6 dicembre 2005
De Sanctis Leopoldo, di anni 21. Figlio di un rappresentante di cosmetici e di una ex insegnante d’inglese, impegnava copiose energie per picchiarsi col fratello Carlo, di anni 17, suo compagno di stanza
De Sanctis Leopoldo, di anni 21. Figlio di un rappresentante di cosmetici e di una ex insegnante d’inglese, impegnava copiose energie per picchiarsi col fratello Carlo, di anni 17, suo compagno di stanza. Talvolta i genitori chiamavano il 113; talaltra uno dei due andava a dormire dalla nonna. Sere fa, intorno alle 3, Leopoldo entrò in camera e lanciò il giubbotto jeans proprio sulla sedia su cui voleva acciambellarsi l’altro. Ricominciò la danza degli schiaffi, ma stavolta Carlo v’introdusse un coltello, che finì per piantarsi nello stomaco del fratello. Nella notte di sabato 6, in una stanzetta di via Roberto Santamaria, al Torrione, Salerno. E. B., di anni 80. Ricoverata da un mese e mezzo nell’ospedale civile di Sondrio, intorno alle 12 di giovedì 11 ricevette la consueta visita del marito, E. M., di anni 77. Stavolta però costui la portò a svagarsi al quarto piano. S’avvicinò a una finestra, la scaraventò giù. Pochi istanti dopo la seguì. Lui atterrò sulla rampa d’accesso al Pronto Soccorso, lei s’infilzò nella ringhiera di un giardinetto poco distante. Maniscalco Francesca, di anni 89. Viveva a Campi Bisenzio (Firenze) col marito, Baccarella Filippo, di anni 82, e col figlio Domenico, di anni 58, separato, disoccupato, taciturno e diffidente. Alle 4 di domenica 14 costui balzò sul letto dei genitori e ne interruppe il sonno a calci e pugni. Poi, insoddisfatto, annaffiò di benzina materasso, coperte e pavimento e diede fuoco al tutto. Al piano terra di una villetta di tapparelle azzurre, giardino minimo, rose e rosmarino, nel centro di un grosso comune fiorentino. Zambrini Clotilde, di anni 73. Vedova dall’età di 39, originaria di Casale Monferrato, residente a Torino, aveva cresciuto da operaia alla Pirelli i due figli, Ornella e Walter, conservando come unici svaghi i balli del sabato sera e qualche fidanzato. Due anni fa s’era trasferita coi suoi mobili anni Cinquanta in un modesto alloggio nel quartiere Santa Rita e aveva smesso, per noia, di girar l’Italia coi viaggi organizzati da una ditta di pentole e cianfrusaglie. Ogni mattina portava fino al supermercato la sua faccia tonda, le labbra sottili e lo sguardo triste, poi passava dal panettiere e dal macellaio. Al pomeriggio riceveva la visita del figlio. Martedì 9, la solita colazione col latte e caffè, tornò a letto per via di un malessere. Qualcuno arrivò a farle visita verso le 15 e lei, in pigiama, si lasciò seguire in camera e tornò tra le lenzuola. Poco dopo l’ospite le strinse intorno al collo una calza di nylon nero. Quindi, per sicurezza, le forò la nuca col trapano trovato nel ripostiglio. Tre giorni dopo la polizia interrogava una sua vecchia fiamma, Gosto Michele, di anni 67, ex saldatore, conosciuto in una serata danzante di trent’anni prima, ricordato soprattutto per quel vezzoso sfregio sul viso che le aveva donato, quando lei s’era messa con un altro.