Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  dicembre 06 Martedì calendario

A Santa Clara Valley non ci sono re, John Carter nominò Noyce direttore generale della divisione Fairchild Semiconduttori che di colpo era diventata una delle compagnie più «calde» nel mondo degli affari

A Santa Clara Valley non ci sono re, John Carter nominò Noyce direttore generale della divisione Fairchild Semiconduttori che di colpo era diventata una delle compagnie più «calde» nel mondo degli affari. La Nasa scelse i circuiti integrati di Noyce per i primi computer che gli astronauti avrebbero usato a bordo dei veicoli spaziali (nel programma Gemini). Dopodiché, piovvero le ordinazioni. In dieci anni le vendite della Fairchild passarono da poche migliaia di dollari l’anno a 130 milioni di dollari, e il numero degli impiegati passò dall’originario gruppo di accoliti a dodicimila. [...] Un giorno John Carter venne a Mountain View per dare un’occhiata da vicino all’impresa di Noyce. L’ufficio di Carter a Long Island aveva prenotato una limousine e un autista perché fossero sempre a sua disposizione mentre era in California. Così Carter arrivò allo stabilimento di cemento a bordo di una Cadillac nera guidata da un autista in uniforme: vestito nero, camicia bianca, cravatta nera e berretto nero con visiera. Già questo era sufficiente a far girare tutti alla Fairchild. Non si erano mai visti una limousine e un autista, da quelle parti. Ma non fu quello a rendere la giornata indimenticabile. Fu il fatto che l’autista restò là fuori ad aspettare per quasi otto ore, senza fare niente. Restò là fuori con la sua uniforme e il suo berretto, seduto in macchina, per tutto il giorno, senza fare altro che aspettare l’uomo che era là dentro. Da parte sua, John Carter era dentro a godersi una sensazionale giornata da presidente. Fece il giro dello stabilimento, partecipò alle discussioni, guardò cifre, annuì soddisfatto, ed emanò un bel po’ di fascino newyorkese. Intanto l’autista aspettava fuori impegnato nel compito di sostenere con la propria testa un berretto con visiera. I lavoratori cominciarono ad allontanarsi dai loro posti per andare alla finestra e dare un’occhiata al fenomeno. Sembrava così bizzarro. Ecco un servo che non faceva niente tutto il giorno tranne aspettare davanti al portone in modo da essere pronto all’istante al servizio delle natiche del padrone, non appena natiche, pancia e mascelle avessero deciso di ricomparire. Non era solo il fatto che questo piccolo esempio dello stile di vita newyorkese era sconosciuto sulle colline della Santa Clara Valley. Era che sembrava anche tremendamente sbagliato. Un certo istinto di Noyce riguardo alla nuova industria e alla gente che ci lavorava cominciò a prendere forma di concetto. Le corporation dell’Est adottavano un’organizzazione di tipo feudale, senza neanche rendersene conto. C’erano re e signori, e poi vassalli, soldati, contadini e servi, con strati di protocolli e prerogative come la macchina e l’autista, che erano i simboli della superiorità e stabilivano le linee di confine. Nell’Est i presidenti delle società avevano uffici con pannelli intagliati, camini finti, écritoires, grandi poltrone, libri rilegati in pelle e spogliatoi, come una suite di una residenza nobiliare. La Fairchild Semiconduttori aveva bisogno di una struttura operativa e basta, in particolare in questo periodo di rapida crescita, ma non aveva bisogno di una struttura sociale. [...] Lui rifiutava l’idea di una gerarchia sociale alla Fairchild. Non solo non ci sarebbero stati né limousine né autisti, non ci sarebbero stati nemmeno parcheggi riservati. Il lavoro cominciava per tutti alle otto del mattino, e al parcheggio funzionava il chi prima arriva meglio alloggia, per Noyce come per Moore, Hoerni e tutti gli altri. «Se arrivate tardi» diceva Noyce «dovrete parcheggiare fuori». E niente uffici sontuosi. L’ex magazzino sulla Charleston Road era diviso in scomparti e un paio di file di ufficetti stile cubicolo. I cubicoli non vennero mai migliorati. Lo stile di arredamento restò quello da ex magazzino, e le porte erano sempre aperte. [...] Durante la fase di avviamento, alla Fairchild Semiconduttori non esisteva una divisione tra capi e impiegati. C’era la sensazione di lottare tutti insieme per conquistare una frontiera. Tutti avevano interiorizzato le mete di quell’avventura. Non avevano bisogno di esortazioni dai superiori. [...] Noyce non si dava neanche la pena di cercare «dirigenti esperti». Quaggiù in California, nell’industria dei semiconduttori, non esistevano proprio. Assumeva ingegneri appena laureati e li caricava di punto in bianco di grosse responsabilità. Non c’era uno «staff», né un «comitato di direzione», se non gli stessi otto soci. Le decisioni più importanti non erano demandate ai capi. Noyce teneva riunioni settimanali con rappresentanti di tutti i settori, e quello che c’era da risolvere veniva risolto in quelle occasioni. Noyce voleva che tutti continuassero a interiorizzare le mete della compagnia e che avessero anche delle motivazioni personali, proprio come era successo durante la fase iniziale. In questo modo, sarebbero stati in grado di prendere le loro decisioni. I giovani ingegneri che venivano a lavorare alla Fairchild non riuscivano quasi a credere di doversi prendere di colpo tutte quelle responsabilità. Un ragazzo di ventiquattro anni appena laureato si trovava a essere responsabile di un progetto importantissimo, senza nessun supervisore. Sorgeva un problema, lui non ce la faceva a risolverlo, andava da Noyce, tutto sudato, e gli chiedeva cosa doveva fare. E Noyce chinava la testa, lo guardava con i suoi occhi da 100 ampère, ascoltava, e diceva: «Senti, qua ci sono le dritte che devi seguire. Devi considerare A, devi considerare B e devi considerare C». E poi sfoderava il sorriso da Gary Cooper. «Ma se credi che sarò io a prendere la decisione per te, ti sbagli. è in gioco il tuo culo ... !» Tom Wolfe (La bestia umana, Mondadori)