulla propria Fiat Punto e si recò a Imola. Poco prima dell’una si fermò sotto casa di una Zappi Umberta, di anni 47, infermiera caposala all’ospedale cittadino, madre della fidanzata di suo figlio e forse anche sua amica intima. Le suonò, la fece accomodare in macchina: l’accoltellò a una spalla e alla gola, un attimo prima dell’arrivo della polizia. Cercò poi di colpire anche gli agenti. Infine si ficcò il machete nel cuore. Morì alle 4.