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 2005  dicembre 05 Lunedì calendario

MICHELE I DI ROMANIA

(Michael Hohenzollern). Nato a Sinaia (Romania) il 25 ottobre 1921. Figlio di Re Carol II e di Elena di Grecia è stato per due volte Re: dal 1927 al 1930 e dal 1940 al 1947. Nel 1925 il padre Carol fuggì a Parigi con una sua amante. Il nonno di Michele, Re Ferdinando I, diseredò il figlio nominando suo successore il nipote. Alla morte di Re Ferdinando nel 1927 Michele salì al trono retto da un consiglio di reggenza e da sua madre Elena. Nel 1930 Carol ritornò, esiliando la regina Elena che si rifugiò a Firenze. Nel 1940 Carol II fu costretto ad abdicare dal primo ministro Ion Antonescu che proclamò una sorta di dittatura conservatrice. Michele diventò re, ma rimase ostaggio del dittatore. «[...] Come sono stati gli ultimi giorni prima della partenza per il lungo esilio cominciato nel gennaio 1948? ”Il vice ministro degli Esteri russo Andrej Vishinskij, molto vicino a Stalin, veniva spesso e i sovietici cominciarono a influenzare la nostra politica. Un giorno Vishinskij mi venne a trovare ed era furioso perché non facevo quello che voleva lui [...] uscendo aprì la porta con tanta violenza da sbatterla contro il muro. Poi cercava di imporre degli affari da regolare con il Primo ministro, che non era un comunista, era un ricco proprietario terriero, suo amico. Il giorno del mio onomastico, l’8 novembre 1947, ci furono delle manifestazioni di piazza di studenti che mi vollero dimostrare la loro solidarietà. Circa mille giovani furono arrestati. La situazione stava degenerando rapidamente con i russi e i comunisti. Hanno torturato e violentato i prigionieri. [...] dovevo obbedire ai loro voleri oppure avrebbero ucciso gli studenti in prigione. Non accettai e non potei prendere la responsabilità di vedere uccidere tanti giovani, abdicai sotto la minaccia. Misero mia madre e me con otto persone sul treno per la Svizzera, non eravamo sicuri di farcela. Mia madre andò a Fiesole dalla sorella Irene d’Aosta e io a Londra dove ho denunciato l’accaduto e ritratto l’abdicazione avvenuta in condizioni di costrizione. In Svizzera non avevo il permesso di parlare [...] Sono tornato nel 1992. Non so bene perché mi hanno lasciato entrare visto che mi avevano spinto fuori. Non avrei mai potuto immaginare di essere accolto da circa un milione di persone scese in piazza. Quanta emozione. Rimasi tre giorni. Nel 1994 ho cercato di tornare ma non mi hanno fatto entrare. L’anno dopo le elezioni del 1996 con il cambio di governo, sono stato accolto ufficialmente, mi hanno dato un passaporto diplomatico. Il presidente Iliescu ha passato una legge per potermi dare il riconoscimento di ex capo di Stato con l’uso di Palazzo Elisabetta dove avevo già vissuto prima di partire per l’esilio quando il palazzo reale in città era stato bombardato dai tedeschi. Siamo partiti da qui e siamo tornati qui. [...]”. Che cosa ricorda degli anni del suo regno? ”Non avevo ancora 19 anni ed era difficile perché mio padre aveva ceduto tutte le prerogative. C’era una situazione simile a quella italiana tra il Re e Mussolini. Il generale Antonescu era sostenuto dalla destra estrema e prese un impegno verbale con i tedeschi di entrare in guerra. Non c’era un foglio di carta scritto. Non avevo poteri. Avevo cercato già nel ’42 e nel ’43 di uscire dalla guerra e di sostituire Antonescu. Nessuno ci voleva aiutare. La Bbc e gli americani dicevano che dovevamo uscire dalla guerra e noi abbiamo mandato dei messaggi dicendo che volevamo uscire ma che avevamo bisogno di aiuto. Non una parola. Quando i russi sono andati in Bessarabia (Moldavia) quella era per noi l’occasione per agire”. Nell’agosto 1944 Antonescu fu rimosso [...] e fu rotto il patto con i nazisti, [...] ”[...] abbiamo accorciato la guerra di un bel po’ perché abbiamo costretto i tedeschi ad arretrare. Sono arrivati i russi che all’inizio non erano nè caldi nè freddi. Poi iniziarono a convertire la gente alla loro causa. C’erano circa 500 mila comunisti su una popolazione di 20 milioni e ben presto diventarono il doppio. I russi cominciarono ad intromettersi negli affari politici del paese [...] Quando mia madre è tornata dall’esilio forzato nel 1940. Non so cosa avrei fatto senza di lei. Aveva sofferto molto per colpa di mio padre. Per dieci anni mi avevano dato il permesso di andare due volte l’anno per tre settimane a trovarla a Firenze. Mia madre durante la dittatura di Antonescu ha molto aiutato gli ebrei tanto che Israele le ha dato un riconoscimento dopo la morte [...] Avevano promesso di mandarci i nostri soldi in Inghilterra ma non è arrivato nulla. Quando mi sono sposato nel 1954 con mia moglie abbiamo allevato 800 galline, vendevamo le uova e la verdura dell’orto. Poi ci siamo trasferiti vicino a Ginevra dove ho lavoravo in una ditta aeronautica. Ero stato nell’aviazione. Sono nate cinque figlie, la maggiore Margareta è l’erede. Ogni anno mandavo, attraverso la Bbc e la Voice of America un messaggio per l’anno nuovo alla gente di Romania [...] Sono in una situazione difficile perché non ho delle responsabilità. Non posso fare discorsi ma posso rispondere alle domande. Talvolta creo uno choc quando dico che la democrazia non è ancora tornata in Romania. Nessuno ha spiegato come funziona la democrazia e che non è facile da conquistare. Ci vuole una giusta informazione, un’educazione. Come votate, chiedo loro? Votate come viene, nel vento. Quali le vostre convinzioni? e le risposte vengono dopo un lungo silenzio. So che la democrazia è libertà, un modo di vivere, di comportarsi, di considerare gli altri, i propri vicini. comunque più facile parlare con la gente che con i politici [...] mi è stata restituita la villa del Seicento che comprai nel 1943, in Transilvania vicino al confine ungherese. Sono tornate due case di Bucarest. Manca il castello Peles a Sinaia che è la culla della storia della famiglia [...]”» (Ludina Barzini, ”Corriere della Sera” 5/12/2005).