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 2005  dicembre 06 Martedì calendario

TAKANO Kikuo Isola di Sado (Giappone) 1927. Poeta • «[...] un poeta che ha scelto un duplice luogo dell’anima: l’isola di Sado, in Giappone, dove è nato, e un’altra isola, stavolta però di terra

TAKANO Kikuo Isola di Sado (Giappone) 1927. Poeta • «[...] un poeta che ha scelto un duplice luogo dell’anima: l’isola di Sado, in Giappone, dove è nato, e un’altra isola, stavolta però di terra. Un’isola di sensazioni nel ventre dell’Abruzzo, una città in cui Takano ha trovato una seconda lingua: Castelbasso. Credere nel genio dei luoghi è una necessità, dettata da un’esistenza aggrappata ai posti, alla concretezza di nomi, cose, materia. La sua isola ha rappresentato per lui molto più che una patria: è stata il calco dentro il quale ha piallato la sua lingua. Sado è stata ”l’origine”, la cosa ultima, la causa prima. Il rumore che ha dato vita alle parole, il caos dentro il quale si è risvegliata una forma. Ma di recente ha scoperto anche un altro luogo dell’anima. Una terra che lo ha accolto e che gli ha dato modo di parlare un’altra lingua. La dimensione provinciale, la bellezza delle ”piccole cose”, il ritmo segreto del presente antico, hanno sedotto Takano fino a fargli considerare Castelbasso una sua seconda patria. Le poesie de L’infiammata assenza hanno un filo conduttore che parte dalla verde Sado e arriva al verde Abruzzo. C’è una misteriosa, segreta corrispondenza tra parole e anime dei luoghi che tanto ha infiammato poeti come Rilke, Hölderlin e Byron. C’è un punto, sulla Terra, che ci chiama e che ci somiglia, che ci attira a sé in un modo inspiegabile e che Goethe chiamava ”approdo dell’anima”. Un luogo che ci portiamo dentro e che trascriviamo nelle poesie, che disegniamo con la mente, un luogo dentro il quale immaginiamo i contorni del nostro corpo, che lasciamo fluttuare dentro un incessante desiderio di identità. Il genius loci incanta l’Occidente sin dagli inizi della sua civiltà: Virgilio, Ovidio, Petrarca..., poeti che hanno assorbito la magia dei luoghi e che ne hanno dipinto il carattere. La poesia si è lasciata afferrare da questa magia che nasce dall’osservazione ma anche dalla tenerezza, da quel particolare struggimento che inchioda l’anima a se stessa. L’Oriente ha avuto invece un atteggiamento diverso rispetto al genius loci. La poesia orientale, dall’antichità fino a oggi, ha puntato la sua attenzione verso l’ideale, verso un punto lontanissimo, un’astrazione rigorosa che trova il suo punto d’arrivo in una idealizzazione estrema. Takano si è aperto all’Occidente senza riserve. Ha cercato la sua parola nelle pendici dei monti, ha scavato le sue espressioni partendo da una strada di provincia, da un volto invecchiato o da una tavola imbandita. Takano ha scelto la poesia come vita e si è lasciato abbracciare da Castelbasso, dove la vita è ferma ad un ideale di compostezza rurale e dove le ”buone maniere” sono ancora una regola imprescindibile. [...] qualche verso da L’infiammata assenza: ”L’uomo calpesta e trascina le foglie secche/ e, quando le raccoglie, subito le brucia./ Con lo stesso fuoco consuma le patate./Ma è felice mentre agisce così?”. Colpisce una sorta di corrispondenza segreta tra gesti e natura: il fuoco, le patate, i gesti, quasi paralleli, di mangiare e bruciare. l’uomo che si fa natura, che assorbe dentro di sé quella dolcezza delle cose propria del ritmo inevitabile del mondo. L’uomo di Takano è un uomo che impara dalle cose. Un incessante interrogativo è presente nelle sue poesie: dove mi porta il mondo? Dove finisce questo villaggio e dove comincia il mistero? La poesia di Takano parte dai microcosmi per arrivare all’impenetrabile. E i villaggi abruzzesi seguono lo stesso percorso, condensano antiche abitudini in proverbi, gesti e movimenti degli occhi. Il poeta sente questo patrimonio invisibile. Ne entra a far parte. Cerca di assimilarne i contorni. Ne L’infiammata assenza tornano molti motivi cari al poeta giapponese, prima di tutto il confronto con l’altro. Un corpo a corpo con l’alterità che incanta proprio per la sua definitiva, coraggiosa ferinità. La riflessione punta ad agire sulle cose e sui rapporti, quasi si trattasse di un’azione miracolosa. Il cresci e allungati , che egli rivolge accoratamente ad una cima d’albero, è simile ad un pronunciamento divino. Ecco che si ritrova quella rispettosa e profonda sacralità tutta orientale rivolta agli eventi naturali. La stessa che Takano riserva per gli umani. Un rispetto silenzioso e denso che penetra nelle cose e nei visi delle persone e li trasforma» (Renato Minore, ”Il Messaggero” 6/12/2005).