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 2005  novembre 25 Venerdì calendario

Che cosa fosse la solitudine Giancarlo Pajetta deve averlo molto saputo. Corriere della Sera 25/11/2005

Che cosa fosse la solitudine Giancarlo Pajetta deve averlo molto saputo. Corriere della Sera 25/11/2005. (...) Lo trovai la sera del 24 dicembre a Milano, mentre rientravo a casa in fretta dalle spese natalizie (...) vagante per le strade semideserte della vigilia. Dove vai? Cerco una trattoria. Come, una trattoria? (...) Aspetta un momento. Telefonai a Rodolfo: c’è Pajetta che è solo come un cane, lo porto su? Be’, rise, portalo. Fu davvero uno strano Natale, perché dopo le solite conversazioni su questo e quello Giancarlo, che s’era come lasciato andare nell’atmosfera tiepida di noi tre, uscì con le sue visioni più distruttive delle cose. Questo non andava, quell’altro era un cretino, e in ogni caso l’essenziale del partito era perduto. Mi ero stufata di sentire dire cose simili dai dirigenti, magari amichevoli sul piano personale, che usavano tutto il loro potere per frenare noi, giovani leoni. "Se la pensi così perché non lasci, non ti togli di mezzo? Perché difendi sempre quel che è, e impedisci a noi di cambiare?". Il noi era inequivocabile, i giovani di Milano, i sindacalisti di Torino e sullo sfondo, a Roma, Ingrao. "Perché rovinereste il poco che resta". E dopo aggiunse con amarezza, come faceva sempre più spesso, che vivere aveva ben poco senso. "Dovrei finirla. Ormai è andata". Mi alzai, avevo le finestre alte sul giardino del Poldi Pezzoli, ne aprii una e gli dissi: "Buttati. O ti butti adesso o non farmi mai più questo numero". Stupì per un attimo: "Tu non me lo impediresti?". "No. Va o finiscila". Devo aver aggiunto con malvagità che era un bellissimo giardino per sfracellarvisi. Incassò e non ne facemmo un dramma. Rossana Rossanda