varie, 23 novembre 2005
LUSSU
LUSSU Giovanni Roma 1944. Grafico. «La scrittura è immagine. Le lettere dell’alfabeto hanno sempre una propria forma, ma è davvero raro che ce ne accorgiamo; mentre leggiamo vediamo infatti qualcosa che c’è, la parola, e qualcosa che non c’è, l’immagine della cosa, pochissime volte la forma delle lettere. solo nei vecchi tabelloni della scuola elementare, nei sillabari e nei sussidiari, che segni, lettere e cifre ci appaiono nella loro forma singolare, seppur sempre mediata da altre immagini: la A di albero, la B di bue, la C di cavallo. [...] Giovanni Lussu, da anni riflette e scrive di questi temi. un grafico; il suo studio si chiama Jumblies, ma insegna anche alla Facoltà di Disegno industriale di Milano, e a Bologna nella scuola dell’editoria creata da Umberto Eco. fellow dell’International Society of Typographic Designer; dirige poi una collana di libri editi da Stampa Alternativa, Scritture, il cui titolo più famoso, Farsi un libro, manuale di grafica editoriale [...] ha raggiunto le 20.000 copie. [...] figlio di uno dei padri della patria, Emilio, i cui libri sono ancora vivi e vegeti, capolavori memorialistici eletterari. Ha speso gran parte della sua vita nel mestiere di grafico, ma anche a insegnare e a inseguire un’utopia tipografica che ha avuto notevole influenza sulle giovani generazioni dei graphic designer italiani. La sua summa è un libro, La lettera che uccide, del 1999. Parte da un’idea: il computer ha sovvertito le tradizionali relazioni tra lingua, parola e scrittura, sgretolando in modo implacabile la distinzione tra verbale e non verbale, e ridefinendo la nostra nozione di unità di comunicazione. Vi sostiene che oggi è emerso un superalfabeto in cui la scrittura è trattata come una matrice di caratteri, ”nel quale le forme più diverse possono essere richiamate dalla semplice pressione del tasto. Vocali e consonanti sono messe sullo stesso piano con numeri, virgole e dollari”. La macchina [...] spiega, non fa più alcuna distinzione tra loro: ” una grande livellatrice di segni”. Non è una perdita, afferma, ma la rivelazione di ciò che prima era nascosto: ”Ci permette di vedere più chiaramente ciò che la scrittura è sempre stata. In questo modo si è invertito il rapporto tra lingua parlata e lingua scritta: la lingua parlata è ora un semplice commento orale a ciò che la scrittura ha creato. E questo sarà la chiave della psicologia dell’educazione in questo nuovo secolo”. Lo studio di Lussu, in una vecchia casa del quartiere Prati, è piena di scaffali, fitta di libri, un luogo molto ordinato. Dietro le sue spalle i dizionari; sul lungo tavolo di legno il computer, matite, penne, un metro avvolgibile; pochi ninnoli o soprammobili in giro. Gli oggetti sono tutti in una vetrinetta sul lato del tavolo. C’è una vecchia macchina fotografica. Lussu che ha un’aria mite, indossa un paio di occhiali rotondi. Ha una barba professorale, bianca. calvo, ma appena sorride emerge in lui qualcosa di fanciullesco: appare il ragazzo che è sotto l’aria seria e timida. Si accende una sigaretta dietro l’altra e parla con lentezza. [...] racconta la sua carriera di grafico, dai primi studi a Urbino, all’Isia nel 1965, dove insegnava Albe Steiner, uno dei padri della grafica italiana, l’autore della veste del Politecnico di Vittorini. Nel 1968 Lussu è tornato a Roma e con tre soci ha fondato lo studio ”Fantastici quattro”, ispirato agli eroi dei fumetti, una passione, accanto a quella per la fantascienza. Il suo lavoro fa parte della linea che è stata battezzata ”grafica di pubblica utilità”, la quale ha avuto per committenti enti locali, sindacati, biblioteche, cineclub. ”L’unico episodio anomalo è stato il ridesign delle schedine dell’Enalotto”, precisa. ”Questa grafica, che è culminata con una mostra e con un convegno a Cattolica, nel 1984, seguiva i canoni di una progettazione rigorosa, ma con uno spiccato interesse per le innovazioni visive e soprattutto una precisa attenzione verso l’utente. Non abbiamo mai o quasi fatto grafica pubblicitaria per prodotti commerciali”. Questo movimento spontaneo si è diffuso soprattutto nel centro e nel Sud dell’Italia: Andrea Rausch, i Tapiri, Gianfranco Torri, Mario Cresci, Massimo Dolcini, e naturalmente lui. Uno dei lavori più noti di Lussu - i grafici fanno un lavoro che tutti vedono ma pochi riconoscono - è stato quello dei Libri dell’Unità, il fenomeno editoriale inventato dal quotidiano romano che ha anticipato di oltre un decennio l’esplosione dei libri della Repubblica e del Corriere, i quali non hanno fatto altro che riprendere un esperimento già condotto con successo. Lo racconta un volume del 2003, Libri quotidiani (Stampa Alternativa & Graffiti) [...] Lussu ha fondato il suo lavoro di designer sulla tipografia, sull’utilizzo intelligente e consapevole dei caratteri. La grafica italiana è sempre stata divisa tra una linea tradizionalista, incentrata sulla tipografia di qualità, classica e conservatrice, e una linea invece innovatrice, figlia delle avanguardie, modernista, dedita alla sperimentazione. Senza alcun tabù o ansia dell’influenza rispetto alla grafica del Bauhaus, da lui giudicata insufficiente, Lussu è tornato pazientemente alla storia dei caratteri, recuperando esempi fondati sulla visibilità e sulla leggibilità. Non solo per fare libri più belli e chiari, ma anche per cercare di recuperare positivamente, quella che si definisce la ”letteratura grigia”, ovvero la produzione di documenti oggi stampati direttamente dal computer, dove, per fare solo un esempio, è ormai acquisito l’uso dell’apostrofo nella E accentata. La sua ecologia tipografica - possiamo forse definirla così - tende a farci prendere consapevolezza del rumore di fondo in cui è immersa la scrittura riproducibile, e fa di tutto per diminuirlo. Un suo progetto editoriale è esemplare in questo: Internazionale, il settimanale di politica estera, per cui ha adottato un carattere e una giustezza delle colonne a stampa che rendono la lettura molto agevole. Cosa può fare di utile oggi un graphic designer? ”La divulgazione scientifica, per esempio, in Italia è ancora molto indietro. E non è solo questione culturale, o meglio, è un fatto visivo. I grafici dovrebbero occuparsi di come comunicare visivamente contenuti complessi, superando la ’forma romanzo’, ovvero il tabù narrativo che domina ancora nell’impaginazione. Si tende a riproporre una Gestalt, una forma-immagine, che andava bene per Balzac ma non certo per Einstein. Una delle cose importanti oggi è l’information design, le procedure progettuali per l’informazione e per la persuasione, un settore poco coltivato”. Il lavoro di divulgazione che Lussu fa con la sua collana editoriale è importante, dal momento che in Italia non esiste una storia della tipografia, la memoria dei risultati raggiunti, decisiva [...] per la comunicazione e la diffusione della cultura in generale. ”Se ci sono i libri, e non sempre ci sono, spesso sono mal fatti, mal disegnati, mal stampati. La cultura inzia da qui, dal fatto visivo”. [...] mostra la differenza che si ottiene in una cattiva stampa tra l’uso del carattere Helvetica, amato dai grafici milanesi del dopoguerra, e il Frutiger, il carattere che egli usa più frequentemente: anche aumentando il ”rumore”, ovvero stampando male una parola, le lettere composte col Frutiger restano più leggibili. Il lavoro di Lussu, che con i suoi soci romani cura la grafica di un editore universitario di qualità, Carocci, possiede un doppio carattere: il rigore della tipografia e il grafismo della scrittura a mano, minuzioso e insieme bizzarro. [...] i libri dei suoi studenti bolognesi. Per diplomarsi al corso di editoria, devono produrre un libretto di almeno 40 pagine, composto e stampato da loro, cucito in filorefe: un oggetto artigianale e industriale; con il computer, e un po’ di manualità, è possibile. [...] ”[...] Oggi tutti possono accedere ai font, per questo una conoscenza della storia dei caratteri, del loro uso, della qualità, sarebbe importante. Non è un mero fatto tipografico, ma riguarda il livello innovativo della comunicazione. Le potenzialità della scrittura sono ancora da sondare, si pensi alle aperture che ci forniscono le lingue dei sordi, le notazioni coreografiche o le scritture in movimento, le scritture multisensoriali. Va superato il pregiudizio alfabetico che contrappone immagine e scrittura. Se non si è consapevoli di questo, la lettera finisce per uccidere”» (Marco Belpoliti, ”La Stampa” 23/11/2005).