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 2005  novembre 25 Venerdì calendario

Getulio Vargas, un camaleonte alla guida del Brasile. Corriere della Sera 25/11/2005. Per quale motivo, secondo lei, il Brasile del dittatore parafascista Getulio Vargas preferì entrare in guerra contro l’Italia e la Germania e non, come sarebbe stato logico, al loro fianco? Stefano Vizioli Caro Vizioli, non è facile orientarsi nella tumultuosa e complicata storia del Brasile fra la prima e la seconda guerra mondiale

Getulio Vargas, un camaleonte alla guida del Brasile. Corriere della Sera 25/11/2005. Per quale motivo, secondo lei, il Brasile del dittatore parafascista Getulio Vargas preferì entrare in guerra contro l’Italia e la Germania e non, come sarebbe stato logico, al loro fianco? Stefano Vizioli Caro Vizioli, non è facile orientarsi nella tumultuosa e complicata storia del Brasile fra la prima e la seconda guerra mondiale. Vi sono momenti in cui il Paese ha i caratteri e le ambizioni di una grande potenza. Dichiara guerra alla Germania nell’ottobre del 1917, partecipa come socio fondatore alla Società delle Nazioni, ne esce clamorosamente nel giugno del 1926 quando i maggiori Stati europei gli negano un seggio permanente nel Consiglio dell’organizzazione. Ma vi sono lunghe fasi durante le quali il Brasile è scosso da una sequenza di colpi di Stato, rivolte militari, ribellismo urbano e protesta sociale, spesso d’impronta comunista. Tra i giovani ufficiali delle forze armate prende forma, alla fine degli anni Venti, il "tenentismo", un movimento della destra radicale che tenta di conquistare il potere con la forza e guarda con simpatia ai partiti nazionalisti e autoritari sorti in Europa dopo la fine della Grande guerra. questo il clima politico da cui emerge nel 1930 un nuovo leader. Si chiama Getulio Vargas, è un gaucho del Rio Grande do Sul, figlio di un ricco allevatore di bestiame, e ha fatto i suoi primi studi nel collegio di un insegnante italiano, il professor Boscot. Come altri gaucho può essere spiccio e violento. All’università di Ouro Preto è sospettato di complicità nell’assassinio di uno studente e deve lasciare frettolosamente la città. Altri lo accusano di avere ucciso, insieme a un compagno, due indios. Dopo una parentesi militare Vargas entra in politica e diventa, in rapida successione, deputato federale, ministro del governo centrale, presidente del Rio Grande do Sul, candidato alla presidenza del Brasile. Viene sconfitto dopo una elezione probabilmente manipolata, ma una rivolta militare infiltrata dai "tenentisti" gli offre improvvisamente l’occasione di prendere con la forza ciò che il voto degli elettori gli aveva apparentemente negato. Comincia da quel momento la storia dell’Estado Novo di Getulio Vargas. Fu fascista? Si servì delle camicie verdi brasiliane (gli "integralisti"), lasciò che le forze armate proclamassero la loro simpatia per le dittature europee e fece uso della Carta del Lavoro di Mussolini per l’organizzazione autoritaria del sindacalismo brasiliano. Ma si sbarazzò dei suoi compagni di viaggio fascisti o parafascisti quando gli davano ombra o gli intralciavano la strada. Nel suo libro sui Caudillos (Corbaccio 1994), Ludovico Incisa di Camerana raccoglie alcune definizioni dei suoi contemporanei: "Un uomo così freddo che chi gli stringeva la mano prendeva l’influenza", "un artista della politica", "un grande intuitivo, sensibile come pochi alla realtà brasiliana", "il più autorevole e sottile fra i politici della sua epoca", "un Fregoli della politica brasiliana". E Incisa, dal canto suo, aggiunge: un enigma, una sfinge, "la proiezione brasiliana del mito di Proteo, il figlio di Nettuno che si trasforma a volontà in leone, serpente, pantera, cinghiale, aquila, albero". Nella politica internazionale Vargas fu altrettanto flessibile e volubile. All’inizio della Seconda guerra mondiale, mentre la Germania conquistava l’Europa, il presidente dell’Estado Novo esaltò le nazioni forti, capaci d’imporsi grazie "ad una organizzazione basata sul sentimento della patria e sulla convinzione della propria superiorità". Ma non appena le fortune militari della Germania cominciarono a declinare e l’America gli offrì un credito di 45 milioni di dollari per il complesso siderurgico di Volta Redonda, Vargas non esitò a rompere le relazioni diplomatiche con i Paesi dell’Asse e impose l’ingresso in guerra con gli Alleati a un establishment militare che non perdeva occasione per proclamare la sua grande ammirazione per la strategia, la tattica, la tecnica e l’organizzazione dell’esercito tedesco. Come vede, caro Vizioli, Vargas non fu né fascista, né antifascista. Fu semplicemente, secondo la definizione di un diplomatico inglese, "la volpe più astuta dell’emisfero occidentale". Sergio Romano