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 2005  novembre 21 Lunedì calendario

Due mogli una pensione. Il Sole 24 Ore 21/11/2005. Anche un assegno divorzile da cinque euro vale per la pensione di reversibilità

Due mogli una pensione. Il Sole 24 Ore 21/11/2005. Anche un assegno divorzile da cinque euro vale per la pensione di reversibilità. Così, si spiega la "consuetudine" per cui gli avvocati delle mogli, in sede di divorzio, cerchino in tutti i modi di far ottenere alla propria assistita un assegno divorzile, anche se di valore simbolico. Ma anche la battaglia che in tali casi si accende, dopo la morte dell’ex marito, tra la prima moglie e la seconda, rimasta vedova, che si contendono l’assegno previdenziale. La materia è perciò diventata di grande interesse: basti pensare che sui criteri di ripartizione della pensione di reversibilità si sono pronunciate sia la Corte costituzionale (sentenza 419/99) che le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 2471/2003). Peraltro, i principi affermati in queste decisioni ben si presterebbero a definire uno dei possibili contenuti dei Pacs (Pacte civil de solidaritè), con riguardo alla disciplina delle coppie di fatto. La legge sul divorzio. La legge 898/70 (articolo 9, comma 3, nel testo sostituito dalla legge 74/87) prevede che, in seguito alla morte del marito, la pensione di reversibilità debba essere ripartita tra la ex moglie divorziata (purchè titolare di assegno divorzile e non passata a nuove nozze) e la seconda moglie vedova. , quindi, la stessa legge a richiedere che la ex moglie sia titolare dell’assegno divorzile, a prescindere dall’importo, per poter partecipare alla divisione della pensione di reversibilità. Il criterio «aritmetico». Ma a questo punto si pone la questione: la ex moglie divorziata e la vedova in che proporzioni concorrono? In un primo tempo è stato applicato un criterio puramente aritmetico che teneva conto della durata dei rispettivi matrimoni. Ad esempio, se il primo matrimonio fosse durato nove anni e il secondo uno, la pensione di reversibilità veniva attribuita per nove decimi alla prima moglie e per un decimo alla seconda. Questo criterio dava luogo, in molti casi, a una vera e propria ingiustizia in quanto la ex moglie divorziata, che aveva ottenuto un piccolo assegno divorzile – e non si era risposata – vedeva riconoscersi, in virtù della più lunga "durata del matrimonio", una grande quota della pensione di reversibilità sottraendola, così, di fatto, alla vedova. Ma si presentavano anche altre incongruenze: come considerare il caso di una relazione iniziata in costanza del primo matrimonio con quella donna che diverrà la seconda moglie? E, ancora, come computare il periodo di convivenza more uxorio, precedente al secondo matrimonio? I criteri «sostanziali». Su questi argomenti si è pronunciata dapprima la Corte costituzionale, la quale ha chiarito che l’elemento della "durata dei due matrimoni" pur essendo certamente rilevante, non può essere l’unico, ma va integrato con ogni possibile altro dato di fatto. Tale principio è stato ulteriormente specificato dalla Cassazione indicando, in concreto, che uno degli elementi che deve essere tenuto in considerazione dal giudice è quello della durata della convivenza. Questo vale, qualora essa sia successivamente sfociata nel secondo matrimonio. Non è da sottovalutare, infatti, che, in molti casi, la lunga convivenza prematrimoniale è determinata dalla durata della causa di divorzio dalla prima moglie, che impedisce la celebrazione del secondo matrimonio. Il Tribunale di Milano (per esempio, sentenza n. 37221/04), in accoglimento di questo approccio, nelle più recenti sentenze in materia, ha stabilito che, avendo riguardo a tutte le circostanze concrete dei singoli casi, nell’ipotesi di una relazione amorosa nata, in costanza del primo matrimonio, con la donna che diventerà la seconda moglie, la "durata del matrimonio" (ai fini della quantificazione della quota) con la seconda potrebbe avere come dies a quo quello dell’inizio della relazione extraconiugale. In questo caso, va accertato però che in quel momento la comunione materiale e spirituale con la prima moglie sia venuta senz’altro meno e che sia già sorta con la seconda. In conclusione, la quota della pensione di reversibilità, da dividere tra la ex moglie e la vedova, è determinata, oltre che da altri fattori, considerando la durata, effettiva e non formale, della «comunione materiale e spirituale» tra le parti. Cristina Proto