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 2005  dicembre 03 Sabato calendario

Re Magi, ecco la vera storia. La Repubblica 03/12/2005. Roma. I magi furono persone reali? Non proprio

Re Magi, ecco la vera storia. La Repubblica 03/12/2005. Roma. I magi furono persone reali? Non proprio. Meglio pensare che fossero frutto della fantasia di Matteo, l’ unico evangelista che li menziona. Ma veri o reali che fossero, erano di certo persiani. E Matteo li ha citati ad arte per richiamare la sapienza persiana e il regno dei parti acerrimo nemico dei romani. I magi celerebbero dunque un preciso messaggio politico antiromano. Ne è convinto Antonio Panaino, iranista dell’ Università di Bologna, che ai misteriosi personaggi ha dedicato negli ultimi anni non poche ricerche su vari aspetti della loro storia e tradizione. E ora ha raccolto le sue tesi nell’ ultimo numero del mensile Archeo oggi in edicola. Ha voluto andare all’ origine, capire il significato storico, religioso e simbolico della loro citazione in Matteo. Partendo dalla vera fonte, il Vangelo appunto, e facendo piazza pulita di tutto ciò che ai magi hanno attribuito le leggende successive. Per Matteo i magi non erano affatto dei re, non cita il loro numero né i loro nomi. Usa solamente quel termine, magi, che basterebbe da solo a sollevare non poche perplessità. «In greco il termine ha assunto molto presto un’ accezione negativa e dispregiativa», spiega Panaino. «Basti pensare alla figura di Simon Mago degli Atti degli Apostoli». Perché allora Matteo ha voluto proprio dei magi come testimoni della nascita del Salvatore? Il ragionamento di Panaino è articolato e complesso ma limpido nella sua consequenzialità. Il greco magos deriva dall’ antico persiano magu, termine con cui si designava una casta sacerdotale molto potente nell’ antica Persia. Erodoto racconta persino che i sovrani achemenidi, prima di accedere al trono, dovevano essere iniziati alla sapienza del magu secondo un preciso rituale. Matteo allude proprio a questi magi, sacerdoti sapienti e potenti. Gente che nella propria religione conosceva la figura del "Salvatore venturo", colui che nato da una vergine sarebbe giunto a decretare la vittoria del bene sul male. Come Gesù. Andarono dunque da Gesù per iniziare ritualmente il nuovo Re del Mondo proprio come solevano fare con i re achemenidi. Avevano compreso, loro pagani, quel che i sacerdoti ebrei non sapevano vedere: l’ universalità del nuovo messaggio cristiano. Ma il bersaglio di Matteo non erano solo i sacerdoti del Tempio. Ai suoi tempi, attorno all’ 80 d. C., la Palestina come buona parte del mondo conosciuto era sotto il giogo romano. C’ era una sola potenza capace di contrastare Roma, i parti. Popolazioni stanziatasi nell’ altopiano iranico, di lingua iranica e religione zoroastriana. Gente tollerante con i propri sudditi, primi fra tutti gli ebrei al cui capo i sovrani parti avevano persino delegato importanti responsabilità giuridiche. Un vero sogno per gli ebrei di Palestina, già comunque memori che sei secoli prima fu il persiano Ciro, "l’ unto del Signore", a liberarli dalla cattività babilonese. I persiani erano i liberatori. A Matteo dunque non serviva dire molto, gli bastava alludere a "magi giunti da Oriente" perché gli ambienti colti di Palestina capissero la precisa allusione politica filopartica e antiromana. «Ogni avvenimento va inserito nel proprio scenario geopolitico che è sempre complesso», aggiunge Panaino. «Allora come oggi il mondo era globalizzato. Occidente e Oriente sono sempre stati in stretto contatto e non è possibile capire l’ uno senza guardare all’ altro. Si rischia di avere una visione unilaterale e distorta». Com’ è accaduto finora con la stella. Non ha senso affannarsi a riconoscervi un evento astronomico preciso, dice Panaino. Era un segno esoterico che solo i magi sapevano vedere, serviva a condurli da Gesù. Proprio come accadde ai pastori nel Vangelo di Luca. A loro apparve l’angelo. Cinzia Dal Maso