La Stampa 26/11/2005, pag.1-12 Piero Bianucci, 26 novembre 2005
Vecchia luna figlia nostra. La Stampa 26/11/2005. Da ieri conosciamo con molta precisione l’età della Luna: 4527 milioni di anni
Vecchia luna figlia nostra. La Stampa 26/11/2005. Da ieri conosciamo con molta precisione l’età della Luna: 4527 milioni di anni. Sappiamo inoltre che quasi certamente la Luna è figlia della Terra, nata da un parto tutt’altro che dolce. Nel turbolento periodo della formazione del Sistema Solare un pianeta grande come Marte avrebbe urtato di striscio la giovane Terra strappandole dagli strati esterni un ottantesimo della sua massa. La gravità ha poi provveduto a riaggregare questo materiale formando, in venti milioni di anni, il nostro satellite. Lo scrivono sulla rivista Science ricercatori delle università di Münster, Colonia e Oxford dopo aver analizzato alcune delle più antiche rocce lunari. Non sono dati rivoluzionari. Però sono la più accurata conferma di quanto finora era noto a spanne. Il margine di errore è infatti soltanto di dieci milioni di anni in più o in meno: come stimare l’età di una bella signora quarantenne con lo scarto di trenta giorni. In sei missioni gli astronauti americani hanno riportato sulla Terra 382 chilogrammi di pietre lunari. I nove decimi di questi preziosissimi sassi non sono mai stati toccati. La Nasa li riserva ai ricercatori del futuro. La parte rimanente è tutt’ora sotto esame in vari laboratori. La datazione si fa misurando il contenuto di elementi derivati dal decadimento radioattivo del Torio e dell’Uranio. La cosa interessante ora accertata è che la Luna si sarebbe formata soltanto fra 30 e 50 milioni di anni dopo la Terra. Curioso è anche il fatto che possiamo conoscere bene l’età del nostro pianeta non analizzando le rocce che abbiamo sotto i piedi, ma quelle del nostro satellite che si sono consolidate all’origine del Sistema Solare. La crosta della Terra infatti ha subito trasformazioni successive che hanno disturbato l’orologio radioattivo. I romantici non gradiranno indagini così insistenti sulla carta di identità del nostro satellite. Al chiaro di Luna gli innamorati preferiscono pensare che la Luna sia senza età, come l’amore allo stato nascente teorizzato da Alberoni. Crudelmente smitizzante è poi l’origine violenta del nostro satellite, frutto di uno scontro sulle strade del cosmo. Leopardi, che da ragazzo aveva scritto una ponderosa «Storia dell’Astronomia», nelle sue poesie cita la Luna ben 25 volte (più delle stelle, che ricorrono venti volte), ma sempre come un astro placido, contemplativo, discreto. Ora sappiamo che viene da un passato turbolento. Mai fidarsi delle apparenze. Piero Bianucci