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 2005  settembre 04 Domenica calendario

Le Frecce Tricolori. La Stampa 04/09/2005. Udine. Tagliano il cielo della sera come rasoi, lo scuotono, lo solcano, ora lontani e, poi, in un battere di ciglia, vicini per un primo piano da brividi: il tuono spacca l’aria, il sibilo l’inchioda

Le Frecce Tricolori. La Stampa 04/09/2005. Udine. Tagliano il cielo della sera come rasoi, lo scuotono, lo solcano, ora lontani e, poi, in un battere di ciglia, vicini per un primo piano da brividi: il tuono spacca l’aria, il sibilo l’inchioda. S’incrociano, s’avvitano e s’arrampicano nell’aria, accavallandosi in perfetta sincronia e sono fuochi artificiali che diventano fiori, arabeschi, fontane. Un gioco di metamorfosi. Adesso sono falchi in picchiata, quasi in caduta libera che, a un passo dal terrore dello schianto, tornano su, su, insieme, in verticali impossibili se non per frecce scagliate alle nuvole. Frecce, appunto. Tricolori. Come la scia che lasciano dietro sé e che è firma e saluto. Eccola, la magica pattuglia acrobatica che prova lo show: oggi celebra i primi 45 anni e sta preparando, allenandosi, la festa che si terrà sopra la storica base di Rivolto. L’applaudiranno in 500 mila: fin da ieri la Pontebbana è trasformata in un immenso posteggio e già sono arrivati a centinaia pullman e camper. Sembra la stessa gente che trovi ai Gran Premi: qui, però, invece che di Schumacher, giovani e anziani parlano di Pony 0, Paolo Tarantino, il comandante. Quello che - ma non si deve dire - forse tra qualche mese dovrà lasciare la guida del gruppo perché le norme sugli avvicendamenti sono ferree anche per i temerari delle macchine volanti. Anzi, per loro persino di più. A portare il «regalo» alle Frecce, alcune delle più prestigiose pattuglie acrobatiche del mondo che si esibiranno come straordinaria cornice all’evento in 7 ore di spettacolo mozzafiato: i francesi della Patrouille de France, gli svizzeri, gli svedesi, gli spagnoli della Aguila, i Red Arrows inglesi, i Jordanian Falcons, piloti austriaci e ungheresi. Il nostro è l’unico team di «acrobati dell’aria» ad avere una rete di fan sparsa in tutto il pianeta: 110 club - persino negli Emirati Arabi - che li seguono in molti dei loro spostamenti e che hanno scritto lettere infervorate, da innamorati traditi, allo stato maggiore dell’Aeronautica quando «per ragioni di bilancio» s’è imposta una drastica riduzione delle trasferte più dispendiose come quelle in Cina, Stati Uniti e Australia. «Gente - spiega il capitano Andrea Saia, speaker del gruppo e responsabile delle relazioni pubbliche - mossa non certo da fini di lucro ma da pura passione». Sì, perché le Frecce Tricolori per molti rasentano il mito: un Olimpo che anche le tragedie, come quella di Ramstein il 28 agosto 1988 (70 spettatori e 3 piloti morti), non scalfiscono. E, anche nell’Arma Azzurra, c’è una forte competizione tra chi già comanda un jet per giungere a indossare, un giorno, la divisa del 313° gruppo: quella con l’icona dei tre aerei bianco-rosso-verdi sul lato sinistro del petto. Qual è il percorso per conquistare un posto in questa squadra di élite il cui compleanno è stato, ieri, celebrato addirittura con due speciali emissioni filateliche e che presto potrebbe aprire le porte alle ragazze? «La selezione - spiega Saia - è assai dura. Intanto occorre essere piloti da caccia dell’Aeronautica con grado da tenente a capitano, avere meno di 30 anni e un’esperienza minima di 1000 ore di volo presso i reparti da combattimento». Ma, prima ancora di questi requisiti, i candidati «Pony» - così si chiama chi appartiene ai virtuosi della cloche italiani - devono essere capaci di portare i bagagli, in senso metaforico e no. «Immagini un giornalista in carriera che viene assunto in un nuovo quotidiano: spera di fare subito grandi servizi, immagina di salire in fretta nella scala gerarchica. E invece, per prima cosa, lo mettono in un ufficio a fare fotocopie. Da noi è la stessa cosa». Prego? «Sì, credersi un top gun è il modo migliore per non entrare a far parte della pattuglia. Occorre umiltà, senso della misura, voglia d’imparare, di confrontarsi e d’integrarsi. Capisce?». Come no. E una volta accettato di «portare i bagagli?». «Hai qualche speranza». Il maggiore Paolo Tarantino ha 37 anni e comanda la pattuglia acrobatica da un anno: «Le domande per diventare pilota dell’Aeronautica sono da 7 a 10 mila l’anno, il traguardo lo raggiungono in cento». Tra i tanti che aspirano a entrare nel nostro gruppo lo stato maggiore ne seleziona 20-25. Un’ulteriore scrematura li porta a dieci. Di questi un paio diventano «Pony» sostituendo quelli che, ogni anno, vengono destinati ad altri incarichi. Studio, applicazione e capacità di resistere a pressioni psicologiche spesso indotte ad arte per osservare quali siano le reazioni di fronte a momenti critici. Ancora Saia: «I nuovi devono capire che appartenere alle Frecce non significa solo girare il mondo, apparire in tv o sui giornali, conoscere ragazze, mentre altri colleghi, magari, vanno in Bosnia». La parte forte del lavoro, a parte le esibizioni, sono lo studio e tre voli al giorno per l’addestramento, generalmente sul mare di Lignano. «Quanto alle ragazze, beh, visto che la stagione degli air show dura da maggio a ottobre, può capitare che, se ne conosci una in primavera, per portarla al cinema devi darle un appuntamento in autunno». Dietro i dieci piloti che tagliano a fette il cielo con i loro MB.339 Pan c’è una struttura colossale: un centinaio di persone tra ufficio comando, relazioni esterne e servizio tecnico che cura la manutenzione degli aerei. Maggiore Tarantino, è lusingato o seccato quando qualcuno defisce le Frecce Tricolori la Formula 1 dell’aria? Sorride: «C’è una differenza sostanziale tra guidare un jet o scendere in pista con un’auto: nel nostro mestiere manca la competizione. Certo, se parliamo di concentrazione, di sforzo mentale, di attenzione, il paragone non è poi così sbagliato». Renato Rizzo