Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  novembre 29 Martedì calendario

KONIG KNIG Franz. Nato a Warth (Austria) il 3 agosto 1905, morto il 13 marzo 2004. Cardinale. Arcivescovo di Vienna dal 1956 al 1985

KONIG KNIG Franz. Nato a Warth (Austria) il 3 agosto 1905, morto il 13 marzo 2004. Cardinale. Arcivescovo di Vienna dal 1956 al 1985. «Nel 1961, su incarico di Giovanni XXIII, iniziò il dialogo con i governi comunisti. [...] Uno dei testimoni decisivi della Chiesa del Novecento, protagonista del Concilio Vaticano II, avanguardia del dialogo fra confessioni e religioni differenti nonché pioniere della Ostpolitik vaticana: insomma, ”un costruttore di ponti” ai tempi dell’ ”(infelice divisione” dell’Europa e ”un uomo di pace”, ha ricordato [...] Papa Wojtyla, del quale König era stato tra l’altro un grande elettore, oltre che amico. Era l’ultimo cardinale creato da Giovanni XXIII nel ’58 e proprio Papa Roncalli, nel ’61, gli aveva dato l’incarico di muovere i primi passi diplomatici verso i Paesi dell’Est. Amatissimo e lucido fino all’ultimo (’La vita resta interessante e mi interrogo molto sulle domande dei giovani, su come annunciare loro il Vangelo”) ha fatto sentire la sua voce anche dopo la ”pensione”. Lui, che per venticinque anni aveva guidato il Pontificio consiglio per il dialogo con i non credenti, mise la propria autorità a difesa del teologo gesuita Jacques Dupuis, richiamato dalla Congregazione per la dottrina della fede a causa delle sue idee sul pluralismo religioso. Poco dopo, a 94 anni, scrisse un articolo sul futuro della Chiesa per chiedere di ”decentrare il potere del Papa e della Curia romana” e in favore di una corresponsabilità dei vescovi: ”La Curia romana rimane una forza potente che tende al centralismo”, scrisse, ”Dobbiamo tornare a forme decentralizzate delle strutture di comando della Chiesa, come si faceva nei primi secoli”» (G. G. V., ”Corriere della Sera” 14/3/2004). «Una figura storica nella vita della chiesa del dopoguerra: protagonista centrale dell’’Ostpolitk”, regista dell’elezione di Karol Wojtyla al soglio di Pietro nell’ottobre del 1978, e nello stesso tempo una voce libera, spesso in leale disaccordo con le scelte e gli orientamenti della Curia romana. Franz Koenig era l’ultimo porporato vivente ad aver ricevuto la ”berretta” dal beato Giovanni XXIII, il 15 dicembre del 1958. La prima volta che l’allora arcivescovo di Vienna incontrò Wojtyla fu poco dopo la consacrazione a vescovo ausiliare di Cracovia del giovane sacerdote polacco, avvenuta il 4 luglio 1958. Koenig visitava la Polonia, dove la sua diocesi inviava aiuti di ogni genere, dal carbone ai medicinali. Fu accolto benissimo; ricordava però che mentre tutti ridevano e parlavano, notò sullo sfondo un giovane sacerdote, dall’aria riservata. Gli chiese il nome; restò sorpreso che fosse il nuovo vescovo. ”Se quel giorno qualcuno mi avesse detto che Wojtyla sarebbe divenuto papa - sorrideva più tardi Koenig - gli avrei detto che era pazzo”. E invece fu proprio Koenig a svolgere il ruolo, fondamentale in un Conclave, di paziente tessitore di consensi. Raccontava con humour un colloquio con il Primate di Polonia, Wyszynski. Gli chiese chi fosse, secondo lui, un buon candidato. ”Non ne vedo nessuno”, rispose l’altero porporato. ”Forse la Polonia avrà un suo candidato”, insinuò Koenig. ”Non credo - fu la replica -. I comunisti mi vogliono fuori dalla Polonia. Sarebbe un gran trionfo per loro”. ”Forse un altro cardinale?...” suggerì Koenig. ”Ma no! troppo giovane” chiuse il discorso Wyszynski. Il modo in cui Koenig ha raccontato il Conclave del ’78 è quanto mai istruttivo per comprendere i meccanismi del tutto particolari che entrano in gioco in quei momenti. Non fu considerato alcun candidato americano, perché la Guerra Fredda era in corso; ”la Francia era impossibile, e per quanto riguarda la Germania c’era la guerra, il nazismo e quant’altro”. Né Hume né Suenens, per ragioni diverse, sembravano in grado di raccogliere consensi sufficienti; e ”il Brasile era troppo lontano”. I tedeschi, non eleggibili, fecero blocco su Wojtyla, portandosi a rimorchio non pochi cardinali del Terzo Mondo. E fu la ”fumata bianca”. In un libro-intervista dell’85, ricordando le circostante dell’elezione dell’attuale Papa, Koenig racconta di aver avuto ”paura che in quel momento potesse rifiutare”. Quando Koenig si inginocchiò davanti a Karol Wojtyla nella Cappella Sistina, per le congratulazioni di rito, Giovanni Paolo II gli chiese: ”Come è potuto accadere?”. ”Santità, siamo tenuti al segreto”, rispose l’arcivescovo di Vienna, provocando la prima risata, da Papa, di Wojtyla. Il ruolo fondamentale giocato nell’elezione non impedì a Koenig di esprimere il suo dissenso da alcune tendenze maturate nei primi anni del regno wojtyliano. Non fu contento del discorso del Papa a Puebla, fortemente critico della ”Teologia della Liberazione”, e soprattutto dell’immagine di Cristo come ”figura politica e rivoluzionario”. D’altronde già in precedenza Koenig, che stimava moltissimo Paolo VI, non ne condivise alcune posizioni, e in particolare la condanna dei contraccettivi contenuta dell’enciclica Humanae Vitae. Quando era in pensione confessò con amarezza che papa Montini ”avrebbe potuto evitare l’insistenza sulla diversità tra controllo delle nascite naturale e artificiale. Se una donna soffre di una malattia o nutre idee diverse da quelle del marito deve avere un’altra possibilità”. Anche in tempi recenti l’arcivescovo emerito di Vienna, che certamente non dimostrava la sua età, continuava a essere un punto di riferimento importante per l’ala ”progressista” della Chiesa, e continuava a giocare un ruolo morale notevole nel suo paese. Ha sostenuto la necessità di una maggiore collegialità nella Chiesa, ha difeso il teologo svizzero Jacques Dupuis sotto inchiesta da parte della Congregazione per la dottrina della fede, ha criticato lo spirito della dichiarazione ”Dominus Jesus”. Koenig fu ordinato sacerdote a Roma piuttosto tardi - aveva trent’anni - e Giovanni XXIII, gli diede la porpora nemmeno due mesi dopo essere stato eletto Papa. Già da due anni era arcivescovo di Vienna. Avrebbe guidato la diocesi più importante per l’Ostpolitik vaticana fino all’85, quando Giovanni Paolo II accettò le sue dimissioni per limiti di età con ben cinque anni di ritardo. Dal ’65 all’80 ha diretto il Pontificio consiglio per il dialogo con i non credenti; era stato chiamato a questo delicato compito, nel pieno del ”post-Concilio”, da Paolo VI. Un riconoscimento implicito delle intuizioni del porporato nel campo del dialogo interreligioso. Già nel 1961 l’arcivescovo di Vienna cominciò a viaggiare oltre la Cortina di ferro, per trovare spazi di sopravvivenza per le chiese perseguitate dai regimi comunisti dell’Europa Centrale, per incarico di Giovanni XXIII. Una parte della stampa austriaca lo definì ”cardinale rosso” per i suoi contatti con gli esponenti socialisti del suo paese. Lasciata la guida di Vienna nell’85 Koenig ha spesso fatto sentire la sua voce, sia nei momenti difficili dello scandalo che ha travolto il suo successore Hans Groer, accusato di rapporti sessuali con giovani seminaristi e poi costretto alle dimissioni, sia quando riteneva opportuno dire la sua su problemi ecclesiali. L’attuale arcivescovo di Vienna e successore di Groer, Christoph Schoenborn, è considerato molto vicino a Koenig. Nel ’99 Koenig è sceso in polemica con la Congregazione per la Dottrina della Fede per difendere Jacques Dupuis, teologo gesuita inquisito per le sue tesi sul pluralismo religioso. ”Affascinato” dall’opera di Dupuis, Koenig si diceva ”sorpreso” dall’iniziativa del prefetto dell’ex sant’Uffizio, il cardinale Joseph Ratzinger, che peraltro gli rispondeva dicendosi ”stupefatto e rattristato” dall’iniziativa di Koenig. Pochi mesi più tardi Koenig pubblicava un articolo intitolato La mia visione per la Chiesa del futuro, in cui auspicava una decentralizzazione del potere del Papa e della curia romana a favore della corresponsabilità dei vescovi, anche nella nomina dei vescovi stessi. Nel settembre 2000, quando la dichiarazione vaticana ”Dominus Jesus” ha innescato una polemica con le altre confessioni cristiane, Koenig è intervenuto affermando che ”se il Papa fosse stato dieci anni più giovane, ciò non sarebbe successo in questa forma”» (Marco Tosatti, ”La Stampa” 14/3/2004).