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 2005  novembre 28 Lunedì calendario

PERINA Flavia

PERINA Flavia Roma 2 aprile 1958. Giornalista. Politico. Ex direttore del “Secolo d’Italia” (2000-2011). Nel 2006 e 2008 eletta alla Camera (An, Pdl) • «[...] entrata al “Secolo” come giovanissima praticante [...] “Alle donne è sempre stato dato grande spazio, sin dai tempi dell’Msi”, spiega lei che vanta una lunga militanza e una solida tradizione familiare di destra (i genitori appartenevano ad Ordine Nuovo). [...]» (Livia Michilli, “Corriere della Sera” 28/11/2005) • «Non sono tante le donne che dirigono o hanno diretto un quotidiano. Flavia Perina è una delle poche. [...] “Il Secolo è stato una specie di scuola di partito, noi l’abbiamo soprannominata ‘Le Frattocchie de noantri’. Buona parte della classe dirigente del partito è passata da queste stanze. Da Fini a Gasparri a Buontempo. Ed anche molti intellettuali e giornalisti che si sono sparsi un po’ dovunque: Mazza, Socillo, Veneziani, Barbiellini Amidei, Pippo Marra, Massimo Magliaro... [...] Gli anni Settanta sono stati un incubo. Emarginazione: era difficile esprimersi, era pericoloso frequentare l’università, girare per la città. Io sono passata per la prima volta a piazza Navona nel 1981. E davanti a via Pomponazzi, celebre sezione dell’ultra sinistra, mai. Mio padre e mia madre erano impegnati in politica, mio fratello anche, eravamo tutti conosciuti. Sul famoso libro bianco dell’estremismo di destra a Roma, dove c’erano cinquecento nomi con gli indirizzi, noi c’eravamo tutti e quattro [...] ho dovuto lasciare l’università. Un paio di volte sono stata strattonata in malo modo. Mi hanno detto: ‘Qua dentro non ci devi più entrare’. Un’altra volta sono dovuta scappare da una specie di uscita secondaria nel piano interrato. Alla fine ho rinunciato. Avevo paura. Intendiamoci, minuzie. C’è gente che è stata ammazzata. Però per tanti anni mio padre ha messo la sabbia sotto la porta la sera prima di andare a dormire per evitare che ci infilassero la benzina [...] Mio padre e mia madre erano in Ordine Nuovo, con Pino Rauti. Nella mia famiglia si parlava sempre di politica. La politica è stata un’esperienza totalizzante per la mia generazione [...] La sezione Balduina. Conoscevo Isabella Rauti e la sorella [...] Pensavo che lo scontro generazionale fosse insensato. Da una parte la strumentalizzazione dell’antifascismo militante, dall’altra la voglia di vendicare i nostri morti. Ero d’accordo con Rauti di chiudere le sezioni e occuparci d’altro. Non aveva senso rischiare la vita per tenere aperta una sezione, attaccare cinquanta manifesti, fare la vendita militante di un giornale. Ma il Msi allora considerava molto importante non cedere fette di territorio [...] Il poster di riferimento della mia generazione era quello di Ezra Pound con la frase: ‘Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono niente o non vale niente lui’. Lo avevano realizzato in un circolo di Vigna Clara che faceva capo a Sergio Caputo che si interessava più di grafica che di musica [...] Ci fu una grossa retata alla Balduina dopo gli scontri che portarono alla morte di Walter Rossi. La polizia arrivò in sezione e arrestò tutti quelli che trovò. Sono rimasta in galera un mese, a Rebibbia [...] Lotta armata a destra significava Nar. Tra noi e i Nar ci fu una separazione nettissima, si ruppero amicizie, due mondi si allontanarono. A un certo punto capimmo che alcuni gruppi facevano certe cose, e soprattutto cominciarono le latitanze. Le latitanze andavano finanziate e cominciarono le rapine. Capimmo che qualcuno faceva le rapine, magari per mandare i soldi a qualcun altro. A quel punto si fecero delle scelte, chi andò da una parte, chi dall’altra [...] Sono molto distratta. Una volta un ministro belga si era rifiutato di stringere la mano a Tatarella perché era consideratofascista. Io feci un titolo durissimo ma confusi il Belgio con l’Olanda. Mi telefonò il giorno dopo l’ambasciatore olandese: ‘Perché ce l’avete con noi, che vi abbiamo fatto?’ Spesso sbaglio i nomi delle città e delle persone [...] Da quando facevo politica con il Msi ho sempre detestato il nostalgismo, il continuo riferimento all’età dei fascisti. Ci facevano ridere quelli che andavano a Predappio, quelli con il busto di Mussolini in casa [...] Mia madre aveva un bassorilievo di legno con il profilo di Mussolini sul quale un partigiano aveva tentato con un seghetto di staccargli il naso. Un cimelio [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, “Corriere della Sera-Magazine” 24/11/2005).