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 2003  gennaio 12 Domenica calendario

Per il filosofo Severino, Dio è un mirabile errore, il Giornale, 12/01/2003 Quando neanche a metà dell’intervista, accenna per la settima volta alla moglie, «mia moglie qua, mia moglie là», dico a Emanuele Severino: «Ma il suo è un ossessivo amore coniugale, professore!» L’illustre filosofo neoparmenideo innesta un orgoglioso sorriso da ben maritato e ribatte: «Mi sono sposato a 22 anni

Per il filosofo Severino, Dio è un mirabile errore, il Giornale, 12/01/2003 Quando neanche a metà dell’intervista, accenna per la settima volta alla moglie, «mia moglie qua, mia moglie là», dico a Emanuele Severino: «Ma il suo è un ossessivo amore coniugale, professore!» L’illustre filosofo neoparmenideo innesta un orgoglioso sorriso da ben maritato e ribatte: «Mi sono sposato a 22 anni. Ora ne ho 73. Faccia il conto». «Viaggia verso le nozze di diamante», mi complimento. «Sposandomi pensavo a fare l’amore, non a costruire una famiglia. La nascita dei figli non è stata voluta. Un evento accaduto. Li amavo di più mano a mano che crescevano. Mai andato in visibilio con l’infanzia. Ma mia moglie era davvero fantastica. «Guardi» dice e allunga la foto incorniciata di una bellezza degli anni ’50. Nonostante il bianco e nero, due occhi cristallini da fare uscire di testa dieci filosofi. «è l’ispiratrice della sua filosofia?», chiedo. «No. Mia moglie, formidabile filologa, ha un forte senso critico del pensiero filosofico. Mi segue con estremo interesse. Per me è utilissima», dice. «Come reagisce la signora alla sua filosofia?», indago. «Si giudica incapace di giudicarla», dice. «Come la capisco!», penso io che da circa un’ora mi arrabatto in un’alternanza di sprazzi di luce e buchi neri. Anticipo che neanche l’ora successiva è bastata a farmi scendere dall’altalena. Così, sono andato via col mal di mare. Di Severino mi ero fatto un’idea, delle sue idee, un’idea confusa, delle mie idee neanche più l’idea. Ero invece uno spensierato giornalista arrivando a fine mattinata in casa sua a Brescia, puntuale al minuto per l’intervista. La palazzina a due piani di Severino è in una tranquilla zona verde. Il professore mi accoglie in giacca di velluto marrone, maglioncino bordeaux e il resto in tono con la tenuta da gentiluomo di campagna. «Bagno?», mi chiede con premura dopo i convenevoli, pensando ai 600 km che ho fatto da Roma. Dico il primo no di molti. Al caffè, alla bibita, perfino al delizioso aperitivo che la mitica signora Severino ci ha preparato, salatini e prosecco. Il professore insiste andando verso lo studio, deluso dalla mia inappetenza. Si sente defraudato dai suoi doveri di padrone di casa. «Cosa rappresenta?», gli chiedo per distrarlo davanti a una statua a grandezza d’uomo su di un piedistallo. Un nudo testa a terra, gambe in aria. «è Orfeo rovesciato per il dolore di aver perduto Euridice. O giù di lì. Opera di Federico, mio figlio», dice. «è scultore di professione?», dico, guardando la figura stramba ma gradevole. «Scultore affermato, che a me piace, mentre mi annoio con molti prodotti contemporanei. Definirei la sua arte un dissolversi del figurativo», dice. Severino ha anche una figlia, Anna, docente di matematica. «A noi, prof. Lei si definisce neoparmenideo, ossia seguace del celebre ionico, del V secolo a.C.», dico sedendomi, blocchetto in mano. «Mi dico neoparmenideo, per semplificare. In verità, sono l’opposto di Parmenide», dice. «Capisco», dico. «In Parmenide, l’Essere è la pura luce, senza considerare i colori. Lui afferma l’eternità della pura luce, mentre il molteplice, il mondo, sono illusione. Io dico che sono eterni, proprio il mondo e la molteplicità, il mio e il suo essere», dice. «Capisco», dico. «Quello che unisce me e Parmenide, è l’eternità. Tutto è eterno. Non esiste un passato che sia nulla e attenda di entrare nell’Essere. Questo pieno totale si affaccia progressivamente nella storia. La storia e il tempo sono il progressivo affacciarsi degli Eterni», dice. «Capisco», dico. «Anche il nostro incontro è eterno. è un essente, cioè un non-niente. Questa è la Verità del mondo, anche se per follia non ce ne accorgiamo. Pure nel morto, c’è questa Verità», dice. «Ma se il morto è morto, è morto», dico confuso. «Se accettiamo che tutto è eterno, si rovescia tutto. Anche i morti pensano. Questa Verità c’è nel morto, nell’infante, nel cretino». «Dice a me?», mi spavento. «Il cacciatore crede di vedere solo gli uccelli che prende di mira, ma ha davanti il cielo della Verità, anche se noto solo le variazioni, cioè i volatili a cui è interessato. Per volontà di potenza, gli individui preferiscono pensare che il mondo venga dal nulla e vada nel nulla, di determinare la loro vita, che tutto sia divenire. Invece, il mondo è quello che è. Ha una potenza superiore alle nostre decisioni. Noi non decidiamo, siamo destinati a vivere la vita che noi siamo». «Capisco», dico. «Lei non capisce. In un’ora, è difficile capire. Questo è lo iato tra mass media e filosofia», dice rassegnato. «D’accordo, prof. Visto che lo ha scoperto, chiacchieriamo come viene. Rinuncio a sapere come un parmenideo applica la sua visione alla vita quotidiana. Ci dica della sua, alla buona», dico. Sollevato per la saggia decisione, profitto per un cenno di curriculum severiniano. Figlio di un generale dei bersaglieri siciliano, mamma della val Trompia, ha da 32 anni la cattedra di filosofia teoretica a Venezia. Docente a 22 anni, allievo del cattolicissimo Gustavo Bontadini, cominciò a insegnare con lui alla Cattolica di Milano. Vi restò 17 anni. Quando ebbe l’intuizione della filosofia monumentale di cui abbiamo avuto assaggi, l’incarico nell’ateneo chiesastico cominciò a pesare. Era infatti divenuto ateo panteista. Fu convocato dal Sant’Uffizio per un confronto con tre dotti ”definitori”. La sua dottrina si rivelò così chiaramente anticristiana, che fu concordata una pacifica uscita dalla Cattolica e Severino passò in laguna. Don Nicoletti, uno dei tre giudici vaticani, rimase però tanto folgorato dalla faccenda degli Eterni e degli essenti che di lì a poco, lasciò l’abito talare. Corruttore! Ce l’ha sulla coscienza. «Un pensiero che non modifica l’interlocutore è aria fritta». Cosa pensa oggi di Dio? «è uno dei principali modi in cui l’uomo ha inventato la potenza che può tirare fuori le cose dal nulla e riportarcele. Dio è l’ultima tecnica e la tecnica l’ultimo di dio». è irridente? «Dio è un errore per cui ho grande ammirazione. Ha una nobiltà che va lodata. La smobilitazione del concetto di Dio deve essere lenta, per evitare vuoti improvvisi». Cos’è la filosofia? «Ricerca della Verità. Un sapere che non possa essere smentito nemmeno da Dio». è una bussola per la quotidianità? «Sarei patetico se pensassi che la Verità guida un pover’uomo. La Verità si impone. La pretesa di mettere nel sepolcro dell’individuo la carne viva della Verità, è ridicola». Svegliandosi, come inquadra la giornata? «Come un tempo in cui ai pensieri è concesso di farsi avanti». Tè o caffè, qual è il suo filosofico risveglio? «Mia moglie mi dà quasi sempre tè e biscotti. Non si riconnette a una convinzione filosofica». Si lava a fondo o tira via? «Mia moglie mi dice maniaco della pulizia. La doccia, è normale. Lavo mani e denti più volte al giorno. Siamo tutti nella gabbia di ferro della tecnica, in questo caso idraulica e cosmetica». Mia moglie qua, mia moglie là, poi chissà le scappatelle. «Ah, ah, ah...Buona questa! Le vedo come qualcosa a cui non è il caso di cedere. E lei?». Mi regolo uguale. Col sesso, come la mettiamo? «Folle non vedere che è una delle principali componenti della vita. Trovo pazzesca ogni forma di ascetismo e non vivere la vita com’è costituita. Pazzesco, all’interno della follia». Cioè? «Cosa resterà del sesso, della natura, del cristianesimo, quando la follia del divenire sarà tramontata?». La supplico, no. Tra donna e uomo c’è differenza? «La donna non ha gli aspetti macchiettistici e delinquenziali del maschio. è più seria nelle responsabilità». Meglio l’amore o l’amicizia? «Bè, l’amore». Etero o omo? «Rispetto gli omo, ma sono démodé. Come dire, a uno piace la pastasciutta, all’altro il riso». Brama o disprezza i soldi? «Mai lavorato per guadagnare. Il guadagno è un sottoprodotto inintenzionale della mia attività, ma non lo disprezzo». Cosa rappresentano gli onori come, nel suo caso, l’appartenenza ai Lincei? «Se è per questo, sono anche Cavaliere di Gran Croce. Fa piacere, non nego. Poveretti, gli individui sono fatti così». Si autofondella? «Il Noi, autentico prende le distanze dall’individuo che crediamo di essere». Dopo morti? «Andiamo nella gioia. Per l’Occidente invece si va nel nulla. Ma nulla va nel nulla». Le cade addosso un dolore. Come lo accoglie? «Si soffre se si crede che si poteva evitare. Perciò lo affronto col senso dell’inevitabile e soffro meno. O credo che sia così». Andrebbe a caccia, uccidendo animali? «Mi ripugna. Però, come ogni bresciano, mangio volentieri polenta e uccelli». Le interessa la politica? «Presto la tecnica sostituirà la politica. La sinistra si illude di far dominare l’individuo sulla tecnica per promuovere la dignità dell’uomo. La destra si illude di risolvere tecnicamente i problemi irrisolti dell’ideologia». Lei vota destra o sinistra? «Per chi, di volta in volta, sembra perdente. Ogni sbilanciamento è pericoloso» Le sue grandi figure? «Leopardi, anche se è il primo nichilista. Eschilo che anticipa Platone. Mozart e Bach». Niente donne? «Difficile trovare geni tra loro. La violenza maschile gliel’ha impedito». L’arte preferita? «Sono un musicista mancato. A Brescia hanno eseguito una mia Suite per strumenti a fiato, composta nel ’48, nei modi di Bartok, Stravinskij, Janacek». Lo sport? «Ho tirato di scherma. Forse per questo, la boxe». Per un filosofo dell’Assoluto, uno sport così annichilente? «Non amo la violenza, ma come individuo sono nichilista». Giancarlo Perna