Il Sole 24 Ore 24/11/2005, pag.6 Giuseppe Caravita, 24 novembre 2005
Che cos’è davvero il PC a 100 dollari. Il Sole 24 Ore 24/11/2005. La strada delle tecnologie a misura dei Paesi in via di sviluppo è decorata di buone intenzioni ma anche lastricata di fallimenti
Che cos’è davvero il PC a 100 dollari. Il Sole 24 Ore 24/11/2005. La strada delle tecnologie a misura dei Paesi in via di sviluppo è decorata di buone intenzioni ma anche lastricata di fallimenti. E questi ultimi (in particolare il Symputer e il telefonino a 30 dollari) possono aiutare a valutare l’annuncio del computer a 100 dollari, durante il summit Onu di Tunisi della settimana scorsa, che ancora fa discutere sulla stampa e sulla rete. Partiamo dal Symputer. L’idea nasce nelle università indiane cinque anni fa. Un palmare a bassissimo costo, dotato di software basato su Linux (gratuito e aperto), tagliato a misura di utenti con pressochè nessuna preparazione tecnica o informatica. Eppure, a cinque anni di distanza (e nonostante ripetuti tentativi del governo indiano di promuoverlo) il Symputer è un progetto moribondo, che non ha messo in moto alcuna massa critica. Né in India, né soprattutto negli altri Paesi. La lezione che è emersa da questa esperienza si può riassumere in una frase: il prezzo minimo non basta, bisogna capire a chi e come potrà davvero servire un computer. Su una traiettoria per alcuni versi analoga è il prototipo, voluto dalla Gsm Association e poi prodotto dalla Motorola, di un telefonino a 30 dollari. Super-semplice e in teoria adatto alle nazioni più povere. Peccato però che anche in questi Paesi il cellulare cominci a divenire uno status symbol. E telefonini a prezzi tanto bassi rischiano (se non regalati dai gestori) di uccidere i margini dei commercianti. Risultato: anche qui finora poco o nulla di fatto. Diverso il caso del computer a 100 dollari. Dove la chiave l’ha fornita Nicholas Negroponte, direttore del media Lab del Mit, durante la sua presentazione: "Non si tratta di un notebook, ma di un progetto educativo". Forti delle lezioni provenienti dagli insuccessi passati, gli esperti dell’Onu e del Mit hanno collaborato su un qualcosa che è solo parzialmente un fatto tecnologico. Su un computer a misura di digital divide e tecnicamente a costo minimo, sì, ma inserito in programmi educativi di dimensione nazionale e strategica. Tenicamente il Mit è stato impeccabile. In un costo di produzione di circa 110 dollari (esiste già un’azienda impegnata nella produzione, e altre quattro sono in trattativa) ha fatto entrare un piccolo notebook gommato con schermo a colori (lcd brillanti), processore a 500 megahertz, scheda flash con una versione leggera di Linux a interfaccia Ephipany (il browser supersemplice sviluppato dall’italiano Marco Pesenti Gritti) rete wireless wi-fi, manovella per caricare la batteria dove non c’è corrente. Ma non è l’esercizio tecnologico il punto chiave. La vera notizia a Tunisi è stata l’elenco dei Paesi che diffonderanno il computerino nelle scuole: Brasile, Egitto, Thailandia, Nigeria. Ovvero quattro tra i maggiori protagonisti, nei vari continenti, della sfida alla povertà digitale. In Brasile, per esempio, il governo Lula ha già avviato decine di centri nelle favelas, dentro le scuole locali, usando pc usati e wi-fi per la creatività digitale, artistica e culturale dei più giovani. E altrettanto contano di fare gli altri. Il computer a 100 dollari sarà - dice Negroponte - per ora riservato ai Governi e ai programmi educativi. Dentro questi network strutturati nascerà il software applicativo, che poi circolerà tra i vari Paesi. Non è quindi un prodotto, ma un progetto politico. Ed è forse questa la chiave giusta. Giuseppe Caravita