6 dicembre 2005
Amodio Carmela, di anni 65. Vedova da qualche anno, viveva sola a Gragnano, paesino alle falde del Vesuvio
Amodio Carmela, di anni 65. Vedova da qualche anno, viveva sola a Gragnano, paesino alle falde del Vesuvio. Nella notte di domenica 5, ricevette l’inaspettata visita di Conte Catello, di anni 38, impiegato in un centro commerciale, sposato con la proprietaria del bar della zona, due figli. Costui, per via di un improvviso bisogno di soldi, si fece aprire la porta sostenendo di aver visto dei ladri intrufolarsi sul suo balcone. La Amodio lo riconobbe, si fidò e lo lasciò entrare. Appena chiusa la porta s’accorse però che il Conte non aveva interesse per i presunti intrusi, quanto per i suoi cassetti. Cacciò un urlo acuto e si placò solo quando lui le ebbe sbattuto più volte la testa contro il muro. Ritenendo la mossa insufficiente, l’impiegato riempì la vasca da bagno e vi adagiò dentro l’anziana priva di sensi, avendo cura fosse ben coperta. Rovistava ancora tra i cassetti quando fu disturbato dall’arrivo dei carabinieri. Scivolò dietro a un armadio per non farsi vedere, ma il nascondiglio non funzionò. Bellacicco Silvana, di anni 32. Ebbe il bel volto sfigurato da un colpo di fucile sparatogli martedì da suo marito, Goffredo Bernardino, di anni 34, operaio, nativo di Palagianello e residente a Mottola (Taranto). Pedrazzini Angela, di anni 47, alta e bionda. Impiegata nella scuola elementare di Pozzuolo Martesana (Milano), era andata presto in pensione per dedicarsi agli alberi e alle piante della sua villetta beige nella frazione di Trecella. Da allora s’occupava di più anche dei due figli: Valcarenghi Paolo, di anni 21, ex studente dai Salesiani, una tenace dipendenza dalla droga, e Giorgio di anni 17, testa rasata e orecchino, identica passione del fratello ma ancora in via di definizione. Lunedì scorso il marito, Valcarenghi Bruno, di anni 47, camionista, partì verso Bari per caricare merce; il figlio più piccolo andò in gita con gli amici. Intorno alle 23 la Pedrazzini fu ammorbata per l’ennesima volta dalle richieste di soldi da parte del maggiore. Voleva cento euro. Lei glieli rifiutò. D’istinto, lui prese una lama da 20 centimetri, gliela infilò per sette volte nella pancia e nel collo. Lasciò la madre in pigiama sul pavimento della camera, nascose il coltello nel sottoscala, tra la legna per il camino. Tirò l’ultima pista di coca a sua disposizione. Poi montò sulla Polo grigia e prese a vagare nel triangolo tra Lodi, Monza e Milano. Fu rintracciato intorno alle 14 del giorno dopo, in una roggia di Lanzano di Tribiano. Pelleu Giovanna, di anni 83. Viveva sgranando le sue abitudini a Gavoi, piccolo centro montano nel nuorese. Nella giornata di giovedì 25 settembre fu strangolata da Arzofi Giorgio, di anni 50, cuoco, bergamasco, convivente della nipote Loche Francesca, di anni 45, ex maestra. I due nascosero il cadavere vestito d’azzurro tra i rovi, in località Donnortei, dove rimase per qualche giorno. Pulvirenti Simona, di anni 5, e suo fratello Andrea, di anni 4. Nel pomeriggio di venerdì 3 la madre, Bertuccio Carmela detta Meluccia, di anni 35, decise che non avrebbe preso il solito caffè delle cinque con una vicina. Mise nel portafogli 200 euro e, senza dir nulla al marito, caricò i due pargoli sulla sua Peugeot 405 bianca per portarli a fare un giro. Non volle però tirarsi dietro il terzo figlio, Marco, di anni 10, che lasciò a giocare nel cortile di casa, a Belpasso (Catania). Girovagò per ore, arrangiò una cena frugale coi figli dentro la macchina e continuò a scarrozzarli per la provincia, aspettando che si addormentassero. Intorno alle 5 entrò a Messina, sua città natale e oggetto di profonda nostalgia. Arrivò al porto, percorse tutto il molo Primo settembre tenendo il piede piantato sull’acceleratore. L’auto spiccò il volo e si slanciò contro l’acqua con una furia tale che il parabrezza e il lunotto posteriore andarono in frantumi. I cadaveri tornarono su poco dopo, nello specchio d’acqua antistante il molo Rizzo. Un carabiniere disse che i bambini parevano ”bambolotti di pezza”. L’auto restò a lungo incastrata sotto una nave da crociera. Reggiani Dino, di anni 92. Ultimo rappresentante di una famiglia di commercianti assai nota a Forlì, viveva con il suo recente figlio adottivo, Reggiani Petronici Giuseppe, di anni 53, lievi e antichi precedenti, dimestichezza col vino. Martedì sera i due litigarono su cosa vedere in televisione. Le urla proseguirono fino alle 5 di mattina, quando il Petronici, esasperato, strinse le mani intorno al collo del genitore e forse senza intenzione lo strangolò. Intorno alle 8 chiese aiuto a una vicina, dicendo che il padre si sentiva male. Però non volle che gli infermieri s’avvicinassero. In un palazzo popolare in via del Portonaccio, Forlì. Stranieri Gianluca, di anni 22. Viveva a Valbrona, Como, insieme col fratello Domenico, di anni 30, e il ricordo di un altro, morto annegato. Passò la serata di venerdì 3 al pub Rock Sound di Merone, a bere con gli amici. Mentre era lì s’affacciò nel locale un Canali James, di anni 27, figlio di una barista di Asso, noto soprattutto per le sue frequentazioni in gruppi di giovani sbandati dell’Erbese. Testa rasata con semicresta al centro, svariati tatuaggi sul corpo, malvisto dal proprietario del Rock Sound, ebbe l’ordine di sloggiare e ubbidì. Ma restò fuori. Intorno all’1 e 50, il locale in chiusura, i ragazzi rimasti a chiacchierare lì intorno, ebbe un mezzo litigio con lo Stranieri, forse per una ragazza, e finì per mollargli svariate coltellate, di cui una al cuore. Sostenne poi di essere stato colpito con un boccale di birra, e mostrò la ferita al magistrato che lo interrogava.